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Chemioterapia guidata da comparsa effetti collaterali migliora sopravvivenza |
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Inserito il 02 gennaio 2006 da admin. - oncologia - segnala a:
I pazienti con K polmonare avanzato non a piccole cellule che sottoposti a chemioterapia sviluppano neutropenia hanno una prognosi migliore.
Al fine di valutare se l'insorgenza di neutropenia in corso di chemioterapia per il carcinoma polmonare non a piccole cellule fosse correlata con una diversa prognosi sono stati considerati 1265 pazienti in trattamento chemioterapico (vinorelbina, gemcitabinea, gemcitabina e vinorelbina, cisplatino e vinorelbina, o cisplatino e gemcitabina) partecipanti a 3 trials randomizzati. L'analisi è stata ristretta ai 436 pazienti che avevano ricevuto tutti i 6 cicli di chemioterapia previsti e che erano ancora in vita a 180 giorni dalla randomizzazione (gruppo 1). La neutropenia è stata valutata in base ai criteri WHO e graduata considerando il peggior livello insorto durante la chemiotearpia: assente (grado 0), lieve (grado 1-2), o severa (grado 3-4). L'analisi è stata effettuata anche nel gruppo di 829 pazienti che non avevano completato tutti i cicli previsti o erano deceduti entro i 180 giorni dalla randomizzazione (gruppo 2), che sono stati suddivisi in base al tipo di trattamento ed ai cicli di chemioterapia effettuati. L'end point principale predefinito era la sopravvivenza globale. Nel gruppo 1 gli hazard ratios di morte erano 0,65 (0,46-0,93) per i pazienti con neutropenia severa e 0,74 (0,56-0,98) per quelli con neutropenia lieve rispetto a coloro che non avevano manifestato neutropenia. La sopravvivenza mediana dopo i 180 giorni dalla randomizzazione è risultata di 31,4 settimane (95% CI 25,7-39,6) nei pazienti senza neutropenia vs 42,0 settimane (32,7-59,7) in quelli con neutropenia severa neutropenia, e vs 43,7 settimane (36,6-66,0) in quelli con neutropenia lieve (severa vs lieve vs no neutropenia p=0.0118). Risultati del tutto simili sono stati riscontrati anche nei pazienti del gruppo 2. Gli Autori concludono che la neutropenia in corso di chemioterapia è associata con un incremento della sopravvivenza dei pazienti con carcinoma polmonare avanzato non a piccole cellule, e che la sua assenza potrebbe essere un indice di sottodosaggio della chemioterapia. Sono necessari trials prospettici per verificare se dosare la chemioterapia in funzione della comparsa di effetti tossici possa migliorarne l'efficacia.
Fonte: Lancet Oncol. 2005; 6:669-77
Commento di Luca Puccetti
Lo studio dei ricercatori dell'Istituto Tumori di Napoli apre ad una prospettiva davvero interessante. Un numero sempre maggiore di evidenze spingono a considerare le interazioni tra ospite, con relativo assetto genetico, immunologico e farmacometabolico, tumore e chemioterapico. La risposta alla chemioterapia non dipende soltanto dall'interazione tra cellula tumorale e farmaco, ma anche da numerose altre variabili correlate all'ospite. La capacità di un farmaco di agire dipende anche dalla sua capacità di raggiungere in quantità sufficienti la sede del tumore. Molte variabili condizionano tale concentrazione, quelle legate al farmaco e al tumore sono in parte prevedibili mentre quelle legate all'ospite sono scarsamente prevedibili. In quest' ottica la personalizzazione del trattamento chemioterapico diventa dunque una strategia importante ai fini del risultato, non solo in termini di scelta dei farmaci, ma anche del loro dosaggio. Basare la dose di chemioterapico in base a protocolli standard corretti sulla superficie corporea può non essere la migliore strategia e rischia di sopradosare il farmaco inducendo gravi effetti tossici o di sottodosarlo, diminuendone l'efficacia. Il lavoro di Di Maio e coll. ha importanti implicazioni pratiche in quanto alla comparsa di una neutropenia il sospetto di un sovradosaggio diventa quasi automatico nella mente del medico e dunque è forte la tentazione di ridurre la dose. Questa strategia potrebbe essere fallimentare in quanto il lavoro dei ricercatori napoletani prospetta che sia proprio la neutropenia un indice del raggiungimento del dosaggio ottimale. Ma il lavoro ci dice anche che non esiste una relazione lineare tra sopravvivenza e gravità della neutropenia. Questo significa che a neutropenie più severe non corrispondono sopravvivenze migliori, esiste pertanto una soglia di livellamento oltre la quale non si ottengono migliori risultati. Non solo la neutropenia potrebbe essere usata come spia del raggiungimento di un dosaggio ottimale, ma anche altri effetti collaterali come l'eritema cutaneo (tumori polmonari e linfomi).
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