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Sono utili i corsi ECM per i medici?
Inserito il 31 ottobre 2007 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Oltre alle problematiche correlate ai con flitti di interesse, solo il 6% dei corsi ECM statunitensi comporta dei miglioramenti negli esiti dell’assistenza, mentre il 28% è utile a migliorare la pratica clinica dei medici, mentre il restante 66% serve ad ampliare le conoscenze dei medici senza tuttavia avere efficacia sulla loro pratica clinica.


Sono utili i corsi ECM per i medici?
Ogni anno gli operatori sanitari investono parte del loro tempo in corsi di Educazione Continua in Medicina (ECM) per ottenere i crediti obbligatori per la loro professione.
Attorno all’ECM ci stanno Società di servizi che offrono pacchetti informativi come corsi, convegni, simposi ecc. Un milione di dollari sono il giro di affari, negli Stati Uniti (i dati sono del 1999), dei corsi formativi e per un quarto di queste società il 90% dei clienti sono le ditte farmaceutiche.
"L'educazione continua in medicina, fatta in questo modo, può rivelarsi un'attività particolarmente lucrativa, il cui cliente principale è l'industria farmaceutica" sottolineava un editoriale non firmato di Lancet del settembre 2000. “E’ preoccupante" continuava l'editoriale "che una quota così consistente dell'educazione medica continua passi attraverso il filtro dell'industria del farmaco. Per assicurare l'integrità, e l'apparenza di integrità, del processo educativo in medicina, i medici dovrebbero decidersi a farsi carico dei costi, come sono tenuti a fare molti altri professionisti".
Come dire che dietro all’ECM le ditte farmaceutiche sponsorizzazno i farmaci.
Arnold Relman del Dipartimento di medicina dell’Harvard Medical School di Boston nella sezione Controversies di JAMA dal titolo “Separare l’educazione medica continua dal marketing farmaceutico sottolineava”: "L’industria farmaceutica si è spinta troppo in là: nella ECM sta assumendo un ruolo inappropriato per un’industria il cui interesse dichiarato è quello di vendere farmaci". Il punto è chiaro: non è pensabile che ad aggiornare coloro che prescrivono i farmaci siano quelli che i farmaci li vendono.

In un articolo apparso sulla rivista Journal of Continuing Education in the Health Professions (JCEHP) sono state analizzate le principali metodologie di valutazione dei corsi ECM, ed è stata valutata la loro reale efficacia sulle conoscenze dei medici e sugli outcome dei pazienti. I risultati mostrano che soltanto il 6% dei corsi ECM comporta dei miglioramenti negli esiti dell’assistenza, mentre il 28% di questi è utile a migliorare la pratica clinica dei medici. Ciò significa che il restante 66% serve soltanto ad ampliare le conoscenze dei medici senza tuttavia avere nessuna efficacia sulla loro pratica clinica.

Secondo gli autori, l’inefficacia dei progetti ECM sarebbe da attribuire alle diverse metodologie utilizzate per valutare tali corsi e per attribuire loro dei crediti formativi. Spesso infatti viene trascurata quella che è l’influenza dell’Educazione Continua in Medicina sulla salute dei pazienti e la valutazione dei corsi si basa su semplici questionari compilati dai medici stessi. E’ necessario quindi, concludono gli autori, uno strumento di valutazione standard per i corsi ECM che valuti la loro reale efficacia sulla pratica clinica dei medici. Un metodo unico, affidabile e che tenga conto della salute del paziente.

Clementino Stefanetti

Bibliografia

Tian J, Atkinson NL, Portnoy B, Gold RS. A Systematic Review of Evaluation in Formal Continuing Medical Education. Journal of Continuing Education in the Health Profession. 2007; 27: 16–27. http://www.jcehp.com/vol27/2701_tian.asp
Maliheh Mansouri, Jocelyn Lockyer. Meta-Analysis of Continuing Medical Education Effectiveness. Journal of Continuing Education in the Health Profession, 2007; 27: 6–15. http://www.jcehp.com/vol27/2701_mansouri.asp
Davis D. Impact of formal continuing medical education: do conferences, workshops, rounds, and other traditional continuing education activities change physician behavior or health care outcomes? JAMA. 1999 Sep 1;282(9):867-74.
Relman AS. Separating continuing medical education from pharmaceutical marketing. JAMA. 2001 Apr 18;285(15):2009-12. http://jama.ama-assn.org/cgi/reprint/285/15/2009.pdf
Drug-company influence on medical education in USA. Lancet. 2000 Sep 2;356(9232):781. http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140673600026453/fulltext
Documento FISM sul “Conflitto d’Interessi” in ECM. http://www.fism.it/websites/fism/staging/home.nsf/wAll/IDCW-5YPGVA/$file/Revisione Conflitto Interessi 9-6-2004.doc



Commento di Luca Puccetti

La pratica dell’arte medica è solo l’esercizio di un mestiere, non serve solo a migliorare gli standard di cura per i pazienti, ma serve anche migliorare i medici come uomini e come intellettuali mediante la consapevolezza del divenire dell’uomo e della medicina e l’affinamento delle tecniche di apprendimento e di relazione con i sani, i malati ed i colleghi. La concezione mercantile della professione che vede nel fine ultimo dell’erogazione del servizio l’esistenza stessa dell’arte medica è qualcosa che fa parte della mentalità utilitaristica statunitense. La pratica della medicina non è non solo un qualunque mestiere, ma è anche un modo per arrivare a conoscere l’uomo in momenti assolutamente unici, come quello della nascita, dello sviluppo, del dolore, della preoccupazione, delle fasi terminali della vita. Pertanto non esiste alcun connotato negativo nel fatto che la formazione migliori le conoscenze senza tradursi in miglioramenti delle cure. E’ questione di end points intangibili e di tempi di riverbero più lunghi che evidentemente gli Autori citati nella recensione non sono in grado di intravedere. Ma anche a non voler valutare questi aspetti un 34% di ricadute positive sembra un risultato straordinario anche sotto il profilo del mero miglioramento assistenziale.
Veniamo adesso al più problematico aspetto del conflitto di interesse tra finanziatori e fruitori.
I medici sono pagati pochissimo per il valore sociale delle prestazioni che rendono, dunque niente di male ad ottenere benefits spalmati socialmente con costi in parte improduttivi pagati dalla collettività che tuttavia concorrono a far vivere un mercato competitivo che incentiva a creare nuove opportunità di cura.
La formazione medica passa attraverso dei finanziatori che hanno interessi, ma questo fa parte delle regole del gioco. Che piaccia o no il mercato farmaceutico è appunto un mercato che ha le sue regole di marketing. I clienti delle ditte farmaceutiche sono i medici e non i pazienti, e meno male che non esiste in Europa la possibilità della pubblicità diretta.
Il problema risiede nelle regole. La formazione devono farla le società scientifiche e non le agenzie di viaggi o le software houses ed il conflitto di interesse non è eliminabile, ma deve essere esplicitato a meno di non disporre di fondi pubblici ad hoc gestiti in modo trasparente e meritocratico e questo è davvero utopistico. Non deve poi essere sottovalutato il giro economico che gira con la formazione.

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