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Raloxifene in donne in post menopausa a rischio cardiovascolare: luci ed ombre |
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Inserito il 25 settembre 2006 da admin. - cardiovascolare - segnala a:
Raloxifene ha dimostrato rispetto al placebo un aumento significativo di ictus fatale e di tromboembolismo venoso ed una diminuzione del cancro mammario invasivo e delle fratture vertebrali nelle donne in postmenopausa a rischio cardiovascolare; nessuna differenza per quanto attiene alla mortalità generale.
Il raloxifene possiede effetti antiestrogenici sulla mammella e sull'utero e proestrogenici sull'osso e sui fattori di coagulazione e viene considerato come un modulatore selettivo del recettore per gli estrogeni. Il trial RUTH, (Raloxifene Use for The Heart), un ampio studio controllato verso placebo, è stato realizzato al fine di valutare se una dose giornaliera di 60 mg di raloxifene cloridrato riducesse il rischio di eventi a livello coronarico e di carcinoma mammario invasivo nelle donne in post-menopausa con cardiopatia in atto o con elevato rischio di sviluppare un evento a livello coronarico. Lo studio includeva 10.101 donne (età media = 67,5 anni) abitanti in 26 diversi paesi, che sono state seguite seguite, in media, per 5,6 anni. Tutte le donne arruolate nel trial RUTH avevano una cardiopatia in atto o un elevato rischio di sviluppare un evento a livello coronarico (età > 70 anni, ipertensione, condizione di fumatore > 10 sigarette/die per 6 mesi, diabete mellito, iperlipidemia con LDL-C > 4.14 mmol/L o HDL-C < 1.16 mmol/L con TG > 2.82 mmol/L o in terapia con ipolipemizzanti, arteriopatia obliterante degli arti inferiori). Gli outcome primari erano gli eventi coronarici (morte cardiovascolare, infarto miocardico, o ospedalizzazione per sindrome coronarica acuta) e il carcinoma invasivo della mammella. Outcome secondari erano rappresentati da: morte cardiovascolare, sia coronarica che extracioronarica, tromboembolismo venoso, vasculopatia ateromasica non coronarica, mortalità per qualsiasi causa. Lo studio RUTH ha dimostrato un aumento della mortalità dovuta a stroke nelle donne trattate con Raloxifene rispetto al gruppo placebo. La mortalità da stroke era di 1.5/1.000 donne per anno nel gruppo placebo rispetto a 2.2/1.000 donne per anno nelle donne trattate con Raloxifene (p = 0.0499). L’incidenza di stroke, infarto miocardico, sindrome coronarica acuta ospedalizzata, mortalità cardiovascolare o mortalità globale (tutte le cause combinate) era confrontabile nel gruppo raloxifene vs quello placebo. Rispetto al placebo, raloxifene non ha mostrato di indurre variazioni significative nell'incidenza del primo evento coronarico (533 vs. 553 eventi; hazard ratio, 0.95; 95% CI, 0.84 - 1.07), ed ha ridotto il rischio di cancro mammario invasivo (40 vs. 70 eventi; hazard ratio, 0.56; 95% CI, 0.38 - 0.83; riduzione assoluta del rischio, 1.2 di cancro mammario invasivo per 1000 donne trattate per un anno); principalmente per una riduzione dei cancri mammari con recettori per gli estrogeni. Non è stata notata alcuna differenza significativa tra il gruppo Raloxifene e quello placebo per quanto attiene alla mortalità per tutte le cause o di ictus, mentre è stato evidenziato un aumento del rischio di ictus fatale nel, gruppo Raloxifene rispetto a quello placebo (59 vs. 39 eventi; hazard ratio, 1.49; 95% CI, 1.00 - 2.24; incremento assoluto del rischio, 0.7 per 1000 donne-anni) e di tromboemolismo venoso, TEV (103 vs. 71 eventi; hazard ratio, 1.44; 95% CI, 1.06 to 1.95; incremento assoluto del rischio, 1.2 per 1000 donne-anni). Nel gruppo Raloxifene è stato registrato un minor numero di fratture vertebrali clinicamente evidenti (64 vs. 97 eventi; hazard ratio, 0.65; 95% CI, 0.47 to 0.89; riduzione assoluta del rischio, 1.3 per 1000 donne-anni). Un maggior numero di donne del gruppo Raloxifene ha interrotto lo studio per eventi avversi rispetto al gruppo placebo (22% vs. 20%, P=0.01). Un maggior numero di donne del gruppo Raloxifene rispetto a quello placebo lamentò sintomi correlati alla colelitiasi ( 230 vs 186 p <0,03), alle vampate (401 vs 244 ; p<0,01) ai crampi alle gambe (489 vs 341, p< 0,019) e all'edema periferico (725 vs 610 ; p<0,01), tuttavia gli interventi di colecistectomia non differirono tra i due gruppi in modo significativo.
Fonte: NEJM, 2006; 355:125-137.
Commento di Luca Puccetti
Il presente studio presenta luci ed ombre. A rigore possiamo dire che per quanto attiene ai due outcomes primari non si è registrata alcuna significativa variazione circa la globalità degli eventi coronarici in donne in post-menopausa con cardiopatia in atto o con elevato rischio di sviluppare un evento a livello coronarico mentre si è registrata una significativa riduzione dei cancri mammari invasivi, specialmente della quota con recettori positivi per gli estrogeni. Per quanto attiene agli outcomes secondari e alle post hoc analysis, pur con tutti i soliti caveta di cui abbiamo sempre fatto menzione, possiamo affermare che ci sono luci ed ombre in quanto la riduzione del cancro mammario invasivo e delle fratture vertebrali clinicamente manifeste sono controbilanciate da un aumento del tromboembolismo venoso e degli ictus fatali, tuttavia è opportuno ricordare che la mortalità per tutte le cause non è risultata significativamente diversa tra i due gruppi. Questi risultati confermano parzialmente quelli dello studio MORE (Multiple Outcomes of Raloxifene Evaluation), uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, nel quale sono state arruolate 7.705 donne, in menopausa da almeno 2 anni, ed affette da osteoporosi (1). Le pazienti furonorandomizzate a: raloxifene 60 mg, raloxifene 120 mg o placebo, per una durata massima di terapia pari a 4 anni. Dopo un anno di trattemento, il 7,3% delle donne che ricevevano raloxifene ed il 6,0% di quelle del gruppo placebo interrompeva la terapia. Durante il follow-up, furono osservati in totale 82 casi di TEV tra cui 44 casi di trombosi venosa profonda, 20 di embolia polmonare e 9 di trombosi venosa della retina. In particolare, 59 donne affette da TEV appartenevano ad uno dei 2 gruppi del raloxifene (3,5 eventi per 1.000 anni-donna a rischio) e 14 erano state assegnate al placebo (1,7 eventi per 1000 anni-donna a rischio). Il rischio relativo (RR) di TEV associato al raloxifene rispetto al placebo, era di 2,1 (IC 95%: 1,2-3,8) ed il tasso di eventi in eccesso associato al raloxifene era di 1,8 per 1000 anni-donna. Questo incremento del rischio di TEV legato all’uso di raloxifene rispetto al placebo era da attribuirsi all’aumento del rischio di trombosi venosa profonda (RR: 3,1, 1,4-6,9) e di embolia polmonare (RR: 4,5, 1,1-19,5). Il rischio di TEV nel gruppo raloxifene era 6 volte più alto di quello del gruppo placebo nei primi 2 anni di trattamento, dopodiché decresceva gradualmente fino ad eguagliare il rischio riportato per il placebo. Non fu osservato alcun incremento del rischio di tumore dell'endometrio. In particolare si verificarono 9 casi di tumore endometriale (8 adenocarcinomi, 1 sarcoma) nei 2 gruppi trattati con diversi dosaggi di raloxifene, mentre 5 casi (4 adenocarcinomi, 1 tumore misto Mulleriano) furono riportati nel gruppo placebo. Non fu evidenziato un aumento né precoce, né globale del rischio di eventi coronarici o di ictus nelle donne trattate col raloxifene rispetto al placebo. Tuttavia una analisi secondaria dei dati dello studio MORE (2) aveva evidenziato che esisteva una tendenza verso la riduzinone degli eventi cardiovascolari proprio nelle donne trattate con Raloxifene che erano a maggior rischio. Una ulteriore analisi secondaria dei dati dello studio MORE aveva evidenziato una riduzione del rischio di cancro mammario invasivo del 72% (3). E' da sottolineare come ancora un avolta le pst hoc analysis siano da prendere con le molle in quanto lo studio RUTH non ha affatto confermato la tendenza di una favorevole riduzione del rischio cardiovascolare nelle donne a maggior rischio evidenziata in una analisi secondaria dei dati del MORE. E' da sottolineare che dal punto di vista del rischio di ictus Raloxifene si comporta in modo simile a Tamossifene. Nello studio STAR Tamossifene 20 mg/die +è stato comparato a Raloxifene 60 mg/die nella prevenzione del cancro mammario invasivo. I risultati furono che ci furono 163 casi nel gruppo tamossifene e 168 in quello raloxifene (incidenza, 4.30 per 1000 vs 4.41 per 1000; risk ratio [RR], 1.02; 95% [CI], 0.82-1.28), tuttavia si verificarono meno casi di cancro invasivo nel gruppo tamossifene (57 casi) rispetto a quello raloxifene (80 casi) (incidenza, 1.51 vs 2.11 per 1000; RR, 1.40; 95% CI, 0.98-2.00). Nessuna differenza significativa fu notata tra i due gruppi per quanto attiene agli venti cardiovascolari e al tumore dell'endometrio. Gli eventi tromboembolici si verificarono meno frequentemente nel gruppo ralossiffene (RR, 0.70; 95% CI, 0.54-0.91). La mortalità per tute le cause non risultò significativamente diversa tra i due gruppi (101 vs 96 per tamossifene vs raloxifene). Occorre ricordare che rispetto allo studio WHI in cui il rischio di ictus nelle donne apparentemente sane in post menopausa trattate con TOS era aumentato del 40% il raloxifene nello studio RUTH ha mostrato un aumento dei soli casi di ictus fatale, ma non dell'incidenza globale di ictus. Dal punto di vista pratico possiamo dunque affermare che raloxifene: è indicato nel trattamento e nella prevenzione dell’osteoporosi nelle donne in post-menopausa, ma che non è indicato per la prevenzione o la riduzione del rischio cardiovascolare in donne in postmenopausa con fattori di rischio cardiovascolari o con malattia cardiovascolare in atto. Prima di prescrivere raloxifene, bisogna prendere in considerazione il rapporto rischio/beneficio nelle donne in post-menopausa con fattori di rischio significativi per ictus, come l’attacco ischemico transitorio o la fibrillazione atriale o per tromboembolismo venoso e valutare eventuali terapie alternative.
Bibliografia 1) Obstet Gynecol 2004;104: 837-44 2) JAMA 2002;287:847-857 3) Breast Cancer Res Treat 2001;65:125-134 4) JAMA 2006;295:2727-2741
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