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Donezepil nell'Alzheimer grave |
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Inserito il 06 giugno 2006 da admin. - psichiatria_psicologia - segnala a:
Donezepil migliora le capacità cognitive e funzionali nei pazienti con Alzheimer grave ricoverati in case di riposo
Uno studio multicentrico svedese in doppio cieco ha valutato l'efficacia di donezepil in 248 pazienti affetti da Alzheimer grave (età > 50 anni) ricoverati in case di riposo. Il punteggio al Mini Mental State Examination era in genere basso (non superiore a 10 su uno score massimo possibile di 30). I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi in maniera randomizzata: al primo gruppo (n= 128) veniva somministrato donezepil (5 mg/die per il primo mese, in seguito aumentati a 10 mg/die) e al secondo gruppo (n = 120) placebo. La durata dello studio è stata di sei mesi. L'età media dei pazienti era di 84 anni, il 75% di sesso femminile. L'end-point primario prestabilito era il cambiamento rispetto al basale di due scale di valutazione, la SIB (Severe Impairment Battery) e la ADCS-ADL-severe (Alzheimer's Disease Cooperative Study activities of daily living inventory for severe Alzheimer's disease). Lo studio è stato completato da 95 pazienti nel gruppo donezepil e da 99 del gruppo controllo. Il gruppo trattato con donezepil ha mostrato un miglioramento statisticamente significatico rispetto al placebo di entrambe le scale di valutazione: differenza media 5,7 (P = 0,008) per SIB e 1,7 (P= 0,03) per ADCS-ADL-severe. Gli autori concludono che il donezepil migliora le capcità cognitive e funzionali nei pazienti con Alzheimer grave ricoverati in case di riposo e che questo potrebbe tradursi anche in diminuzione del lavoro e dello stress per i caregivers. Fonte: Lancet 2006; 367:1057-1065. Commento di Renato Rossi In studi precedenti gli inibitori della colinesterasi erano stati impiegati, in genere, in pazienti con forme di Alzheimer lievi o moderate. Una revisione della letteratuta [1] concludeva che gli effetti sono probabilmente modesti, ma future ricerche dovranno stabilire quanto questi effetti, misurati usando scale formali di valutazione, si traducono sul rischio di progressione e di istituzionalizzazione. Un'altra meta-analisi [2] evidenzia che sembrano esserci alcune differenze tra i vari farmaci usati nell'Alzheimer: gli inibitori della colinesterasi sono utili in circa un paziente ogni 12 trattati, ma causano effetti collaterali sufficientemente intensi da portare alla sospensione della terapia in un caso ogni 16. Il donezepil sembrerebbe più efficace della galantamina, ma bisogna ammettere che questa affermazione deriva da paragoni indiretti perché mancano studi che abbiano confrontato direttamente i due farmaci. Nello studio AD2000 [3] il donezepil non è riuscito a produrre un miglioramento rispetto al placebo per quanto riguarda percentuale di pazienti istituzionalizzati e progressione della disabilità. Secondo una recente revisione sistematica gli studi sugli inibitori della colinesterasi mostrano debolezze metodologiche e le basi scientifiche per raccomandare questi farmaci sono opinabili [4]. In base ai risultati del Progetto Cronos dopo 9 mesi di terapia solo un paziente su 10 mostra dei miglioramenti; inoltre se questi miglioramenti non si verificano entro il terzo mese di trattamento è improbabile compaiano in seguito [5]. Altre fonti sono più possibiliste [6] e riconoscono come utili donezepil e galantamina, probabilmente utili memantina e gingko biloba, da valutare caso per caso la rivastigmina. Lo studio recensito in questa pillola sembra evidenziare una certa efficacia del donezepil in pazienti con forma di Alzheimer grave, tuttavia sono necessarie alcune considerazioni. Anzitutto la durata dello studio è stata di soli 6 mesi, quindi troppo breve per valutare un impatto su esiti clinici rilevanti come la progressione della malattia e della disabilità. Inoltre la percentuale di drop out è stata di circa il 25% in entrambi i gruppi: le conclusioni andrebbero prese con prudenza. Più importante ancora però è il fatto che un aumento di qualche punto nelle scale di valutazione, pur significativo dal punto di vista statistico, può non tradursi automaticamente in un beneficio clinico importante. In accordo con l'editoriale di commento dello studio (che definisce i benefici "too little and too late") riteniamo che per ora ci siano ancora ombre da dissipare prima di consigliare gli inibitori della colinesterasi nei dementi gravi. Bibliografia 1. JAMA. 2003; 289:210-216 2. CMAJ 2003;169: 557-64 3. Lancet 2004; 363: 2105-2115 4. BMJ 2005 Aug 6; 331: 321-327. 5. Bollettino di Informazione sui Farmaci 2004, 5-6:183-188 6. Clinical Evidence, 3° edizione italiana.
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