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La bugia: pratica da condannare o atto che contribuisce a salvare il mondo? |
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Inserito il 19 novembre 2006 da admin. - psichiatria_psicologia - segnala a:
Aspetti controversi di una pratica universale, condannabile ma non raramente indispensabile al viver civile
La domanda è difficile, e la risposta lo è ancora di più. Per poter rispondere, dobbiamo prima definirela bugia e condiderare cosa implica e come si sviluppa. La definizione di bugia, secondo il Garzanti online, è la seguente: “affermazione intenzionalmente contraria alla verità; menzogna:dire bugie ... pietosa bugia, quella che si dice per nascondere qualcosa di increscioso...”. L’area semantica del termine, da come si puo vedere, investe due aree differenti. La prima, riguarda il semplice discostarsi dalla realtà in maniera volontaria (sono escluse, quindi, le informazioni errate date in buona fede), la seconda riguarda invece il nascondere qualcosa di increscioso agli altri. La bugia avrebbe quindi una utilità pratica per il bugiardo: soprattutto nella seconda accezione la bugia ha lo scopo di nascondere alla società aspetti di noi stessi che giudichiamo contrastanti con la “pubbica morale”. Ma come si sviluppa il senso della menzogna? Da un punto di vista psicodinamico, il bambino fino a 5 anni ha un senso di realtà molto confuso. Non è in grado di discernere pienamente quello che è vero da quello che è immaginato, e la bugia non ha quindi senso. Il bambino mente non per coprire qualcosa di increscioso, ma semplicemente perchè non in grado pienamente di distinguere il vero dal falso; non si tratta quindi di una “vera” bugia ma di errore in buona fede. In seguito il bambino affina il senso di realtà, e a questo punto si puo cominciare a parlare di bugie dette in piena coscienza. Intorno ai 6 / 7 anni, il bambino comincia ad andare a scuola, ed è in grado di distinguere il vero da falso: il bambino che mente, a questa eta’, lo fa consapevolmente e per fini ben precisi. Sutter individua differenti motivazioni alla base della bugia: la menzogna generosa, finalizzata a non causare un dolore al prossimo; quella per timidezza e timore, legata a dinamiche evitanti verso situazioni ansiogene; quella per scherzo, finalizzata al divertimenti spicciolo e quindi poco articolata e presto scoperta; quella per liberarsi da un sentimento penoso, anche questa legata all’evitamento di sensazioni come la vergogna e l’umiliazione; la menzogna nevrotica, legata ad una situazione conflittuale.
Ma mentono solo i bambini? Ovviamente no. E qual’ è, allora, il significato della menzogna “adulta”? Dobbiamo tenere conto che la bugia è una distorsione della verità all’interno di una comunicazione, dove per verità si intende l’esatto succedersi degli eventi nella realtà. Per comprendere meglio il sistema comnicativo, possiamo utilizzare la formalizzazione di Shannon che per primo ha ideato “un sistema per la generazione e trasmissione delle informazioni in forma di modello, che comprende una sorgente dell’informazione, un codificatore, un canale di trasmissione, un decodificatore e un osservatore, il quale, rilevando, interpretando e utilizzando l’informazione per fini propri, interagisce con essa, contribuendo in parte a determinarne il contenuto trasferito.” Che senso ha comunicare una versione alternativa alla verità? Puo’ sembrare strano, ma gli scopi sono gli stessi dei bambini; cambiano solo gli oggetti delle informazioni. Ottenere vantaggi, escludere gli svantaggi, dare una buona immagine di se’, sono alla base delle menzogne adulte. Una situazione che porta piu’ svantaggi che vantaggi viene cambiata in modo da minimizzare gli aspetti negativi. Svolgiamo quindi un lavoro migliore del vero, nascondiamo una relazione pericolosa, creiamo insomma un mondo ideale e cerchiamo di spacciarlo come reale al prossimo. Ovviamente questo non influenza direttamente la realtà, quanto semplicemente la percezione che il ricevente del messaggio alterato ha della realtà stessa. A questo punto, per la fortuna (o la sfortuna) del mentitore entrano in gioco altri aspetti, quali le fonti alternative di controllo degli eventi a disposizione del ricevente. Dobbiamo però dire che il processo di alterazione volontaria della realtà, ovvero il “dire bugie”, non è necessariamente un aspetto immorale, o non etico, tutt’ altro! Spesso infatti le menzogne possono essere espresse al fine di migliorare le condizioni del soggetto, senza con cio’ recare danno diretto o indiretto ad altri soggetti; a volte la bugia e’ addirittura “benefica”, come quando contribuisce a salvare certe importanti convenzioni sociali. Se si dicesse sempre tutto cio’ che si pensa degli altri la societa’ si disgregherebbe, con ogni probabilita’, in una miriade di faide personali. E’ il buon senso inteso come custode delle convenzioni sociali a suggerire, con cautela a solo nei casi indispensabili, quando e’ il momento di dire una bugia. La cautela e’ un aspetto fodamentale, perche’ se anche la verità non è sempre utile e necessaria, certamente una bugia puo essere ancor piu’ pericolosa.
Guido Zamperini
Bibliografia J. Piaget, Lo sviluppo mentale del bambino, Einaudi, 1967 J. Sutter , Le mensonge chez l’enfant, PUF, Parigi, 1956 Shannon, teoria dell’informazione: http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_761577650/Teoria_dell'informazione.html http://www.garzantilinguistica.it/interna_ita.html
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