La misurazione dei livelli di PCR effettuata al momento della presentazione in ospedale del paziente con scompenso cardiaco acuto è un accurato predittore indipendente di morte a 2 anni.
Lo studio BASEL (Brain Natriuretic Peptide for Acute Shortness of Breath Evaluation) è uno studio prospettico in cieco singolo effettuato su 452 pazienti presentatisi in ospedale con dispena per valutare l'accuratezza del BNP vs criteri standard nel definire la diagnosi di scompenso riducend tempi di ospedalizzzione e costi (1). I risultati furono che il gruppo sottoposto alla misura del BNP presentava una significativa riduzione della durata della degenza pari al 23% e dei costi pari al 26% invece la mortalità a 30 giorni era simile dunque la misurazione del BNP migliora l'accuratezza diagnostica e riduce i costi, ma incide poco sul successo terapeutico. Un sottogruppo di 217 pazienti con diagnosi confermata di scompenso cardiaco è stato valutato per i livelli di proteina c reattiva (CRP). I pazienti i cui livelli di CRP erano nel terzile più alto ossia superiore a 25 mg/L presentavano un significativo aumento della mortalità a 2 anni del 60% rispetto ai soggetti i cui livelli di CRP erano nel terzile più bassso (< 6 mg/L). Inoltre i pazienti con livelli di CRP nel terzile più elevato presentavano anche un aumento significativo dei ricoveri in terapia intensiva e della mortalità intraospedaliera rispetto ai soggetti con livelli di CRP nel terzile più basso. Tuttavia le curve divergono nel primo trimestre per poi divenire parallele e questo indica che la CRP è predittiva soprattutto nell'orizzonte temporale breve-medio. Gli autori concludono che anche dopo aver corretto per i vari fattori confondenti la misura dei livelli di CRP effettuata all'ingresso in pazienti con scompenso cardiaco è un fattore predittivo indipendente di mortalità sia a breve che a lungo termine (HR 1.4 95% CI 1.1-1.8). Fonte: Am Heart J 2006; 151:845-50 Commento di Luca Puccetti La proteina C reattiva è stata oggetto di recenti discussioni circa l'utilità della sua misura come fattore predittivo indipendente nella sindrome metabolica o nella malattia cardiovascolare. Il recente studio rilancia il ruolo predittivo della misura della CRP anche nello scompenso cardiaco. A lungo si è dibattutto sull'utilità del BNP nello scompenso cardiaco quale fattore predittivo di mortalità. Dal complesso dei dati sembra che il BNP sia maggiormente utile come parametro predittivo della mortalità se misurato alla dimissione del paziente mentre la CRP sembra sia più utile se misurata al momento del ricovero. Questo può indicare che il BNP, come finalità predittive della mortalità sia un indice di corretto trattamento o di risposta al trattamento, mentre la CRP sia correlata allo stato infiammatorio della fase acuta e rifletta il grado di attivazione delle citochine proflogogene che, a loro volta, sarebbero correlate con un indice prognostico sfavorevole. Vale la pena di ricordare i cocenti insuccessi degli studi sugli inibitori del TNF nello scompenso cardiaco cronico. Studi animali indicano che infusioni di TNF e IL-6 determinano disfunzione diastolica. Lo studio ATTACH (2) ha valutato il ruolo degli inibitori del TNF-alfa nell’evoluzione e progressione dell'insufficienza cardiaca in 150 pazienti in classe ( NYHA III-IV ) e frazione d'eiezione ventricolare sinistra ( FEVS ) uguale o inferiore al 35% randomizzati a placebo, infliximab 5mg/kg, oppure infliximab 10mg/kg. Dopo 28 settimane i pazienti trattati con infliximab 10mg/kg hanno presentato una più alta incidenza di mortalità generale o di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca. Alcuni autori hanno cercato di interpretrare questi risultati contraddittori richiamando l'attenzione sul timing. Potrebbe essere cioè utile impiegare agenti anti-citochine nella fase acuta e non in quella cronica dello scompenso. Questa rimane tuttavia solo un'ipotesi speculativa supportata da razionale biologico, ma non confermata da dati clinici.