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Ultravioletti per la psoriasi
Inserito il 08 novembre 2006 da admin. - dermatologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

I raggi ultravioletti A sembrano più efficaci di quelli B nella terapia della psoriasi.


In questo studio randomizzato, controllato ed in doppio cieco, 93 pazienti con psoriasi cronica a placche (gravità da moderata a severa) sono stati trattati con raggi ultravioletti A e 8-metossipsoralene (dose da 30 a 60 mg in base alla superficie corporea, 2 ore prima della somministrazione dei RU) oppure ultravioletti B a banda stretta e placebo. Il trattamento, effettuato due volte alla settimana, è proseguito fino alla risoluzione delle lesioni oppure per un massimo di 30 sedute. Il follow-up è continuato per i 12 mesi successivi.
La risoluzione delle lesioni si è avuta nell'84% dei pazienti in trattamento con PUVA e nel 65% di quelli trattati con ultravioletti B.
Per ottenere la risoluzione delle lesioni sono stati necessare, in media, 17 sedute con PUVA e 28,5 con gli ultravioletti B.
Dopo 6 mesi dalla sospensione della terapia erano in remissione il 68% dei pazienti trattati con PUVA contro il 35% di quelli trattati con ultravioletti B.
L'effetto collaterale più frequente è stato l'eritema (49% con PUVA, 22% con ultravioletti B).


Fonte:
Yones S, Palmer R, Garibaldinos T, et al. Randomized double-blind trial of the treatment of chronic plaque psoriasis. Arch Dermatol 2006;142:836-42.



Commento di Renato Rossi

La terapia della psoriasi con raggi ultravioletti è praticata da vari anni. Le due modalità di somministrazione di raggi UV sono la cosiddetta PUVA (psoraleni associati a RU di lunghezza d'onda A) oppure raggi UV di lunghezza d'onda B.
Gli psoraleni agiscono rendendo più intensa la risposta cutanea ai raggi UV a lunga lunghezza d'onda.
Non è noto se sia più efficace la PUVA oppure gli UVB. A parere di alcuni la seconda modalità di trattamento sarebbe preferibile perchè più tollerata. In effetti trattamenti prolungati con PUVA possono portare ad invecchiamento della cute e aumentano il rischio di comparsa di neoplasia cutanee (soprattutto carcinoma squamocellulare). Si stima che a 15 anni, dopo esposizione a 300 o più sedute di PUVA, circa il 25% dei soggetti possa sviluppare un cancro cutaneo spinocellulare.
Anche gli UVB possono però portare ad invecchiamento cutaneo e aumentare il rischio di tumori cutanei, ma sembra improbabile che tale rischio superi il 2% annuo.
Lo studio recensito in questa pillola, pur con la limitazione del numero esiguo di pazienti arruolati, è il primo a confrontare le due modalità di trattamento e suggerisce che la PUVA è più efficace nel provocare la risoluzione delle lesioni cutanee. Tuttavia è anche gravata da una maggiore frequenza di effetti collaterali a livello locale rispetto agli UVB e possiede controinidcazioni importanti dato l'uso di psoraleni. Infatti non può essere usata in gravidanza, nei pazienti con epatopatie e in chi usa antiaggreganti, sulfaniluree, fenotiazine e altri farmaci fotosensibilizzanti.
I candidati alla terapia con raggi UV sono soggetti con lesioni estese a più del 20% della superficie cutanea e/o che non rispondono alle terapie topiche.


Bibliografia
1. Clinical Evidence. 3° Edizione Italiana
2. Luba MK et al. Chronic Plaque Psoriasis. Am Fam Physician 2006 Feb 15; 73:636-44.

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