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Disturbo da Deficit Attentivo con Iperattività
Inserito il 19 gennaio 2008 da admin. - pediatria - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L'approvazione da parte dell'AIFA di due trattamenti farmacologici per il Disturbo da Deficit Attentivo con Iperattività stimola una disamina della problematica.

DEFINIZIONE

Il Disturbo da Deficit Attentivo con Iperattività (ADHD, acronimo per l’inglese Attention Deficit Hyperactivity Disorder) e’ un disordine dello sviluppo neuropsichico del bambino e dell’adolescente, caratterizzato, secondo i criteri del Diagnostic and Statistical Manual Of Mental Disorders (DSM-III; DSM-IIIR; DSM-IV), da inattenzione e impulsività/iperattività.
Nello specifico, il DSM-IV distingue tre forme cliniche: inattentiva, iperattiva, combinata.
Nel corso dello sviluppo, lo stesso soggetto può evolvere da una categoria all’altra manifestando nelle varie fasi d’età le tre differenti dimensioni psicopatologiche in modo variabile.
Tutti questi sintomi non sono causati da deficit cognitivo (ritardo mentale), ma da difficoltà oggettive nell'autocontrollo e nella capacità di pianificazione, sono persistenti in tutti i contesti e situazioni di vita del bambino causando una limitazione significativa delle attività quotidiane.

CAUSE

CAUSE GENETICHE: Negli ultimi dieci anni numerosi studi hanno dimostrato che questi bambini presentano significative alterazioni funzionali di specifiche regioni del Sistema Nervoso Centrale, rispetto a bambini appartenenti a gruppi di controllo. In questo senso l’ADHD non viene considerato come un disturbo dell’attenzione in sé, ma come originato da un difetto evolutivo nei circuiti cerebrali che stanno alla base dell’inibizione e dell’autocontrollo, in particolare corteccia prefrontale e nuclei o gangli della base.

CAUSE NON GENETICHE: I fattori non genetici che sono stati collegati all’ADHD includono la nascita prematura, l’uso di alcool e tabacco da parte della madre, l’esposizione a elevate quantità di piombo nella prima infanzia e le lesioni cerebrali - soprattutto quelle che coinvolgono la corteccia pre-frontale. L’ambiente non sembra avere un'importanza decisiva nella genesi del disturbo di concentrazione, come per altri disturbi di condotta a base emotivoeducazionale, tuttavia l’esperienza esistenziale del bambino con Disturbo di Concentrazione, caratterizzato da “insuccessi” e frustrazioni nel campo relazionale, sociale e scolastico, potrà determinare disturbi comportamentali secondari su base psico-emotiva, che spesso accentuano e confondono gli stessi sintomi di iperattività e impulsività con cui il disturbo si presenta.
In questo senso, la patogenesi dell’intero sistema di sintomi dell’ADHD si può considerare effetto della confluenza di fattori neuro-biologici e psicosociali, mediata da un disturbo dello sviluppo cognitivo-emotivo che assume un ruolo centrale.

EPIDEMIOLOGIA

Si tratta di una delle patologie psichiatriche più frequenti a esordio in età evolutiva: le stime della prevalenza variano (1-24%) a seconda del contesto geografico e sociale, dell’età e del sesso della popolazione osservata, dei criteri diagnostici utilizzati e dall’esperienza degli operatori. La prevalenza della patologia è comunque stimabile tra il 2 e il 4% dei bambini in età scolare ed è tre volte più frequente nei maschi che nelle femmine. Il disturbo tende a persistere nell'adolescenza e nell'età adulta nel 40 % dei casi.

DIAGNOSI

La disattenzione, l'iperattività e l’impulsività sono comunemente noti come i sintomi chiave di questa sindrome. Essi devono essere presenti per almeno 6 mesi ed aver fatto la loro comparsa
prima dell'età di 7 anni.
In base ai criteri diagnostici sistematizzati nel Diagnostic and Statistical Manual Of Mental Disorders (DSM-III; DSM-IIIR; DSM-IV) e nel Diagnostic and Statistical Manual for Primary Care, Child and Adolescent Version (DSM-PC) la diagnosi di ADHD si basa sulla presenza di:
�� 6 o più dei 9 sintomi di disattenzione
oppure
�� 6 o più dei 9 sintomi di iperattivitàimpulsività.

La International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems (ICD-10) dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, invece, utilizza il termine “disturbo ipercinetico” per una diagnosi definita più restrittivamente. Essa differisce dalla classificazione del DSM-IV in quanto tutti e tre i problemi di attenzione, iperattività e impulsività devono essere contemporaneamente presenti e deve essere soddisfatto il criterio più rigoroso della loro presenza in una molteplicità di setting, mentre la presenza di un altro disturbo costituisce un criterio di esclusione.
Secondo il DSM-IV per fare diagnosi di ADHD occorre che i sintomi impediscano il funzionamento sociale del bambino e che la compromissione funzionale sia presente in almeno due diversi contesti sociali (casa, scuola, gioco, ecc.). Occorre escludere altre malattie o disturbi e occorre valutare sempre il livello cognitivo del bambino, le sue capacità di comunicare, la presenza di comorbilità (disturbi di ansia, di umore, ecc.). La diagnosi di ADHD è in ogni caso essenzialmente clinica e si basa sull’osservazione e sulla raccolta di informazioni fornite da fonti multiple e diversificate quali genitori, insegnanti, educatori. Il disturbo va sempre differenziato dalla vivacità dei bambini normali, dalle condizioni legate esclusivamente a contesti sociali svantaggiati, ad esperienze traumatiche, ad atteggiamenti educativi incongrui ed a modelli sociali o familiari fortemente caratterizzati da impulsività. Il consenso e la cooperazione dei genitori sono, d’altra parte, cruciali per la valutazione del bambino in generale, in funzione della comprensione del bambino e degli interventi psicoeducativi e terapeutici.
Per la valutazione diagnostica dell’ADHD vengono utilizzati diversi strumenti, quali test neuropsicologici, questionari per genitori ed insegnanti, scale di valutazione per misurare la severità del disturbo e seguirne l’andamento nel tempo.

STRUMENTI DIAGNOSTICI

Tra gli strumenti di valutazione utilizzati per l’iter diagnostico dell’ADHD esistono le interviste diagnostiche (come la Kiddie-Schedule for Affective Disorders and Schizophrenia-Present and Lifetime version, K- SADS-PL e la Interview for Children Symptoms, revised for DSM-IV,PICS IV) in genere semi-strutturate, che registrano informazioni sui sintomi psichiatrici e sul funzionamento sociale degli adolescenti al momento della somministrazione e raccolgono dati relativi agli anni precedenti, codificando tutti i maggiori sintomi psichiatrici dell’infanzia ed adolescenza con una valutazione sintetica del funzionamento adattivo.
Vi sono poi diverse scale di valutazione dei sintomi dell’ADHD e dei sintomi dei disturbi dirompenti del comportamento, quali l’ADHD Rating Scale e la SNAP–IV (Swanson, Noland, and Pelham) e questionari somministrati a genitori e insegnanti, come la Conner’s Rating Scale o la CBCL, che permettono di rilevare importanti informazioni sul comportamento sociale, accademico ed emotivo dei bambini di età compresa tra i 3 e 17 anni. Consentono non solo di misurare gli aspetti dimensionali, valutando Oppositività, Problemi cognitivi, Iperattivita’, Ansieta’-timidezza, Perfezionismo, Problemi di socializzazione, Problemi di natura psicosomatica, ma anche di definire una diagnosi categoriale di alcuni disturbi dirompenti del comportamento, ed in particolare il Disturbo da deficit attentivo con iperattività. Di tali qestionari è in corso la validazione italiana.
E’ necessario poi verificare il livello cognitivo del paziente attraverso altre scale, tra cui la Scala di Intelligenza Wechsler per bambini Riveduta (WISC-R, OS, Firenze, 1994), che consente oltre di valutare il livello cognitivo complessivo del bambino, anche di raccogliere numerose informazioni utili sul funzionamento cognitivo del soggetto.
Uno dei più frequenti motivi d’invio dei bambini con ADHD alle strutture sanitarie è costituito dalle difficoltà scolastiche: è pertanto necessario eseguire sui bambini in età scolare una rapida prova di screening delle abilità di lettura e comprensione del testo e alcune semplici prove di calcolo aritmetico, integrate, nei casi dubbi, dalle prove per la valutazione della dislessia.
Bambini ed adolescenti sono gli informatori migliori per i propri sintomi internalizzanti, più attendibili di genitori ed insegnanti. Le informazioni dirette devono essere integrate dalla compilazione della Scala di Auto-Valutazione dell’ansia per Bambini (Multidimensional Anxiety Scale for Children [MASC]; March, 1997; 39 items) e dal Questionario per la Depressione nei Bambini (Children Depression Inventory, [CDI], Kovacs 1992; 27 items).

TERAPIE

I soggetti affetti da ADHD possono essere sottoposti a terapie:
�� psico-comportamentali
�� farmacologiche ( metilfenidato)
�� combinate (Psico-comportamentali+farmacologiche).

La terapia psico-comportamentale

Include un ciclo di incontri di Parent Training (svolto in gruppo o singolarmente in base alle caratteristiche dei genitori) e la consulenza sistematica agli insegnanti. Il Parent Training è composto da sedute semi-strutturate (in genere almeno 10) che includono una serie di informazioni sull’ADHD e altre attività formative relative alla comprensione del problema e l’applicazione di strategie comportamentali. La consulenza sistematica agli insegnanti include 4 incontri in cui osservare e comprendere le caratteristiche del bambino per diventare capaci di modulare le richieste degli insegnanti e ridurre i comportamenti disfunzionali del bambino con ADHD.

Il Parent Training

La necessità di operare in modo attento e sistematico con i genitori nasce da almeno quattro considerazioni:
1) la famiglia è una risorsa importante per cercare di favorire i comportamenti positivi del bambino, soprattutto nell’età prescolare;
2) il lavoro con il bambino a volte non è sufficiente per osservare l’apprendimento di adeguati comportamenti a casa e a scuola;
3) l’istinto materno e paterno, ovvero la disponibilità dei genitori ad affrontare le problematiche sollevate dal figlio con ADHD, non sono sufficienti a modificare i comportamenti iperattivi e/o la
disattenzione;
4) la frequente presenza di relazioni disfunzionali dei membri della famiglia con il bambino ne aggravano il suo profilo psicologico.
I parent training sono piuttosto mirati e tendono a distinguere le problematiche coniugali dagli aspetti relativi all’educazione dei figli. Gli incontri servono a preparare i genitori al cambiamento e hanno l’obiettivo di rendere espliciti i pensieri e i comportamenti dei genitori nei confronti del figlio.

L’intervento a scuola

Il coinvolgimento degli insegnanti fa parte integrante ed essenziale di un percorso terapeutico per il trattamento del bambino con ADHD. La procedura di consulenza sistematica, prevede incontri regolari durante tutto l’anno scolastico, con una frequenza quindicinale per i primi tre mesi e mensile nel periodo successivo. A questi incontri sarebbe auspicabile partecipasse l’intero team di insegnanti, per quanto riguarda le scuole elementari e i docenti col maggior numero di ore settimanali, nel caso delle scuole medie inferiori.
La consulenza sistematica agli insegnanti deve avere diversi obiettivi: primo fra tutti informare sulle caratteristiche del ADHD e sul trattamento che viene proposto e fornire strumenti di valutazione (questionari e tabelle di osservazione) per completare i dati diagnostici; migliorare la relazione con l’alunno e strutturare l’ambiente classe in base ai suoi bisogni e alle sue caratteristiche; spiegare come utilizzare specifiche procedure di modificazione del comportamento
Solamente l’ausilio di una serie di informazioni dettagliate sulle caratteristiche del disturbo consente all’insegnante di assumere un atteggiamento più costruttivo nel rapporto con il bambino. L’apprendimento di queste procedure richiede uno stretto contatto con lo psicologo o il pedagogista ed una frequente supervisione.
E’ importante sottolineare che ogni terapia va adattata al bambino. Il clinico deve tenere in considerazione diversi fattori che determinano una certa scelta terapeutica, tra cui la comorbidità del bambino, la situazione familiare (in particolare il livello socio-economico e il vissuto dei genitori stessi), la collaborazione con la scuola, la possibilità per i genitori di recarsi frequentemente presso il servizio di riferimento.

La terapia farmacologica

Il farmaco di scelta è il metilfenidato somministrato in base al peso corporeo, mediamente 0,3- 0,6 mg/kg/dose in due – tre dosi die. Il metilfenidato, appartiene alla classe degli psicostimolanti, e risulta uno dei farmaci attivi sul Sistema Nervoso Centrale maggiormente studiati ed utilizzati in età evolutiva. Tutti gli psicostimolanti inibiscono la ricattura (reuptake) sinaptica delle monoamine bloccando il trasportatore presinaptico; alcuni ne stimolano anche il rilascio dalle terminazioni sinaptiche.
L’assorbimento gastrointestinale metilfenidato, è rapido e pressoché completo. La somministrazione orale di metilfenidato induce un picco plasmatico dopo una-due ore con emivita di eliminazione di 3-6 ore: il farmaco inizia a mostrare la sua attività clinica dopo circa mezz’ora dalla somministrazione orale, raggiunge il picco di attività dopo un’ora, per una durata terapeutica dura circa 2-5 ore. Il metilfenidato viene quindi solitamente somministrato 2-3 volte al giorno. Esiste peraltro un a notevole variabilità di risposta clinica tra i singoli individui e l’efficacia non appare correlata con i livelli plasmatici del farmaco.
Una metanalisi dei dati di letteratura a tutt’oggi disponibili, indica che, indipendentemente dall’eventuale sensibilizzazione al metilfenidato, l’esposizione precoce al trattamento farmacologico di bambini con ADHD, piuttosto che favorire, previene l’abuso di sostanze psicotrope in adolescenza o in giovane età adulta (Odd Ratio 1.9; Wilens et al. 2003). Possibili meccanismi di tale effetto protettivo includono: riduzione dei sintomi dell’ADHD, sopratutto dell’impulsività, miglioramento del rendimento scolastico e delle relazioni con coetanei e adulti di riferimento, possibile riduzione della evoluzione verso il disturbo di condotta e successivamente verso il disturbo antisociale di personalità (Taylor et al. 2004).

Altre terapie farmacologiche

Gli antidepressivi triciclici, gli SSRIs, gli antipsicotici, i neurolettici, le benzodiazepine e altri farmaci ad azione sul SNC vengono talora utilizzati nella terapia farmacologica di soggetti affetti da ADHD. In genere si tratta di casi di comorbilità in cui è necessario associare agli psicostimolanti, farmaci elettivi per l’ADHD, altre sostanze specifiche per le patologie associate all’ADHD.

Terapie combinate

I migliori risultati nella terapia dell’ADHD si ottengono con la terapia combinata (psicocomportamentale e farmacologica). Quindi, qualora la sola terapia psico-comportamentale non fosse sufficiente per il trattamento della sindrome, andrebbe attuata la terapia combinata, farmacologica e non farmacologica.

Altri farmaci utilizzati per il trattamento dell’ADHD

Gli psicostimolanti sono considerati la terapia più efficace per l'ADHD e il metilfenidato è il farmaco di cui, fino ad oggi, è stata raccolta la maggiore esperienza. Gli psicostimolanti agiscono sui trasportatori per le monoamine: il metilfenidato modula soprattutto la quantità di dopamina, e di noradrenalina, presente nello spazio intersinaptico. Potenzia una trasmissione dopaminergica deficitaria e attenua uno stato di iperattività dopaminergica. È in grado di migliorare l'inibizione delle risposte, la memoria di lavoro e i processi di discriminazione degli stimoli.

METILFENIDATO

Miscela di sali di amfetamina
ADDERALL SHIRE FARMA USA, Canada Utilizzato negli anni 20 come anoressizzante con il nome commerciale di Obetrol, fu approvato dalla FDA per il trattamento dell’ADHD nel marzo 1996.

Parallelamente alla disfunzione dei sistemi dopaminergici, numerose evidenze indicano che anche una disregolazione del sistema noradrenergico possa avere un ruolo importante nella fisiopatologia dell’ADHD.
Numerosi farmaci sono in grado di modulare la funzione noradrenergica:
�� Triciclici antidepressivi (desimipramina e nortriptilina);
�� Agonisti alfa-2 adrenergici (clonidina e guenfacina);
�� Agonisti indiretti (bupropion);
�� Bloccanti selettivi del reuptake della noradrenalina (atomoxetina).

TRICICLICI ANTIDEPRESSIVI

Desimipramina Nortriptilina

Caratterizzati dalla presenza di un’ammina secondaria sono in grado di bloccare, sebbene in maniera non selettiva, la ricattura (reuptake) della noradrenalina da parte della terminazione sinaptica. Tali effetti terapeutici dei triciclici antidepressivi sono però attenuati dal rischio di cardio-tossicità di questi farmaci. Sebbene il nesso causale con l’assunzione di questi farmaci sia tuttora incerto e la frequenza di eventi riportati indichi un’incidenza simile al rischio basale di morte improvvisa per tale fascia di età, un atteggiamento prudenziale suggerisce di utilizzare tali farmaci solo dopo aver attentamente valutato il rapporto rischi/ benefici attesi, rendendo tali farmaci utilizzabili solo in situazioni particolari, in cui gli psicostimolanti sono controindicati (tics, idee ossessive, rischio di uso incongruo) o provocano gli effetti collaterali prima descritti.
Sono attualmente in avanzata fase di sperimentazione clinica nuovi farmaci che, bloccando in maniera altamente selettiva la ricattura della noradrenalina, sembrano essere più specifici per l'ADHD.

AGONISTI ALFA-2 ADRENERGICI

Clonidina Guanfacina

La Clonidina, farmaco capace di modulare la trasmissione noradrenergica viene frequentemente utilizzata nella terapia dell’ADHD. Gli effetti terapeutici della clonidina appaiono limitati all’iperattività con scarsi effetti cognitivi; il suo uso e’ limitato anche dalla breve emivita e soprattutto dalla comparsa di tolleranza dopo pochi mesi.
La guanfacina e’ un analogo della clonidina con più lunga emivita e minore effetto sedativo

BLOCCANTI SELETTIVI DEL REUPTAKE DELLA NORADRENALINA

Atomoxetina STRATTERA

L’Atomoxetina è un inibitore selettivo del reuptake della noradrenalina per la terapia dell'ADHD nei bambini al di sopra dei 6 anni di età, adolescenti e adulti. Non è noto come il farmaco riduca sintomi nel deficit di attenzione ed iperattività, tuttavia si ritiene che la noradrenalina svolga un importante ruolo nel regolare l'attenzione, l'impulsività ed i livelli di attività. L'Atomoxetina è stata dapprima introdotta sul mercato negli USA nel novembre del 2002 e poi successivamente nel Regno Unito nel maggio del 2004. Ad oggi non vi sono chiare evidenze circa l'efficacia a lungo termine e all'effettiva necessità di un trattamento protratto oltre i 3-6 mesi.I più comuni effetti indesiderati riscontrati nei bambini e negli adolescenti nel corso del trattamento con Atomoxetina sono: riduzione dell'appetito, nausea, vomito, capogiri, affaticabilità, cambiamenti d'umore.

Fonte: AIFA : Schede di approfondimento su Sindrome ADHD, Metilfenidato e Registro nazionale
http://www.agenziafarmaco.it/aifa/servlet/wscs_render_attachment_by_id/111.96010.1173360806139.pdf?id=111.96016.1173360807178

Referenze

1) Protocollo diagnostico e terapeutico della sindrome da iperattività e deficit di attenzione per il registro nazionale del metilfenidato” Agenzia Italiana del Farmaco-Istituto Superiore di Sanità
2) linee guida SINPIA “ADHD: Diagnosi & terapia farmacologica” concordate dalla Consensus Conference di Cagliari del marzo 2003
3) Il registro italiano del metilfenidato per i soggetti affetti da sindrome da iperattività e deficit di attenzione” Istituto Superiore di Sanità
4) Protocollo ADHD-ISS – Registro Italiano del metilfenidato. Consenso informato
5) Conferenza nazionale di consenso: Indicazioni e strategie terapeutiche per i bambini e gli adolescenti con disturbo da deficit attentivo e iperattività”, Cagliari 6-7 marzo 2003, Prof Alessandro Zuddas, Centro per lo studio delle terapie farmacologiche in neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, Università di Cagliar; Dott.Maurizio Bonati, Laboratorio per la salute materno-infantile Istituto Mario Negri.
(http://www.iss.it/adhd/fasq/cont.php?id=143&lang=1&tipo=5)

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