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Pillole di EBM - Capitolo 12 |
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Inserito il 07 aprile 2007 da admin. - scienze_varie - segnala a:
In questo capitolo verranno trattati gli end-point composti.
I ricercatori spesso non usano end-point singoli ( per esempio il numero di decessi totali oppure il numero di infarti non fatali, ecc.) ma degli end-point composti (o combinati). Di cosa si tratta? Un end-point composto è formato dalla somma di una serie più o meno numerosa di end-point singoli: in pratica è una specie di mega-evento costituito da vari eventi singoli. Un end-point composto per esempio può mettere insieme il numero di decessi totali, di stroke, di infarti non fatali e di interventi di rivascolarizzazione coronarica. Perchè si usano gli end-point composti? Una prima ragione è che in questo modo si migliora la potenza statistica dello studio: per valutare un singolo evento bisognerebbe reclutare un numero molto elevato di pazienti, aumentando il numero di eventi con l'escamotage dell'end-point composto si possono reclutare meno soggetti. Inoltre l'end-point composto permette di solito un follow-up più breve. Ancora: l'end-point composto consente di evidenziare differenze statistiche che non sarebbero state rilevate valutando un end-point singolo. Tuttavia questa metodologia può creare problemi interpretativi. E' quindi necessario che gli autori che costruiscono l'end-point composto agiscano secondo canoni ben stabiliti. Per prima cosa i singoli componenti dell'end-point composto devono essere importanti dal punto di vista clinico. Per esempio un end-point composto che contenga i decessi da ogni causa + gli stroke + gli infarti del miocardio contiene tutti eventi clinicamente rilevanti. Invece un end-point composto che contenga infarto + riduzione della PCR + riduzione del fibrinogeno contiene da una parte un evento importante come l'infarto ma dall'altra due end-point surrogati di scarsa importanza ai fini clinici. In secondo luogo l'end-point composto deve essere stabilito prima di iniziare lo studio e non essere cambiato in itinere o a posteriori. Così in uno studio sugli antipertensivi si decide di valutare un end-point composto da infarto + stroke ma durante lo svolgimento del trial gli autori pensano di aggiungere anche i ricoveri per scompenso cardiaco: questo modo di "cambiare le carte in tavola" può creare problemi di interpretazione dei risultati. Un altro punto importante è che, oltre a riportare i dati complessivi dell'end-point composto, si devono specificare anche i risultati dei singoli end-point, in modo da poter valutare l'effetto del trattamento su di essi. Questo è essenziale perchè se si trova una riduzione dell'end-point combinato ed una contemporanea riduzione degli end-point singoli che lo compongono il risultato è attendibile, se invece non vi è corrispondenza tra l'end-point composto e i singoli elementi può essere più difficile interpretare correttamente i risultati. In altri termini se i vari elementi di un end-point composto hanno un comportamento simile, cioè vanno tutti nella stessa direzione, questo significa che la loro scelta è stata probabilmente corretta ed è a favore del risultato trovato. Per esempio in uno studio l'end-point composto da infarto + angina risulta ridotto e parimenti risultano ridotti sia gli infarti sia gli episodi di angina: questo è attendibile. Se invece in uno studio si predispone un end-point composto da infarto miocardico non fatale + stroke + ricoveri per scompenso + interventi di by-pass coronarico e al termine del follow-up si trova che l'end-point composto è risultato ridotto ma solo grazie ad una riduzione cospicua degli interventi di rivascolarizzazione coronarica mentre gli altri end-point singoli non risultano ridotti o addirittura sono aumentati è lecito chiedersi quanto importante sia il risultato, tanto più se si considera che la decisione se sottoporsi o meno ad un intervento di rivascolarizzazione spesso dipende dalle scelte del medico (o anche del paziente), quindi è per certi versi soggettiva. Vediamo un altro esempio di end-point composto di non semplice interpretazione: viene sperimentato contro placebo un farmaco antitrombotico che dovrebbe ridurre il rischio di tromboembolismo venoso dopo intervento di artroprotesi dell'anca. Si decide di valutare un end-point composto da trombosi venosa sintomatica + trombosi venosa asintomatica riscontrata con una flebografia praticata a tutti i pazienti arruolati nello studio da 10 a 15 giorni dopo l'intervento. L'end-point composto risulta ridotto in maniera statisticamente significativa ma andando ad esaminare i due singoli end-point si vede che non c'è nessuna riduzione delle trombosi venose clinicamente sintomatiche mentre vi è una riduzione significativa di quelle asintomatiche diagnosticate grazie all'esame strumentale. Ora, è noto che dopo un intervento di artroprotesi all'anca le trombosi venose asintomatiche possono essere frequenti ma, pur non negando che possa essere utile ridurre anche questo tipo di evento, è evidente che lo scopo principale del trattamento è quello di ridurre gli episodi clinicamente sintomatici. Un esempio reale ci viene da uno studio di prevenzione primaria in cui venne somministrata aspirina oppure placebo a donne sane. L'end-point primario era composto da mortalità cardiovascolare + infarto miocardico + stroke. Alla fine dello studio l' outcome primario composto non risultò ridotto nel gruppo trattato rispetto al placebo; analizzando i singoli elementi dell'end-point composto si notò che mentre non risultavano ridotti nè la mortalità cardiovascolare nè l'infarto si aveva una riduzione dello stroke. Gli autori nelle loro conclusioni diedero una importanza eccessiva a questo risultato passando un pò sotto silenzio che in realtà lo studio aveva dato esito negativo per l'end-point primario composto, cioè quello su cui dovrebbe essere giudicato il trial. La riduzione dello stroke potrebbe essere reale oppure un semplice capriccio del caso visto che non è in linea rispetto agli altri due sottoelementi e all'end-point composto nel suo complesso. Il risultato quindi avrebbe dovuto essere interpretato con maggior cautela. In alcuni casi l'uso di determinati end-point composti crea addirittura dei paradossi, come l'esempio che segue dimostra. Supponiamo di avere un nuovo farmaco contro l'osteoporosi e vogliamo dimostrare che funziona meglio di quelli classici usati finora. Decidiamo di valutare un end-point composto da fratture + aumento della densità ossea (BMD) misurata tramite densitometria. Alla fine dello studio il nuovo farmaco dimostra di ridurre l'end-point composto, ma andando a vedere i singoli end-point notiamo che la significatività viene raggiunta grazie all'end-point surrogato (miglioramento della BMD) mentre il numero di fratture risulta addirittura più alto nel gruppo trattato che nel gruppo di controllo. In questo caso il ricorso ad un end-point combinato permette all'outcome surrogato di "nascondere" un esito peggiore in quello che più ci interessa, cioè ridurre il rischio di fratture. Un altro esempio, volutamente provocatorio, chiarirà ancora di più le idee: in uno studio su pazienti nefropatici si vuol valutare se un trattamento riduce un end-point composto da raddoppiamento della microalbuminuria + aumento del 50% dei valori di creatinina + comparsa di uremia terminale definita come necessità di ricorrere alla dialisi + decessi totali. L'end-point composto risulta ridotto ma se si guardano i singoli end-point si vede che a determinarlo sono solo i primi due mentre la comparsa di uremia terminale non si è ridotta e addirittura la mortalità totale risulta aumentata. Che valore dare alla riduzione dell'end-point composto? Altra confusione viene generata quando i componenti singoli molto simili hanno comportamenti tra loro conflittuali: per esempio in un end-point composto da ictus fatale e non fatale si ha una riduzione dell'ictus non fatale e per contro un aumento di quello fatale. In questo caso anche se l'end-point composto dovesse essere ridotto come si deve valutare questo risultato? Esaminare nel dettaglio questioni così complesse è compito di studiosi precipuamente esperti in "critical appraisal" ed è evidente che i medici pratici non possono avere nè le competenze nè il tempo per fare questo tipo di analisi. Purtroppo anche negli editoriali e nei commenti agli studi pubblicati dalle riviste più prestigiose non sempre si presta la dovuta attenzione a queste problematiche. Nè si può sempre fare affidamento sugli autori degli studi che di solito sono più interessati a presentare gli aspetti positivi del loro lavoro che le criticità presenti. Qualcuno è arrivato ad affermare di non leggere più gli studi in cui ci sono end-point composti. Senza giungere a decisioni così drastiche si può comunque consigliare di valutare con estrema cautela i risultati di un end-point composto, specialmente se questo contiene anche esiti surrogati oppure se i risultati dei componenti tra loro o quelli di un componente rispetto all'end-point composto in toto sono tra loro discordanti o ancora se gli autori non forniscono i dati relativi ai singoli componenti, rendendo in tal modo impossibile un'analisi separata. E' interessante un'analisi di 114 RCT cardiovascolari pubblicata dal BMJ [1] da cui risulta che l'uso di end-point composti è praticamente la regola in questo tipo di trials. Tuttavia in un terzo circa degli studi gli autori non riportano gli effetti del trattamento per i singoli end-point. Inoltre troppo spesso vengono mescolati, insieme ad end-point clinicamente importanti (come per esempio i decessi, gli infarti, gli stroke), anche end-point meno importanti dal punto di vista clinico (per esempio ricoveri per scompenso o per angina che tra l'altro possono essere influenzati dal comportamento dei medici o dei pazienti). In molti studi questi end-point di minor importanza sono gli unici ad essere ridotti mentre non lo sono quelli che maggiormente contano per i pazienti. Questo può portare il lettore ad interpretare in maniera sbagliata lo studio e ad attribuire al trattamento un'efficacia eccessiva estendendo i benefici visti per gli end-point meno importanti anche a quelli più importanti. Gli autori invitano quindi i medici a leggere con molta cautela gli studi ove sono previsti end-point composti e a valutare bene i risultati ottenuti su ogni singolo sotto-elemento.
Renato Rossi
Bibliografia 1. Ferreira-Gonzalez J et al. Problems with use of composite end points in cardiovascular trials: systematic review of randomised controlled trials. BMJ 2007 Apr 14; 334:786
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