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Il caos degli studi: salmeterolo/fluticasone riducono o no la mortalità nella BPCO?
Inserito il 22 febbraio 2007 da admin. - pneumologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Lo studio TORCH dimostra che, rispetto a placebo, l'associazione fluticasone salmeterolo riduce la mortalità generale nella BPCO, sfiorando la significatività ed è un esempio paradigmatico di come gli studi si possano interpretare in modo diverso: esiste la verità statistica?



In una pillola recente abbiamo recensito in anteprima lo studio TORCH [1] in cui, sulla base di un report dell'agenzia Reuters, scrivevamo che l'associazione fluticasone/salmeterolo aveva ridotto, rispetto al placebo, la mortalità in pazienti con BPCO moderata/severa del 2,6% in valore assoluto e del 17,5% in termini relativi, con un valore della P di 0,031, quindi il dato era significativo dal punto di vista statistico.
Ora lo studio è stato pubblicato [2] e le carte in tavola appaiono scompigliate. Nella pubblicazione ufficiale infatti si legge che alla fine dei tre anni dello studio la mortalità totale, che era l'end-point primario, fu del 15,2% nel gruppo placebo, del 13,5% nel gruppo salmeterolo, del 16% nel gruppo fluticasone e del 12,6% nel gruppo salmeterolo + fluticasone. La riduzione della mortalità nel gruppo terapia combinata non raggiungeva la significatività statistica: HR 0,825; IC95% 0,681-1,002; P = 0,052; non vi era differenza tra placebo e gli altri due gruppi (fluticasone o salmeterolo da soli).
Gli autori concludono che la riduzione della mortalità ottenuta non ha raggiunto il livello predeterminato di significatività statistica. Com' è possibile che una riduzione della mortalità da significativa diventi non significativa? Dove sta la verità? Vi è stato un errore di qualche agenzia nel riportare i risultati? Si potrebbe quasi dire che sono veri tutti e due i dati. Ecco la spiegazione.
Gli autori hanno compiuti tre tipi di analisi statistiche.
La prima analisi: è stato calcolato l'hazard ratio aggiustato per 2 analisi ad interim effettuate da un board indipendente trovando un HR di 0,825; IC95% 0,681 - 1,002; P = 0,052.
Si tratta dell'analisi eseguita come era stato pre-specificato nel protocollo dello studio. Secondo questo dato la riduzione della mortalità non risulta, sebbene di poco, statisticamente significativa.
La seconda analisi: è stato calcolato, per l'end-point mortalità totale, l'hazard ratio non aggiustato trovando un HR di 0,820; IC95% 0,677-0,993; P = 0,042. Secondo questo dato la riduzione della mortalità sarebbe statisticamente significativa.
La terza analisi: è stato calcolato l'hazard ratio corretto tramite il metodo proporzionale di Cox che tiene conto di variabili che possono influire sui risultati (per es. l'età), trovando un HR di 0,811; IC95% 0,670-0,982; P = 0,031. In questo caso la riduzione della mortalità sarebbe significativa.
Gli autori, presentando a suo tempo questi dati, hanno ammesso che ci sarà materia di discussione, anche se secondo loro l'ultima analisi, quella effettuata secondo il metodo di Cox, è quella preferibile.
Nel loro commento ufficiale allo studio, pubblicato nel New England Journal of Medicine, sempre gli autori offrono, invece, due spiegazioni diverse:
1) effettivamente la terapia non riesce a ridurre la mortalità
2) lo studio non aveva una potenza statistica tale da misurare una riduzione della mortalità totale, outcome che sappiamo essere molto forte e molto difficile da raggiungere.
A loro avviso quest'ultima è quella più attendibile.
Inoltre viene sottolineato il fatto che molti pazienti assegnati al gruppo placebo, ben il 44%, hanno abbandonato lo studio e sono poi stati messi in terapia con i farmaci oggetto del trial: se avessero continuato ad assumere placebo probabilmente i risultati ottenuti dall'associazione fluticasone/salmeterolo sarebbero stati più eclatanti. L'efficacia dell'associazione quindi potrebbe essere stata sottostimata. Anche negli altri gruppi la percentuale di drop-out è stata elevata: per esempio nel gruppo terapia combinata è stata del 34%.
Un editorialista dipinge gli autori del TORCH come degli scommettitori che hanno voluto una posta troppo alta e l'hanno mancata per un pelo. Inoltre il disegno dello studio sarebbe stato debole in quanto prevedeva un gruppo placebo ed era da pensare che la percentuale degli abbandoni sarebbe stata alta. Spiegazione un po' debole se si considera che anche negli altri gruppi i drop out sono stati altrettanto numerosi.
Dal canto nostro che possiamo aggiungere?
La prima considerazione che viene spontanea è che la semplice lettura di tutti questi numeri potrebbe provocare nei lettori una vera e propria crisi emicranica, come l'ha provocata a noi.
La seconda è che rinunciamo con piacere a cercare il "dritto e il torto" e lasciamo volentieri questo compito agli esperti che, non c'è da dubitarne, si tiraranno per i capelli per decidere quale sia l'interpretazione più azzeccata.
Infine, per non sapere nè leggere nè scrivere, possiamo mettere la questione in questi termini.
Se accettiamo una P di 0,052 vuol che la riduzione di mortalità trovata ha una probabilità del 5,2% di essere dovuta al caso e del 94,8% di essere reale; se invece prendiamo per buona una P di 0,031 dobbiamo concludere che la probabilità che il caso ci abbia messo lo zampino è del 3,1% mentre è del 96,9% la probabilità che il dato sia reale. Ognuno tragga da questi numeri le sue conclusioni, tenendo sempre presente che porre il cut-off per la significatività/non significatività al 5% è una pura invenzione che noi ci siamo dato per capirci. Paradossalmente possiamo affermare che per una P = 0,050001 il dato non è significativo mentre lo è per una P = 0,049999. Nel primo caso il trattamento ha fallito, nel secondo ha fatto centro: affermazione giusta da un punto di vista formale, più discutibile da un punto di vista clinico.
Dal canto nostro ci limitiamo a fare i conti della serva: nel gruppo trattato con l'associazione, dopo 3 anni, si avevano 126 decessi ogni 1.000 trattati, nel gruppo placebo i decessi erano 152. Risultato importante? Risultato non significativo? Ai posteri (cioè a studi futuri) l'ardua sentenza.

Renato Rossi

Commento di Luca Puccetti

Una frazione decimale in questo caso non può determinare un giudizio dicotomico. Lo studio è importante ed ha dimostrato, al di là dei decimali, una sensibile riduzione della mortalità generale a 3 anni con un NNT (number needed to treat) non aggiustato di 38, che, pur con ampi limiti di confidenza, data l'importanza dell'outcome, pare un numero contenuto ed in linea con quelli di ben note ed accettate terapie come, ad esempio la riduzione della mortalità generale dopo infarto miocardico con l'uso dei beta bloccanti (stiamo parlando di prevenzione secondaria) con un NNT di 51 o un NNT di 83 per la riduzione della mortalità generale a 2 anni con la terapia antiaggregante nei pazienti a rischio. Nella pratica clinica vengono effettuati quotidianamente atti terapeutici, comunemente ritenuti validi ed appropriati, che nemmeno lontanamente possiedono le evidenze di riduzione della mortalità generale che ha mostrato l'associazione salmeterolo fluticasone nella BPCO. Nello specifico poi è ovvio che, al di là dei metodi statistici usati, uno studio lungo, in una malattia clinicamente spesso paucisintomatica, presenti molti lost to follow-up che riducono la potenza dello studio. La critica che può essere avanzata e che potrebbe essere stato sottostimato il tasso di drop-out in fase di stima del campione da arruolare, che, oltretutto, trattandosi di uno studio con confronti multipli, necessita di una numerosità ancora più grande rispetto a quella sufficiente per confronti tra 2 gruppi. Ma ciò non inficia il significato clinico del risultato del trial. Altri dati clinici importanti sono stati la riduzione delle riesacerbazioni, con un tasso annuo dello 0.85 rispetto all'1.13, e delle funzioni spirometriche (P<0.001 per tutti i confronti con il placebo). Non ci sono state differenze significative per quanto concerne l'insorgenza di eventi avversi a livello oculare e sull'osso. La probabilità di ammalarsi di polmonite è stata più elevata nei gruppi che facevano uso di fluticasone (19.6% nel regime combinato e 18.3% nel regime con solo fluticasone) rispetto a quanto osservato nel gruppo placebo (12.3%, P<0.001) con un NNH (number needed to harm) di 13 e 16 rispettivamente.




Bibliografia

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2817
2. Calverly PMA et al for the TORCH Investigators. Salmeterol and Fluticasone Propionate and Survival in Chronic Obstructive Pulmonary Disease. N Engl J Med 2007 Feb 22; 356:775-789
3. Eur Heart J 1993; 14 (suppl F): 18-25
4. Lancet 1996; 348: 1329-39

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