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Pravastatina in prevenzione primaria: lo studio MEGA
Inserito il 14 dicembre 2006 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Pravastatina a basse dosi riduce infarto ed interventi di rivascolarizzazione coronarica nei giapponesi senza precedenti cardiovascolari o stroke.


Lo studio MEGA (Management of Elevated Cholesterol in the Primary Prevention Group of Adult Japanese) si proponeva di valutare l'efficacia di basse dosi di pravastatina in prevenzione primaria nei giapponesi. Sono stati reclutati 7832 soggetti senza precedenti cardiovascolari o stroke, i cui valori medi di colesterolo LDL basali erano di 156 mg/dL. I partecipanti sono stati randomizzati a pravastatina (n= 3966) 10 mg/die, (20 mg/die nel 25% dei casi) e dieta ipolipidica oppure alla sola dieta ipolipidica (n= 3866). In entrambi i casi la dieta prevedeva almeno tre porzioni di pesce alla settimana. L'analisi dei dati è stata effettuata con la tecnica dell'intenzione a trattare. L'end-point primario dello studio era la comparsa di malattia coronarica (infarto miocardico, angina, morte cardiaca improvvisa, rivascolarizzazione coronarica).
Dopo un follow-up medio di 5,3 anni il colesterolo totale risultò ridotto dell'11,5% nel gruppo pravastatina e del 2,1% nel gruppo di controllo e il colesterolo LDL rispettivamente del 18,0% e del 3,2%. L'end-point primario si verificò in 66 soggetti del gruppo pravastatina e in 101 del gruppo controllo (HR 0,67; IC95% 0,49-0,91; p = 0,01). Dei sotto end-point che costituivano l'outcome primario risultarono ridotti in maniera significativa l'infarto (HR 0,52) e le rivascolarizzazioni (HR 0,60) ma non la morte cardiaca improvvisa e l'angina.
Gli end-point secondari valutati (mortalità totale, mortalità cardiaca, mortalità non cardiaca e stroke) non differivano tra i due gruppi.



Gli autori concludono che basse dosi di pravastatina in prevenzione primaria riducono il rischio di malattia coronarica in adulti giapponesi in misura analoga a quella ottenuta con dosi più elevate in Europa e negli USA.

Fonte
1. Nakamura H et al. Primary prevention of cardiovascular disease with pravastatin in Japan (MEGA Study): a prospective randomised controlled trial. Lancet 2006 Sept 30; 368:1155-63.
2. Sirtori CR, Calabresi L. Japan: are statins still good for everybody? Lancet 2006 Sept 30; 368:1135-36.


Commento di Renato Rossi

Abbiamo deciso di recensire questo studio soprattutto per due motivi:
1) si tratta del primo trial che dimostra l'utilità di una statina in prevenzione primaria nei giapponesi, una popolazione considerata tradizionalmente a basso rischio di patologia coronarica
2) i risultati sono stati ottenuti con dosi basse di pravastatina.
Per il resto nulla di nuovo sotto il sole, vengono confermati i risultati di altri studi di prevenzione primaria (WOSCOPS, AFCAPS7TexCAPS): le statine riducono gli eventi coronarici, ma non la mortalità totale (a differenza di
quanto si verifica in genere nei trials di prevenzione secondaria ove si assiste anche ad una riduzione della mortalità totale).
Il rischio assoluto dell'outcome primario nel gruppo trattato con pravastatina è stato dell'1,66% mentre era del 2,61% nel gruppo controllo. La riduzione assoluta del rischio è stata quindi di meno dell'1% e questo porta ad un NNT a 5 anni (numero di soggetti che è necessario trattare per evitare un evento) di circa 105. Questo NNT è paragonabile a quello ottenuto nello studio scozzese WOSCOPS, in cui però erano state usate dosi più elevate di pravastatina.
Due editorialisti fanno notare che lo studio MEGA rassicura comunque i medici che le statine funzionano anche nelle popolazioni a basso rischio e che i benefici sono stati osservati sia nei diabetici che nei non diabetici, nei fumatori e negli obesi mentre risulta più limitato nelle donne.
Questo è vero se si ragiona in termini di popolazione ma diverso è il discorso in termini individuali, dato l'NNT abbastanza elevato. Da qui la necessità, quando si deve decidere se somministrare o meno una statina in prevenzione primaria, di stratificare il rischio coronarico di ogni singolo paziente.

Commento di Luca Puccetti

Lo studio dimostra che basse dosi di pravstatina sono efficaci in prevenzione primaria in popolazioni a basso rischio. L’effetto di riduzione della colesterolemia è quantitativamente modesto, mentre l’effetto sugli eventi, pur frazionale, a livello di popolazione è statisticamente significativo. I risultati migliori sono stati osservati nei sottogruppi (con tutti i limiti di tali analisi post hoc) i cui livelli plasmatici di colesterolo LDL erano superiori a 155 mg/dL e nei soggetti oltre i 60 anni di età. L’effetto era significativo anche nei fumatori e nei diabetici, ma meno evidente, come era da attendersi, nelle donne.
La mortalità totale non è risultata influenzata mentre sono significativamente diminuiti gli eventi cardiovascolari tranne l’ictus. La mortalità per cause non cardiovascolari non è risultata influenzata e questo rappresenta un dato confortante circa la sicurezza del farmaco.
Questi risultati potrebbero indurre a proporre una sorta di trattamento allargato e facilitato con alcune statine di una vasta parte della popolazione. Il beneficio sulla popolazione, specie se anziana e di sesso maschile, è apprezzabile, sull’individuo molto meno considerando che occorre trattare ben 119 soggetti per evitare un nuovo evento cardiovascolare. Proprio per la sicurezza dimostrata e l’efficacia significativa solo sui grandi numeri è stato proposto un utilizzo “facilitato” delle statine favorito dall’abbassamento del prezzo per la genericabilità e dalla trasformazione da farmaco con obbligo di prescrizione medica ad OTC. Tuttavia una sorveglianza medica sarebbe comunque necessaria per evitare i rischi legati alla miopatia ed al danno renale, soprattutto in alcuni soggetti anziani politrattati ed una strategia di selezione dei soggetti a maggior rischio sarebbe più efficiente e probabilmente maggiormente cost-effective. Certamente la consapevolezza della buona tollerabilità delle basse dosi ed il calo del prezzo potrebbero indurre ad ampliare il novero dei soggetti candidati al trattamento con statine a basse dosi, anche mediante un allentamento dei vincoli burocratici prescrittivi.

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