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Screening per la displasia congenita dell’anca
Inserito il 06 settembre 2007 da admin. - pediatria - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Le evidenze disponibili non sono sufficienti per raccomandare lo screening di routine per la displasia congenita dell’anca nei neonati con l’obiettivo di prevenire possibili esiti avversi.

La displasia congenita dell’anca (DDH) rappresenta uno spettro di anormalità anatomiche che possono risultare in disabilità permanenti. Viste queste potenziali gravi conseguenze, lo screening (clinico e/o ecografico) dei nuovi nati è diventato procedura comune nell’ipotesi che un trattamento precoce possa portare ad un miglioramento della prognosi. Tuttavia, l’alta percentuale di risoluzione spontanea della DDH (>80%) ha creato incertezza su quale sia l’approccio più appropriato per i neonati positivi allo screening.

Obiettivo: Valutare, sulla base della revisione della letteratura, se lo screening (clinico o ecografico) migliori la prognosi della displasia congenita dell’anca (DDH). Gli autori inoltre intendono verificare se:
1) lo screening consenta di identificare i casi di DDH più precocemente rispetto a quanto sarebbe successo nel corso dei normali controlli del primo periodo di vita
2) una più precoce identificazione si accompagni ad un più precoce trattamento e se tale trattamento conduca ad esiti migliori rispetto ad uno iniziato più tardivamente
3) i benefici ottenuti con identificazione e trattamento precoci siano superiori ai rischi derivanti da screening e trattamento stessi
4) le evidenze rispetto al rapporto costo/benefici dello screening.

Criteri di eleggibilità dei lavori: Sono stati inclusi studi in lingua inglese applicabili alla realtà statunitense. È stata esaminata anche la letteratura non inglese alla ricerca di trials controllati. Gli autori erano interessati a lavori prospettici, di popolazione o realizzati nell’ambito delle cure primarie in cui lo screening fosse avvenuto entro i sei mesi di vita del bambino. Sono stati analizzati e inclusi studi sui fattori di rischio, sui costi e sugli interventi. Gli studi di intervento dovevano riportare risultati di bambini diagnosticati prima dei sei mesi di vita e trattati entro il primo anno di vita. Sono stati esclusi studi su DDH teratologiche (patologie neuromuscolari e malformazioni congenite), studi con outcome radiologico, report di casi, studi con casistica inferiore a 6 soggetti, editoriali, lettere, rassegne e commenti.

Materiali e metodi: Per la ricerca della letteratura gli autori sono partiti da due precedenti revisioni sistematiche, una statunitense (American Academy of Pediatrics/AAP) e una Canadese (Canadian Task Force on Preventive Health Care/CTFPHC) che sono state aggiornate ricercando studi successivi alla loro pubblicazione. Lavori rilevanti sono stati identificati consultando Medline, la Cochrane Library, le referenze di altre pubblicazioni identificate, siti Web e attraverso il contatto con esperti. È stata realizzata una valutazione della qualità metodologica degli studi in base a una serie predefinita di parametri. Nella selezione dei lavori gli autori hanno seguito quello che definiscono un “best evidence approach”: per ogni quesito sono stati inclusi lavori di disegno debole se non disponibili lavori di disegno forte.

Principali risultati: Hanno soddisfatto i criteri di inclusione: 13 lavori sui fattori di rischio, 59 sullo screening (3 trial controllati), 5 sui rischi dello screening, 47 sugli interventi (nessun trial controllato), 8 sui costi. In sintesi i risultati hanno messo in evidenza che:

1) la letteratura identificata sullo screening e sugli interventi presenta limiti metodologici significativi
2) nessun trial pubblicato mette in relazione diretta lo screening con un miglioramento degli esiti funzionali
3) la presentazione podalica, la familiarità per DDH e il sesso femminile sono risultati essere fattori di rischio per DDH in diversi studi (di bassa qualità metodologica)
4) lo screening conduce ad una più precoce identificazione; tuttavia il 60-80% dei casi identificati clinicamente (esame obiettivo) e il 90% di quelli con displasia lieve identificati ecograficamente nel primo periodo di vita vanno incontro a guarigione spontanea e non richiedono intervento
5) le evidenze riguardo l’accuratezza dei test di screening risultano di bassa qualità
6) l’accuratezza dell’esame clinico varia con l’età; la manovra di Ortolani/Barlow perde sensibilità con l’aumentare dell’età del bambino, mentre la valutazione dell’abduzione delle anche diventa più accurata (è maggiore a 3-6 mesi rispetto al primo periodo di vita) in quanto i bambini con dislocazione dell’anca hanno un aumento della contrattura dei muscoli adduttori
7) l’esame clinico e quello ultrasonografico identificano gruppi alquanto differenti di neonati a rischio
8) un numero molto limitato di studi ha esaminato l’esito funzionale dei pazienti trattati per DDH. Data l’alta frequenza e la natura imprevedibile della risoluzione spontanea della DDH e l’assenza di rigorosi studi comparativi, non è stato possibile stabilire l’efficacia degli interventi.
Inoltre i trattamenti, sia chirurgici che non, sono risultati associati ad un rischio anche elevato (da 0 a 60% a seconda dei lavori) di necrosi avascolare della testa del femore, la più frequente e grave complicazione associata al trattamento della DDH. Lo screening stesso può avere effetti dannosi (ad esempio generando ansia nei genitori e in caso di risultato falso positivo causando interventi non necessari e potenzialmente pericolosi). In allegato 1 viene riportata una tabella con la sintesi delle evidenze della letteratura per le principali domande chiave.

Conclusioni degli autori: Gli autori concludono che lo screening clinico o ultrasonografico può identificare i neonati a rischio di DDH, ma vista l’alta percentuale di risoluzione spontanea e la mancanza di evidenze dell’efficacia degli interventi sugli esiti funzionali, i benefici di questo screening non sono chiari.

Fonti:
1)Shipman SA, Helfand M, Moyer V, et al. Screening for developmental dysplasia of the hip: a systematic literature review for the US Preventive Services Task Force. Pediatrics.2006;117:e557-576
2) US Preventive Services Task Force. Screening for Developmental Dysplasia of the Hip: Recommendation Statement. Pediatrics 2006;117:898-902

Commento
In seguito a questa revisione della letteratura la task force statunitense sui servizi di prevenzione ha formulato una serie di raccomandazioni sullo screening della displasia congenita dell’anca. La task force è costituita da un gruppo statunitense indipendente di esperti in prevenzione e cure primarie che rivede in maniera sistematica le evidenze di efficacia e sviluppa raccomandazioni per i servizi di prevenzione. In sintesi, la task force conclude che le evidenze disponibili non sono sufficienti per raccomandare lo screening di routine per la DDH nei neonati con l’obiettivo di prevenire possibili esiti avversi. Secondo i componenti della task force sono necessari ulteriori studi sulla storia naturale della risoluzione spontanea dell’instabilità e della displasia dell’anca e studi multicentrici di intervento che misurino l’esito funzionale in maniera standardizzata. Servirebbero inoltre studi per identificare esiti radiologici validi di DDH che possano fungere da misura di proxy degli esiti funzionali e studi controllati che valutino gli effetti di un trattamento ritardato. La revisione sistematica e le raccomandazioni sono disponibili in full text sul sito web della task force (1).

La revisione non aggiunga molto a quanto già si sapeva sullo screening della displasia dell’anca, si vedano ad esempio le conclusioni di una revisione sistematica pubblicata sul BMJ (2). La presente revisione sottolinea le incertezze che ancora esistono sull’argomento e la necessità di studi di buona qualità metodologica che possano rispondere ad alcune delle domande che ancora sono aperte. In Italia la pratica dello screening dell’anca è molto diffusa, con criteri e metodi tra i più vari, diversi nei vari contesti (solo clinico, clinico ed ecografico, ecografico a tutti i nati, ecografico solo ai nati a rischio). Per concludere questo capitolo, senza in realtà avere delle conclusioni precise, riportiamo le raccomandazioni dell’American Academy of Pediatrics (AAP) e della Canadian Task Force on Preventive Health Care, che sono anche citate nel documento della US task force. L’AAP raccomanda di eseguire di routine l’esame clinico delle anche ed esami radiologici solo per i pazienti a rischio (femmine nate in posizione podalica ed eventualmente maschi in posizione podalica e femmine con familiarità). Non viene raccomandato lo screening ultrasonografico generale. La Canadian Task force raccomanda l’esame clinico di routine delle anche nei periodici bilanci di salute di tutti i bambini fino all’età di 12 mesi e l’osservazione stretta dei neonati con DDH identificata clinicamente. Non viene anche in questo caso raccomandato lo screening ultrasonografico generale o quello radiologico per i bambini ad alto rischio. Anche nel Regno Unito (National Screening Committee, luglio 2006) viene raccomandata l’esecuzione dello screening durante l’esame obiettivo dei neonati mentre quello ultrasonografico andrebbe realizzato solo nell’ambito di progetti di ricerca. Crediamo che queste raccomandazioni siano sufficienti a far riflettere rispetto a quello che accade in Italia.

Contenuto gentilmente concesso da: Associazione Culturale Pediatri (ACP) - Centro per la Salute del Bambino/ONLUS CSB - Servizio di Epidemiologia, Direzione Scientifica, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste; tratto da: Newsletter pediatrica. Bollettino bimestrale- Aprile-Maggio 2006 -Gennaio 2006, Volume 4, pag. 53-54.

Referenze

1) http://www.ahrq.gov/clinic/uspstf/uspshipd.htm
2) BMJ 2005; 330:1413.

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