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L’anziano come peculiare rappresentante di una condizione di elevato impatto sociale
Inserito il 22 dicembre 2006 da admin. - psichiatria_psicologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Cercando una definizione di anziano fra il biologico ed il sociale. Problemi sanitari e psicologici, di grande impatto generale, ancora dibattuti


L’Italia invecchia. Ormai lo dicono tutti, lo si trova scritto nei giornali, le organizzazioni preposte al monitoraggio della popolazione lanciano allarmi, il telegiornale ciclicmente manda in onda un servizio su quanto stiamo invecchiando. L’allarme che suona sempre più spesso riguarda l’aspetto sanitario e l’aspetto sociale.

Un vecchio necessita sempre piu di medicinali, ha la salute sempre piu fragile, e non sa badare a se stesso.

Ma, in effetti, quanto stiamo invecchiando? Ma, soprattuto, cosa è un anziano? In cosa differisce una persona anziana da una giovane?

Quali sono i fattori che portano all'invecchiamento, e cosa comporta l'essere vecchi in confronto all'essere giovani? Esistono differenti gradi o diversi tipi di vecchiaia? La risposta a questi quesiti non è semplice, e da molti anni si cerca di dare loro una risposta. Dewey, nel 1939, parla del paradosso che si viene a formare fra l'invecchiamento fisico, che porta alla morte, e la maturazione psicologica, che porta ad una maggiore “pienezza” dei processi psichici.

È utile, infatti, distinguere tra almeno tre tipi di vecchiaia: una vecchiaia fisico-biologica, che comporta il deterioramento dei processi fisiologici immunitari, con la conseguente predisposizione a incidenti e malattie; una vecchiaia psicologica, che comporta una maturazione dei processi psichici e un incremento dell'esperienza, con in alcuni casi una perdita di facoltà intellettive; una vecchiaia sociale, che comporta un evolversi di ruoli durante tutta la vita: da studente, a lavoratore, a pensionato, da figlio a padre a nonno.

Ognuna di queste tre “vecchiaie” ha la sua particolarità.

- L’invecchiamento fisico-biologico ha un decorso più o meno standard, che può variare nei tempi ma non nei modi. Si può perdere la prestanza fisica in tempi differenti, ad una età cronologica più o meno avanzata, ma il procedere della decadimento fisico avanza più o meno allo stesso modo per tutti. La stessa cosa riguarda le malattie, che tendono ad essere tipiche di una certa età, dalla giovinezza alla vecchiaia. Inoltre il tempo biologico ha le sue misure che cambiano durante l'arco della vita. Le due principali misure sono il ritmo circadiano (che scandisce il tempo fra il sonno e la veglia) e il ritmo metabolico. Secondo Birren [Birren e Cunningham 1985] con l'avanzare dell'età può avvenire una desincronizzazione tra i vari “orologi biologici”. L'invecchiamento biologico si può quindi definire come una progressiva destrutturazione delle regolazioni ritmiche del nostro organismo.

- L’invecchiamento sociale ha la proprietà di non essere per forza lineare. La sequenza figlio–padre-nonno non deve per forza essere attuata, o non deve essere attuata per intero. La stessa cosa riguarda l’aspetto sociale del lavoro: la sequenza studio-lavoro-pensione può essere distorta o spezzata a seconda della vita della vita del soggetto. Poco studio, molto lavoro e assenza di pensione caratterizza una frangia di lavoratori autonomi di basso livello, mentre all’opposto molto studio, lavoro e pensione caratterizzava, fino a qualche anno fa il tipico lavoro pubblico.

- L’invecchiamento psicologico è spesso suddiviso in due aspetti differenti: l’esperienza e i processi mentali. Questa suddivisione sottintende che queste due differenti funzioni siano almeno parzialmente indipendenti, e che questi aspetti possano, l’uno indipendentemente dall’altro, restare attivi, aumentare o diminuire di prestazione. Il tempo psicologico, come quello biologico, non è in funzione lineare con il tempo obiettivo, anche se vi è una certa correlazione. È possibile definirlo come il tempo necessario a completare una funzione biologica.

“L'invecchiamento psicologico si commisura sul tempo percepito che si dipana da un presente consapevole, vissuto come un hic et nunc privilegiato. Attraverso il passare del tempo, l'individuo legge il suo passato, e quindi l'inizio di questo “ora”, e un futuro che costituirà anche la fine della sua storia. Se tale lettura sia più incentrata sul passato o sul futuro, tenendo conto del presente, dipende non solo da come uno si rappresenta il proprio invecchiamento attuale, e, quindi, le proprie potenzialità funzionali, ma da come percepisce anche gli eventi di vita che hanno contrassegnato il suo passato e definiscono il suo presente” [Laicardi]

Bisogna dire, inoltre, che non tutte questi aspetti dell’invecchiamento evolvono di pari passo; spesso una persona cronologicamente anziana ma ancora attiva socialmente avverte disagio a seguito del pensionamento, o ancora una persona può non essere autonoma psichicamente pur non essendo cronologicamente avanti con gli anni.

Questa suddivisione dell’invecchiamento in tre componenti porta a dei vantaggi e degli svantaggi. Tra i vantaggi possiamo annoverare la maggiore semplicità nello studio della vecchiaia, potendo concentrarsi in uno solo dei tre aspetti. Uno degli svantaggi è invece la complicazione della definizione globale di vecchiaia, che viene data dall’integrazione dei tre aspetti sopra espressi.

Per questo motivo, in ambito scientifico le ricerche hanno per la maggior parte usato definizioni che dessero ampio spazio all'ambito fisico-biologico, a scapito di quello psicosociale. [Laicardi 2000]

In generale la definizione data dai biologi dell'invecchiamento è in alcuni aspetti differente da quella data dagli psicologi. Secondo la visione biologica si invecchia secondo un processo involutivo e cumulativo, età-determinato. Questo comporta la focalizzazione dell’attenzione su un solo vettore, con la conseguente semplificazione ulteriore degli strumenti di indagine.

Una definizione di Handler, del 1960, definisce l'invecchiamento come “un deterioramento dell'organismo maturo, un cambiamento tempo dipendente, essenzialmente irreversibile, intrinseco a tutti i membri della specie, cosicché con il passare dell'età, essi diventano sempre più incapaci di far fronte allo stress ambientale, concomitantemente al crescere della probabilità di morire.”

Questa visione della vecchiaia pone l’accento sull’aspetto fisico e biologico. Il passare del tempo debilita il fisico in un modo che dipende dalla specie, fino a che non è più in grado di far fronte all’ambiente, e muore.

Le definizioni sopra esposte sono definizioni che cercano di specificare cosa è il processo di invecchiamento. Molti studi e molte metafore sono state create per cercare di chiarire come possa essere rappresentato il processo dell’invecchiamento. Una delle prime immagini dell’invecchiamento ci viene da Stanley Hall, che nel 1922 [Hall, 1922] ha paragonato l’avanzare dell’età come la china della collina, e la vecchiaia in particolare come la parte discendente della collina stessa.

È una metafora ancora usata per spiegare i tassi di mortalità e morbilità nella popolazione: alti agli estremi della vita, calano intorno all’età adulta.

Nel 1988 Schroots [Schroots 1988] propone una visione della vita molto più complessa rispetto a quella di Hall. Schroots vede la vita come un albero, o più dinamicamente come un fiume. Questo fiume ha una nascita, e una morte (nel mare), ma tra questi due estremi compie un percorso complesso, rafforzato da affluenti o indebolito da rami collaterali. Rispetto a quella della collina, la metafora del fiume è adatta per sottolineare la non linearità della vita, la complessità biologica e psicologica, e la diversità di ogni vita.

Nel 1996 Birren e Schroots [Birren e Schroots 1996] definiscono la teoria “integrata ed ecologica dell’invecchiamento”.

Questa teoria ipotizza che l’evoluzione e l’invecchiamento siano strettamente legati e che avvengano in contemporanea: “l’occorrenza congiunta, sincronica, di guadagni e perdite, sviluppo e invecchiamento è condivisa da Birren e Schroots [1996] che sostengono che i due processi sono paralleli, sia se visti diacronicamente, lungo l’arco della vita, sia se valutati sincronicamente” [Laicardi]

Tutte queste visioni della vecchiaia e del processo di invecchiamento mirano a descrivere in modo globale il processo. Cercano di definire una istantanea di un processo, dicendo che l’invecchiamento consiste in un determinato processo, o in un determinato percorso. Ma esistono due domande, alle quali è ancora difficile dare una risposta certa: in cosa differisce un vecchio da un giovane? Quando si è vecchi?

E, soprattutto, è male invecchiare?

Guido Zamperini

Fonti:

1) Dewey, J. 1939 : Introduction, in E.V. Cowdry (a cura di), Problems of Aging, Baltimore, Md.,Williams and Wilkins.
2) Birren, J.E. e Cunningham, W.R. 1985: Research in the psychology of aging, in J.E. Birren e W.K. Schaie (a cura di), Handbook of psychology of aging, New York, Van Nonstrand-Reinhold
3) Laicardi C. e Pezzuti L. 2000: Teorie psicologiche dell’invecchiamento umano, in Laicardi C. e Pezzuti L., Psicologia dell’invecchiamento e della longevità, Bologna, Il mulino
4) Handler, P. 1960: Radiation and aging, in N.W.Shock (a cura di), Aging, Washington, D.C., American Association for the Advancemente of Science
5) Hall, G.S. 1922: Senescence: the second half of life, New York, Appleton
6) Schroots, J.F. e Birren, J.E. 1988: The nature of time: Implications for research in aging, in “Comprehensive Gerontology”, 2, pp 1-29
7) Birren, J.E. e Schroots, J.F. 1996: History, Concept and theory in the Psychology of Aging, in J.E. Birren e K.W.Schiae (a cura di), Handbookof the psychology of aging, San Diego, California, Academic press.

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