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Dove va l' Assistenza Sanitaria Territoriale? |
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Inserito il 18 febbraio 2007 da admin. - professione - segnala a:
Modelli di integrazione Ospedale-Territorio nell' ottica della riorganizzazione delle cure primarie - Analisi, ipotesi, proposte
La riorganizzazione delle cure primarie si rende oggi necessaria non solo in funzione della esplosione delle “cronicità” che configura un quadro di nuovi bisogni, non tutti contemplati dalla legge 833/78 istitutiva del SSN, ma anche a causa della deficitaria applicazione della L 328 del 8/11/2000, per cui i distretti sociosanitari non sono stati capaci di costruire il territorio attraverso modelli LOCALI di assistenza e integrazione : il risultato è che ancora oggi si continua a erogare prestazioni fini a sé stesse e spesso lasciate al “fai da te” del cittadino realizzandosi un vero well far …west mentre le Aziende monitorano l’appropriatezza della prescrizione. La logica della prestazione fine a sé stessa era alla base del modello “ a ciclo di malattia” che produceva “ a notula”. Ora, il legislatore aveva forse recepito i mutamenti epidemiologici e culturali quando impose il “ ciclo di fiducia” che riconosce la quota capitaria, come cardine del contratto della Medicina Generale, ma ahimè solo di questa, perché i Servizi Territoriali e gli Ospedali continuano a lavorare secondo lo spirito della “ notula”, o DRG che sia: così allargano sempre più le loro competenze fino alla autoreferenzialità esautorando di fatto la figura del MMG, con il proliferare di centri “ specialistici” di secondo livello invadenti il campo del primo, – lo specialista è recepito come più “ speciale” rispetto al generalista – e rendendo impossibile così la totale presa in carico del paziente promossa dall’ultimo ACN. Anche i primi provvedimenti regolatori della spesa, note CUF e codici di esenzione per patologia, hanno contribuito a delegittimare il MMG nella misura in cui il tal farmaco è prescrivibile solo dopo … ; e poi il codice 13 lo assegna il Centro Antidiabetico che comunque continua a seguire successivamente il paziente , di fatto scippandolo al MMG che paradossalmente non se ne dispiace più di tanto nell’ottica della quota capitaria, salvo poi “ dovere avallare prescrizioni altrui non sempre congrue delle quali comunque continua ad essere responsabile ai fini economici. Il vuoto di potere così determinatosi, i vari ACN hanno pensato di reinterpretarlo proponendo il modello psicosociale WONCA pur ribadendo la centralità del MMG nei percorsi gestionali condivisi per le cronicità. Sappiamo tutti come è finita: il MMG oggi ,in molti casi, è l’unico operatore sociosanitario a interagire con i soggetti fragili , perfino quando la fragilità è determinata da fattori climatici!, mentre molto spesso è lo scrivano di terapie e/o accertamenti prescritti dopo un controllo specialistico o un ricovero, strumenti con i quali l’Ospedale gestisce non solo l’acuto ma anche la cronicità: riflettiamo sul fatto che compito del MMG, secondo art 55 attuale ACN, è solo segnalare la fragilità ai servizi sociali e che l’art.21 dell’AIR LAZIO recita “ In attesa della definizione di percorsi Aziendali di cura e assistenza , i MMG si impegnano a ……” per concludere che i soli contratti di settore senza nessuna garanzia di reciprocità trasversale non garantiscono né i prestatori d’opera né le prestazioni. Così, come paradossalmente riconosciuto dal citato art 21 AIR LAZIO, oggi il territorio è solo un’espressione geografica, o , usando le parole dell’On. Ministro Turco . “ il secondo pilastro da costruire”, giacchè le Aziende , attraverso i Distretti, non hanno creato la rete territoriale dei servizi funzionale all’integrazione sociosanitaria, ma nemmeno hanno garantito la “LOCALITA’” dell’assistenza, cioè la possibilità di rispondere ai bisogni all’interno del distretto; addirittura assistiamo oggi nell’ottica del RECUP alla diaspora randomizzata della prestazione da eseguire, ovunque, purchè sia presto e non importa come! Se poi ci aggiungiamo che il deficit di bilancio, nonostante tutti i controlli sulla prescrizione determinati dal sistema Tessera Sanitaria, impone in un triennio la riconversione di 5000 posti letto ospedalieri nonché la razionalizzazione delle Prestazioni Ambulatoriali Complesse, da eseguirsi non più in day Hospital ma in day Service, proprio in un momento storico e culturale in cui le lineeguida stabiliscono sempre più la necessità di studiare ogni cronicità con esami specifici, possiamo comprendere il fatto che, mai come oggi, la frammentazione e la conflittualità tra operatori sanitari sia arrivata al parossismo. L’Ospedale infatti teme di non potere più garantire e fronteggiare l’urgenza/emergenza spesso determinata dalla cattiva gestione territoriale delle cronicità nell’assenza di percorsi condivisi, ma il mmg si chiede se non dovrà onorare un altro compito contrattuale, quello di garantire , con una inaccettabile contorsione involutiva del sistema, anche le urgenze: si comincia con i codici bianchi, e poi…. Il quadro sembra fosco, ma come dicevamo il Sistema ha prodotto una normativa funzionale all’elaborazione di un nuovo modello o “ patto per le cronicità” che comunque si deve fondare su una rivoluzione culturale : quella di riconoscere che, nel continuum di una patologia che evolve attraverso fasi di quiescenza ed instabilizzazione, ogni operatore che intercetti tale continuum deve avere la stessa valenza e la stessa possibilità di esercitare responsabilmente il proprio ruolo nell’ambito della propria competenza. Continuum di patologia significa cioè comunicazione, integrazione e collaborazione paritaria fra diverse discipline per perseguire non tanto e solo una continuità temporale dell’assistenza quanto e soprattutto un unicum gestionale, cosicché , nel passaggio delle competenze tra livelli PARITARI ( in un sistema di cure primarie non ci possono essere livelli “più primari”!) sia la centralità del malato e non quella dell’operatore a determinare il processo di cura ed assistenza. Quale dunque la normativa da cui partire? La L 328 dell’ 8/11/2000 , innanzitutto; per restituire al DISTRETTO SOCIOSANITARIO la prevista autonomia nell’organizzare la località dell’assistenza e nel promuovere l’integrazione sociosanitaria: sono queste, due condizioni senza le quali non riusciamo ad immaginare possibili percorsi aziendali condivisi . Un distretto forte elaborerà UNA CARTA DEI SERVIZI AZIENDALI, che regoli competenze e responsabilità individuali nel continuum del percorso diagnostico-terapeutico al fine di assicurare, in ogni momento, la totale presa in carico del malato da parte di qualsivoglia operatore struttura o livello attraverso previsti protocolli di accesso o dimissione. Carta dei servizi, già sperimentata con successo presso l’Azienda di Pieve di Soligo, che tra l’altro consente di definire facilmente le responsabilità tanto degli operatori che violino le regole, quanto degli amministratori che siano inadempienti l’obbligo di legge di offerta completa di servizi. Altro aspetto normativo importante è rappresentato dal concetto di “garanzie di sistema” di cui, ad esempio, all’art 6 AIR LAZIO; mi sembra cioè che i futuri contratti dovranno garantire e valorizzare la specificità del ruolo professionale riconoscendone peraltro una unicità strategica alla gestione della cronicità: la definizione di questo nuovo ruolo medico legittimerebbe ulteriormente la Carta dei servizi di cui sopra. Al termine di questo percorso culturale e sindacale , e fatti salvi gli specifici compiti dei medici dell’’assistenza primaria o dei servizi territoriali o dell’ospedale, diventa immaginabile un modello per le cronicità, imperniato sul seguente algoritmo, che si offre alla discussione: presa in carico del paziente cronico iniziale e condivisa tra MMG e Ambulatorio specialistico al fine di studiare e stabilizzare il quadro clinico; quindi rinvio al territorio con percorso scandito , ordinato e previsto da cartella clinica studiata allo scopo di consentire in ogni momento comunicazione bidirezionale fino a prevedere ricovero “ programmato “ per emergenze o instabilizzazioni “ annunciate”: un tale modello lascerebbe al mmg il compito di gestire una cronicità stabilizzata per l’ identificazione precoce e la correzione di ogni causa di instabilizzazione, con un’attenzione globale a tutti i fattori di rischio o danni organici collegati allo stato patologico ed attraverso la promozione dell’autocontrollo e dell’educazione continua del paziente (ECP!?) finalizzata alla correzione lel lifestyle. Un modello questo che ottimizzerebbe le risorse umane ed economiche e razionalizzerebbe la spesa, attraverso la condivisione delle scelte terapeutiche e modalità gestionali quando , nell’ambito del continuum dell’assistenza al malato cronico, ciascun possibile operatore diventa il titolare responsabile della totale presa in carico del paziente.
Enzo Pirrotta - Roma
Commento di Luca Puccetti
Il modello previsto dal collega Pirrotta non ci convince per una serie di ragioni. La prima è che prevede la progressiva perdita di autonomia del medico di medicna generale a vantaggio di una sorta di integrazione spinta con il distretto. Questo significa dover lavorare con persone che il MMG non ha scelto e con cui dovrebbe condividere la responsabilità delle cure e soprattutto senza alternative per il paziente. E' il paziente che deve scegliere dove e con chi curarsi. Guai se il MMG perdesse il ruolo di terzietà e di ombudsman sanitario del paziente che non ha le risorse tecniche per poter scegliere. Il MMG non è amato dai politici perché non possono controllarlo. E' una sorta di scheggia autonoma in grado di punire severamente gli eventuali incapaci che le logiche di appartenenza avessero messo nella sanità pubblica. E' per tali motivi che si vuole "normalizzare" il MMG, ricondurlo all'ovile delle logiche clientelari del pubblico che è controllato in ogni minima articolazione dal potere politico. Le recenti proposte della casa della salute vogliono dare l'illusione al paziente di poter scegliere dove curarsi mentre invece tutto dovrebbe essere predeterminato, anche per controllare la spesa. Un elemento terzo ed indipendente può rompere questo astuto giochino. Insomma il modello prospettato è veramente lungi dal sentire di moltissimi MMG che credono ancora nell'indipendenza e nella terzietà, nel rapporto unico con il paziente, cui gli elementi di continuità assistenziale sono una necessità per problemi contingenti, non certo un modello da perseguire sistematicamente, stile supermarket della pseudosalute. Se la sanità italiana è tra le prime nel mondo lo si deve anche proprio a questa indipendenza e terzietà dei MMG che al momento opportuno fanno gli interessi del loro paziente e non di altri. Se si vuole migliorare, ma prendiamo atto che le cose vanno già molto bene per l'assistenza medica territoriale, occorre investire per davvero, ma non nei grupponi proposti dalla matrice culturale del consusmismo sanitario, della prestazione pur che sia, modello catena di montaggio di prodotti scadenti a perdere, quanto piuttosto nel modello "practice" in cui alcuni MMG, con idee e modus operandi simili, condividono risorse tecniche, infermieristiche, logistiche che loro stessi scelgono e controllano. Per finire nulla di più consumistico del modello gg365h24, una vera e propria deriva populistica e demagogica, buona solo per aumentare i consumi sanitari improduttivi a vantaggio dei frequent attenders che già oggi consumano la maggior parte delle risorse. Il problema dell'affollamento dei PS si risolve in un batter di ciglia, basta inserire i corsisti della MMG in strutture di accoglienza ubicate accanto ai veri PS per gestire quelli che sembrano codici bianchi ( ma che potrebbero diventare di altro colore ed in tal caso potrebbero fruire tempestivamente della vicinanza del PS). La cura domiciliare dell'anziano è più un problema di assistenza alla persona che di cure mediche. Profondere enormi risorse per l'assistenza medica domiciliare di tali soggetti produce vantaggi minimi rispetto alla cura quotidiana della persona, all'idratazione, alla corretta alimentazione, alla pulizia, alla prevenzione delle cadute, al mantenimento del giusto clima etc. cosa che oggi è demandata alle badanti, soggetti che spesso nemmeno parlano la lingua dell'anziano. L'anziano ha insomma poco bisogno del medico e molto di persone esperte nella cura dei bisogni primari della persona che sappanoi ascoltarlo e che possano dialogare di cose a familiari. I paesi scandinavi stanno abbandonando il modello caserma delle attuali RSO per far posto a strutture piccole, con un rapporto familiare tra opiti e personale e poi la vera rivoluzione sta nella tele-assistenza in cui davvero vale la pena di investire purché nella practice ci siano le risorse organizzaztive, tecniche ed assitenziali necessarie a rispondere alle informazioni telematiche che giungono. Infine occorre un rilancio dell'associazionismo in cui i giovani colleghi possano per 4-5 anni imparare il mestiere, con stipendi assolutamete appropriati, sia ben chiaro, prima di rendersi autonomi. Per motivi meramente economici e demografici un modello assistenziale solo pubblico è destinato, nonostante le resistenze, a finire per far posto, come è avvenuto con la previdenza, a modelli misti. Allora l'aver perso gli assistiti per essersi trasformati in una sorta di paradipendente pubblico sarebbe disastroso per il MMG.
N.B.: Quanto esposto nell' articolo e nei commenti rispecchia l' opinione degli Autori, e non della Redazione.
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