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Il giudice pone un limite decennale alle pretese dei pazienti |
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Inserito il 23 luglio 2004 da admin. - medicina_legale - segnala a:
Roma - La sentenza (n. 1.547) emessa il 28 gennaio 2004 dalla II sezione civile della Corte di cassazione farà certamente tirare un sospiro di sollievo a tutti i medici. Con questo pronunciamento l'Alta corte ha fatto giustizia di una certa giurisprudenza in base alla quale la decorrenza decennale dei termini di prescrizione doveva decorrere dal momento in cui il paziente "si fosse accorto" delle lesioni subite a seguito di un intervento chirurgico o di una prestazione medica in genere. Di conseguenza, qualora (anche dopo vent'anni) avesse ritenuto di aver subìto una lesione a seguito dell'attività di un medico, il paziente avrebbe potuto adire le vie legali e chiedere i danni. Per la validità della richiesta, infatti, bastava che non fossero decorsi dieci anni dal momento della conoscenza. E pertanto, per la precedente giurisprudenza non aveva alcun rilievo giuridico il periodo in cui l'intervento era stato effettuato. Il che rendeva possibile iniziare un procedimento civile nonostante fossero decorsi più di dieci anni creando così non poche incertezze nei rapporti sociali e anche in quelli fra medico e pazienti.
Vediamo cosa dice la Corte di cassazione. Afferma che la decorrenza del termine decennale per avanzare una richiesta risarcitoria nei confronti dei medici inizia dal momento in cui è stata effettuata la prestazione e ciò perché un diverso termine di inizio produrrebbe l'effetto di inficiare gravemente la certezza dei apporti giuridici fra cittadini. E questo in quanto il dedotto rapporto derivante dalla pretesa responsabilità del medico per errore professionale o per imprudenza e negligenza resterebbe di fatto indefinitivamente in vita, con tutte le conseguenze giuridiche ipotizzabili, contro ogni logica e contro l'esigenza di definizione dei rapporti entro un tempo ragionevole e determinato, sottese all'istituto della prescrizione. Per la Cassazione, in sostanza, va tutelata "in primis" la certezza dei rapporti giuridici. Tuttavia per meglio comprendere la grande portata della sentenza è opportuno esaminare la vicenda processuale che ha dato l'occasione alla Corte di affermare questi principi. Un uomo di 44 anni faceva causa a un chirurgo riferendosi a un intervento subìto a 29 anni i cui effetti lesivi e patologici consequenziali alla prestazione chirurgica errata si sarebbero manifestati, secondo la sua tesi, solo dopo i 42 anni d'età. Quindi ben 13 anni dopo. La Cassazione ha spezzato una lancia a favore del chirurgo stabilendo che la prescrizione per i danni da colpa medica non può decorrere dal momento in cui il paziente destinatario della prestazione ha avuto conoscenza delle lesioni, ma deve essere fatto risalire alla data in cui è stata effettuata la prestazione che si reputa errata per aver essa determinato delle lesioni e un eventuale aggravamento della patologia. La Corte, però, non si limita a fare tali affermazioni di principio. Va oltre, dettando delle indicazioni ai pazienti che ritengano la prestazione medica o l'intervento subìto sbagliato. La Cassazione sostiene che essi devono essere diligenti e attenti anche nell'attivarsi per effettuare in fretta tutti gli accertamenti e gli esami diagnostici al fine di verificare e documentare l'esistenza del presunto danno alla salute conseguente all'opera del sanitario del quale essi intendono essere risarciti. I principi di questa importante sentenza dei Supremi giudici agevoleranno, d'ora in poi, i medici nella ricerca delle prove per contrastare le richieste risarcitorie nei giudizi contro di loro intentati dai pazienti. E ciò in quanto, considerato in un periodo di dieci anni dal fatto sarà più facile reperire sia le documentazioni sanitarie (registri nosologici, cartelle cliniche e infermieristiche) sia, ai fini di una deposizione testimoniale, i collaboratori e il personale che coadiuvarono nell'esecuzione della prestazione. Tali elementi di prova - è facilmente intuibile - non sarebbero stati di facile accesso e utilizzazione nel caso in cui la prestazione sanitaria o l'intervento chirurgico siano troppo lontani nel tempo.
fonte: CORRIERE MEDICO N. 6 - 26 FEBBRAIO 2004
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