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La prova della connessione con il lavoro di una malattia professionale deve essere certa
Inserito il 01 febbraio 2003 da admin. - medicina_legale - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

in ipotesi di malattia professionale non tabellata, la prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità, questa può essere , tuttavia, ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità (cfr. Cass. 3 aprile 1992 n.4104;8 luglio 1994 n.6434; 23 aprile 1997 n.3523).

Il Pretore del lavoro di Trani aveva affermato il diritto di G. B. alla costituzione di rendita per ipoacusia di origine professionale.
L'INAIL proponeva appello, deducendo che la decisione del primo giudice era stata adottata sulla scorta delle sole prove testimoniali, senza esperire consulenza tecnica per l'accertamento delle condizioni di lavoro e di salute dell'assicurato.
Il Tribunale respingeva la richiesta di CTU e, con sentenza del 7 gennaio 1999, rigettava l'appello, richiamando il verbale di visita medica collegiale, disposta dall'INAIL, in esito alla quale il B. era stato riconosciuto affetto da ipoacusia bilaterale nella misura del 16% e ritenendo sufficienti a dimostrare che il lavoro svolto dall'assicurato era stato la causa unica della riscontrata invalidità le risultanze della prova testimoniale, avvalorate dal mancato riscontro di altri fattori causali di carattere extralavorativo, come pure dalla circostanza che l'INAIL aveva concesso una rendita per ipoacusia ad altro lavoratore operante nel medesimo settore di attività dell'appellato.
L' INAIL proponeva ricorso in Cassazione censurando la sentenza impugnata osservando che, in presenza di una ipoacusia, di cui è nota la genesi multifattoriale, la prova della eziologia professionale esige una rigorosa verifica del livello della rumorosità e della esposizione personale e quotidiana del lavoratore, nonché della sussistenza di un diretto nesso causale tra malattia e condizioni di lavoro, da accertare con l'ausilio di specifiche conoscenze e risultati tecnici (fonometrici nel caso di specie), al fine di stabilire che proprio l'attività svolta e non altri fattori ne hanno determinato la insorgenza e provocato la evoluzione.
La Corte respingeva il ricorso richiamando in proposito il proprio costante insegnamento, alla stregua del quale, in ipotesi di malattia professionale non tabellata, la prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità, questa può essere , tuttavia, ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità (cfr. Cass. 3 aprile 1992 n.4104;8 luglio 1994 n.6434; 23 aprile 1997 n.3523).
Correttamente si era percio' comportato il Tribunale nel ritenere provata la origine professionale della ipoacusia bilaterale dalla quale il B. era stato riconosciuto affetto in occasione della visita medica collegiale effettuata per disposizione dell'INAIL. L'appellato aveva infatti dimostrato, attraverso la prova testimoniale, di aver lavorato per oltre trent'anni e contemporaneamente a numerosi altri operai (circa 200) nel capannone di una grande industria metalmeccanica dove si tranciavano metalli per la produzione di automobili e si usavano compressori per l'alimentazione di macchine semiautomatiche per la pulizia dei materiali; come l'INAIL avesse riconosciuto la rendita per ipoacusia al 36% a favore di altro lavoratore operante nel medesimo ambiente e settore di attività del B.; come non fossero stati addotti né riscontrati altri fattori, diversi ed indipendenti dall'attività di lavoro, che potessero costituire causa della lamentata affezione.
L' elevata rumorosità dell'ambiente di lavoro non richiedeva certo l'esperimento di una consulenza tecnica, essendo sufficiente a giustificarla il riferimento alla tipologia delle lavorazioni svolte e alla natura dei macchinari presenti nell'ambiente di lavoro.
Né il mancato accoglimento della richiesta di consulenza tecnica era censurabile: la norma, infatti, rende obbligatoria la nomina di un consulente tecnico nei processi relativi a domande di prestazioni previdenziali o assistenziali, per il caso in cui queste richiedano accertamenti tecnici. Ma il Tribunale aveva motivatamente e persuasivamente escluso che tali accertamenti fossero necessari o anche solo utili nel caso concreto.
Per questi motivi il ricorso veniva respinto e l' INAIL condannata al pagamento delle spese di giudizio.

Fonte: Cassazione, sez. Lavoro n. 5352 del 13 aprile 2002

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