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Cortisone forse utile solo se faringotonsillite è severa e di origine virale
Inserito il 15 maggio 2006 da admin. - pediatria - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L’uso di una singola dose di cortisone orale può essere utile solo se la faringotonsillite è importante ed è virale.

Uno studio controllato randomizzato in doppio cieco pubblicato su APAM ha valutato l’efficacia di un’unica somministrazione di desametasone in sospensione orale (0,6 mg/kg, massimo 10 mg) vs placebo in un gruppo di bambini con faringotonsillite giudicata come moderata o grave in base all’obiettività clinica ed ad uno score soggettivo del dolore (McGrath Facial Affective Scale). Gli outcomes principali, valutati telefonicamente, erano l’ora d’inizio del miglioramento del dolore e il tempo necessario per la sua completa risoluzione. A tutti veniva realizzato un test rapido per lo streptococco e nei negativi un tampone con coltura. Randomizzazione e cecità sembrano essere state realizzate in maniera adeguata in base a quanto descritto nei materiali e metodi, ma lo studio presenta diversi problemi metodologici che rendono i risultati poco credibili. Gli autori hanno reclutato un campione di 150 bambini tra 5 e 18 anni di età, di cui 75 randomizzati a ricevere desametasone e 75 a ricevere la stessa quantità di placebo. In base a quanto riportato nei metodi, il numero di soggetti necessari per avere una potenza dello studio dell’80% era di 384. Gli autori dichiarano di essersi fermati a 150 in quanto a questo numero, in un’analisi intermedia, hanno evidenziato una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi per quanto riguarda la completa risoluzione dei sintomi. La cosa non sembra pienamente giustificata. La perdita al follow up è stata alta (18 pazienti, 12%) mentre un ulteriore 5% è stato escluso dopo la randomizzazione per impropria raccolta di dati. Le caratteristiche della popolazione evidenziano alcuni dati che mettono in dubbio l’efficacia della randomizzazione nell’ottenere una ripartizione equa dei soggetti nei 2 gruppi. In particolare, i bambini del gruppo di trattamento (desametasone) risultano avere una durata media del mal di gola prima del reclutamento di 72 ore contro le 53 del gruppo placebo (differenza media quindi di 19 ore); inoltre solo il 47% dei pazienti nel gruppo desametasone (27 pazienti) contro il 63% nel gruppo placebo (43 pazienti) è risultato positivo per streptococco. I risultati mostrano che rispetto alla risposta clinica, il gruppo con desametasone ha avuto un tempo più breve di inizio della risoluzione dei sintomi rispetto al placebo (in media 9,2 vs 18,2 ore) e di risoluzione completa degli stessi (30,3 vs 43,8 ore). Se però calcoliamo la durata complessiva della malattia recuperando il dato della durata media del mal di gola prima del reclutamento (vedi sopra) questa risulta identica nei due gruppi (102 ore nel gruppo desametasone e di 97 ore nel gruppo placebo). Gli autori riportano poi i risultati suddivisi in base alla positività o negatività dello streptococco. Tale analisi sembra mettere in evidenza un effetto maggiore del desametasone nel gruppo senza streptococco. Questo tipo di stratificazione rompe la randomizzazione realizzata (che prevedeva un gruppo di intervento e uno di controllo e non 4 gruppi, intervento/controllo in un gruppo streptococco positivo e intervento/controllo in un gruppo streptococco negativo). Sarebbe stata probabilmente più opportuna un’analisi differente (multivariata) attraverso cui gli autori avrebbero potuto controllare i risultati sia per la diversa distribuzione di malattia streptococcica, sia per la differente durata della malattia prima del reclutamento (che non viene in alcun modo considerata nell’analisi e nella discussione). Inoltre l’analisi non è stata realizzata per “intenzione al trattamento” (intention to treat analysis, ITT). Una parte del campione allocato all’intervento che di fatto non lo ha assunto per presenza di vomito o rifiuto è stato quindi escluso dall’analisi e non analizzato nel gruppo in cui era stato allocato. Per maggiori informazioni sulla ITT e sul suo significato si veda il prossimo commento. I risultati del lavoro mettono ancora in evidenza che indipendentemente dalla presenza di positività per streptococco la somministrazione di un’unica dose di cortisone in questi bambini sembra sicura. Gli autori concludono quindi che se la faringotonsillite è importante ed è virale sembra conveniente l’uso di una singola dose di cortisone orale sia per ridurre la durata della malattia che per dare sollievo al suo malessere, mentre tale uso poco aggiunge al trattamento antibiotico della tonsillite da SBA. Secondo il nostro parere invece lo studio presenta diversi problemi metodologici che ne rendono poco credibili i risultati. Sarebbe di conseguenza opportuno andare alla ricerca di un lavoro metodologicamente migliore per poter decidere se utilizzare il cortisone nei nostri bambini con tonsillofaringite virale moderata o grave. Inoltre, dato che l’obiettivo dello studio era di valutare l’effetto del farmaco anche sul dolore e non solo sulla durata della malattia, sarebbe stato opportuno confrontare il cortisone non con il placebo ma ad esempio con un farmaco con effetto antidolorifico (ad esempio paracetamolo o ibuprofene). Esistono infatti già trial che dimostrano l’efficacia di questi farmaci vs il placebo sul dolore della faringite nelle prime 48 ore (di solito dopo stanno comunque tutti meglio).

Fonte: Arch Pediatr Adolesc Med 2005;159:278-282.


Contenuto gentilmente concesso da: Associazione Culturale Pediatri (ACP) - Centro per la Salute del Bambino/ONLUS CSB - Servizio di Epidemiologia, Direzione Scientifica, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste; tratto da: Newsletter pediatrica. Bollettino bimestrale- Febbraio-Marzo 2005, Volume 2, pag. 9-10.

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