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Epidemiologia dell'ulcera peptica ed uso di antinfiammatori non steroidei |
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Inserito il 17 agosto 2007 da admin. - gastroenterologia - segnala a:
L'epidemiologia dell'ulcera peptica cambia con la diminuzione del tasso di infezione da Helicobacter pylori, l'aumento degli anziani e dell'uso degli antinfiammatori non steroidei.
Uno studio di coorte effettuato su una popolazione danese di circa 470 mila abitanti della contea di Funen County seguiti per un decennio (1993-2002) ha indicato che l'incidenza dell'ulcera, complicata o non complicata, è andata nettamente calando nel corso del decennio dello studio ed anche rispetto ai valori osservati nei decenni precedenti, ad eccezione delle ulcere complicate da emorragia, la cui incidenza è rimasta sostanzialmente invariata. In particolare l’incidenza di ulcera duodenale complicata è diminuita da 0.55/1,000 persone-anni (95% CI 0.49–0.62) a 0.37 (0.31–0.43), quella dell’ulcera gastrica complicata da 0.56 (0.49–0.63) a 0.40 (0.34–0.46), quella delle ulcere perforate da 0.14 (0.11–0.18) a 0.08 (0.06–0.11). L’incidenza dell’ulcera peptica sanguinante è rimasta stabile (0.49–0.62) nel 1993 e 0.57 (0.51–0.64) nel 2002. I dati mostrano poi che nell'arco di un solo decennio è aumentata significativamente (dal 39% del 1993 al 53% del 2002; p <0,01) la percentuale di pazienti in cui viene fatta diagnosi di ulcera collegata possibilmente ad un consumo abituale di FANS e che la mortalità o il rischio di recidive dell'ulcera sono superiori ai valori osservati nella popolazione di riferimento, specie quando l'ulcera si presenta complicata da perforazione o emorragia. Ciò si correla con l'aumento del tasso di ospedalizzazioni per ulcera sanguinante nella popolazione anziana che, tra gli altri fattori di rischio ben noti, presenta una maggiore esposizione agli antinfiammatori non steroidei per lenire i sintomi artrosici. Nella maggioranza (88%) dei pazienti con ulcera complicata da perforazione od emorragia la malattia è stata diagnosticata per la prima volta e dunque non si è trattato di una recidiva della malattia che abitualmente si associa ad un aumento del rischio di complicanze. Il tasso di mortalità standardizzato per il primo mese dal momento delle nuove diagnosi di ulcera peptica complicate è stato di 37.1 (33.4–41.1), nei successivi undici mesi di 5.1 (4.6–5.6), e negli anni successivi di 2.6 (2.4–2.8). I tassi corrispondenti per le ulcere non complicate incidenti sono rispettivamente di 11.6 (9.6–13.9), 4.0 (3.6–4.4), e 2.5 (2.3–2.7). Gli Autori concludono che durante il dececcio 1993-2002, l’incidenza di ulcera peptica è diminuita ed è aumentata la proporzione di ulcere correlate all’assunzione di FANS e che la mortalità è elevata.
Fonte: Am J Gastroenterol 2006;101:945–953
Commento di Luca Puccetti
Alcuni studi sembrano indicare che l’incidenza di ulcera peptica sia in calo, tranne che per le lesioni correlate all’uso di antinfiammatori non steroidei (1). Non ci sono dati che possano chiarire adeguatamente se il decremento sia dovuto alla terapia eradicante per l'H. pylori, che riduce le recidive dell'ulcera non complicata, od al diffuso impiego degli inibitori della pompa protonica più che all’impiego dei coxib (2). I due principali fattori di rischio per lo sviluppo di ulcera peptica (gastrica e duodenale) sono rappresentati infatti dalla colonizzazione dello stomaco ad opera dell'Helicobacter (H) pylori e dal consumo di farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS). E’ da notare che l’infezione da HP aumenta il rischio di ulcera peptica in utilizzatori di FANS (3) e che una metanalisi (4) indica che l’eradicazione dell’infezione da HP riduce l’incidenza di ulcera peptica negli utilizzatori di antinfiammatori ed è specialmente efficace nei pazienti che non hanno assunto in precedenza FANS. Tuttavia l’eradicazione è meno efficace rispetto al trattamento di mantenimento con PPI nella prevenzione dell’ulcera associata all’assunzione di FANS (4). Un mutamento nello scenario epidemiologico dell'ulcera peptica era prevedibile, dal momento che la percentuale di individui positivi all'infezione da H. pylori è andata incontro ad un sensibile declino (almeno nel mondo occidentale), mentre il consumo di FANS risulta nettamente aumentato, verosimilmente anche in rapporto al progressivo invecchiamento della popolazione. Una corretta stima epidemiologica viene peraltro ostacolata dal fatto che, a differenza delle ulcere complicate da emorragia o perforazione, che si manifestano con sintomi gravi e che richiedono di solito il ricovero, le ulcere non complicate (che sono la maggioranza) tendono ad essere sottostimate poiché non raramente esse decorrono in modo asintomatico o pauci-sintomatico e vengono trattate spesso in maniera empirica, sfuggendo pertanto ad una diagnosi precisa. Nello studio di coorte danese le ulcere sanguinanti sono rimaste stabili nel tempo, considerando che l’incidenza delle ulcere in genere e anche di quelle complicate è andata diminuendo, tale dato non appare molto in contrasto con quanto indicato da uno studio effettuato in Canada. Gli Autori dello studio canadese (5,6) hanno osservato che l’incidenza delle emorragie gastrointestinali superiori (EGS) è aumentata in concomitanza con l’introduzione dei coxib. Sono stati pertanto studiati i dati di consumo di coxib ed i dati dei ricoveri per EGS in province che attuavano politiche prescrittive poco restrittive (es. Ontario) e comparati con quelli delle province relativamente più restrittive (es. British Columbia). Sono stati considerati i dati di 1,4 milioni di abitanti di età superiore ai 66 anni dal Gennaio 1996 al Novembre 2002. Durante il periodo considerato, la prevalenza dell’uso di antinfiammatori tra gli anziani della British Columbia è aumentata del 25% (dal 8.7% al 10.9%; p < 0.01), mentre nell’Ontario l’aumento è stato del 51% (dal 10.9% al16.5%; p < 0.01). Le ospedalizzazioni per EGS sono aumentate significativamente in Ontario, in media circa del 16%, ossia 2 ospedalizzazioni in più rispetto all’atteso per 10000 anziani, (p < 0.01), mentre nella British Columbia non si è assistito ad un aumento significativo delle ospedalizzazioni per EGS. Sulla scorta di questi dati, gli autori ritengono che una politica più restrittiva sui farmaci, sebbene ne limiti l’accesso, potrebbe proteggere la popolazione dagli effetti avversi ad essi correlati. D’altro canto la maggioranza dei dati sembra confermare che i coxib siano gravati da meno effetti collaterali rispetto ai FANS. Uno studio caso-controllo spagnolo di grandi dimensioni ha confermato che i FANS aumentano il rischio di emorragie gastrointestinali rispetto ai coxib o all’aspirina (7). Ketorolac e piroxicam sono stati associati al rischio relativo più elevato: RR=8 con ketoralac (IC 95%, 3,4-18,5) e 7,2 con piroxicam (IC 95%, 4,8-10,7). Il rischio da diclofenac e da ibuprofene è risultato da 4 a 5 volte più basso. Il rischio correlato al rofecoxib è risultato di 2,1 (1,1-4), simile a quello del FANS più sicuro. L’uso di celecoxib, paracetamolo o di un FANS associato ad un inibitore di pompa protonica non ha determinato un sostanziale aumento del rischio. Il vantaggio dei coxib, comunque, viene perso nei pazienti che assumono contemporaneamente aspirina a basse dosi come cardioprotezione (15% della popolazione in studio). Dosi analgesiche di aspirina sono state correlate ad un potenziale gastrolesivo sovrapponibile a quello rilevato con le dosi più basse. Che l’aspirina sia responsabile di almeno un terzo delle morti conseguenti alle EGS correlate all’uso di antinfiammatori non steroidei è stato confermato dallo studio di Lanas e coll. (1). Un ampio RCT quale il MEDAL (8), che comprendeva studi sia finalizzati alla valutazione del rischio Gastrointestinale che uno studio finalizzato alla valutazione cardiovascolare, ha dimostrato che i tassi degli eventi a carico del tratto gastrointestinale superiore (perforazione, sanguinamento, ostruzione, ulcera) erano significativamente minori con etoricoxib che con diclofenac (0.67 vs 0.97 per 100 paziente-anni; hazard ratio 0.69 (0.57–0.83), ma i tassi degli eventi gastrointestinali superiori complicati sono stati simili tra etoricoxib (0.30) e diclofenac (0.32), anche se devono essere considerati i dati relativi all'uso dei PPI nei due bracci. Tuttavia altre evidenze hanno messo in dubbio la reale superiorità dei coxib rispetto ai FANS nel ridurre le complicanze gastro-intestinali gravi (9). Siamo dunque di fronte a questa apparente incoerenza: vengono introdotti in terapia presidi, come i coxib, per cui la preponderanza dei dati indica una superiore tollerabilità gastrointestinale rispetto ai FANS, l’eradicazione dell’Helicobacter è stata nel mondo occidentale spesso già ottenuta, sono disponibili farmaci, come i PPI, efficaci nel ridurre il rischio gastrolesivo da antinfiammatori e tuttavia le ulcere correlate all’uso di FANS e le loro complicanze sono costanti in un contesto di generale riduzione dell'incidenza di ulcere peptiche ed addirittura alcuni dati le segnalano in aumento. Come si spiega questa contraddizione? La prima spiegazione è l’invecchiamento della popolazione e l’aumento del ricorso agli antinfiammatori per l’incremento delle patologie articolari degenerative. Un’ulteriore spiegazione può essere dovuta al fatto che l’introduzione in terapia di presidi nominalmente meglio tollerati, come i coxib ha indotto molti medici a trattare con antinfiammatori pazienti ad alto rischio gastrointestinale. I coxib, pur se meglio tollerati sul tratto G-I rispetto ai FANS non selettivi, non sono tuttavia del tutto esenti da eventi avversi gastrointestinali, pertanto alcune indicazioni delle Autorità regolatorie quali quelle di non rimborsare le associazioni PPI e coxib può aver contribuito a questi risultati. Occorre inoltre considerare che il vantaggio dei coxib sulle lesioni distali (che peraltro sono gravate dalla stessa mortalità di quelle superiori) può estrinsecarsi in un sesto (1) circa dei pazienti con eventi avversi da antinfiammatori sul tratto gastrointestinale (sia superiore che inferiore). Ma un’ulteriore spiegazione di rilevo è che i coxib non sembrano presentare significativi vantaggi rispetto ai FANS non selettivi nei pazienti in trattamento con aspirina o con anticoagulanti (1,7,10). Pertanto la disponibilità dei coxib può aver indotto a trattare anche tali pazienti senza usare la gastroprotezione, confidando nella superiore gastrotollerabilità dei coxib. Ci sembra che ne possiamo dedurre che l’uso dei coxib, pur gravato da minori effetti gastrointestinali avversi rispetto ai FANS non selettivi, non deve indurre a trattare i pazienti ad alto rischio gastrointestinale (specialmente quelli in trattamento con ASA od in terapia con anticoagulanti) senza le dovute cautele, che sono quelle di selezionare i pazienti in cui il trattamento si renda veramente necessario, nell’usare la dose minore possibile per il minor tempo possibile, e, nei casi ad altissimo rischio, associando una terapia con PPI.
Referenze
1)Am J Gastroenterol 2005;100:1685–1693 2)Am J Gastroenterol 2005;100:1694–1695 3) Lancet 2002;359:14-22 4) Aliment. Pharmacol. Ther 2005; 21: 1411-1418 5)BMJ 2004;328:1415-1416 6) CMAJ 2006; 175: 1535-8 7) BMJ 2006; 333: 1211 8) Lancet 2006; 368: 1771-1781 9) BMJ 2005; 331:1310-1316 10) Arch Intern Med. 2005;165:189-192
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