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Ridurre l'introito di sale abbassa il rischio cardiovascolare? |
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Inserito il 07 marzo 2008 da admin. - cardiovascolare - segnala a:
La riduzione dell'apporto alimentare di sale potrebbe portare, nel lungo periodo, ad una riduzione degli eventi cardiovascolari.
Negli studi TOHP I (744 soggetti) e II (2382 soggetti) si riscontrò che la riduzione dell'introito di sodio portava ad una piccola ma significativa riduzione della pressione arteriosa negli adulti (età 30-54 anni) sia normopeso che sovrappeso con pressione normale-alta. La riduzione della quantità di sodio introdotto con la dieta era di circa il 25-30%. I pazienti nel braccio intervento avevano ricevuto istruzioni su come identificare il sodio negli alimenti, monitorare l'assuzione di sodio e scegliere o preparare piatti con poco sale. A 18 mesi nel TOHP I l'escrezione di sodio rispetto al baseline era ridotta di 44 mmol/die e nel TOPH II, dopo 36-48 mesi, di 33 mmol/die. in entrambi gli studi la pressione sia sistolica che diastolica si ridusse di poco meno di 2 mmHg. Dopo la fine dei due studi i pazienti sono stati seguiti per altri 10-15 anni (fase osservazionale) al fine di valutare gli eventi cardiovascolari. Si è trovato che nei soggetti inizialmente randomizzati ad una riduzione dell'apporto di sodio il rischio di eventi cardiovascolari (infarto, stroke, rivascolarizzazione o morte cardiovascolare) risultava ridotto del 25% . Dopo aver corretto i dati per vari fattori di confondimento (escrezione basale di sodio, peso, età, razza, sesso, ecc.) la riduzione degli eventi cardiovascolari diventava del 30%. Si osservò anche una riduzione della mortalità totale, non significativa dal punto di vista statistico. In particolare si ebbero eventi cardiovascolari nel 7,5% del gruppo intervento e nel 9,0% del gruppo controllo (HR 0,75; IC95% 0,57-0,99). Tuttavia scomponendo i dati per i due studi, la riduzione era significativa per il TOHP I ( 7,4% vs 10,3%; HR 0,48; IC95% 0,25-0,92) ma non per il TOHP II (7,6% vs 8,6%; HR 0,79; IC95% 0,57-1,09).
Fonte:
Cook RN et al. Long term effects of dietary sodium reduction on cardiovascular disease outcomes: observational follow-up of the trials of hypertension prevention (TOHP). BMJ 2007 Apr 28; 334:885
Commento di Renato Rossi
Ad una prima analisi questo lungo follow-up osservazionale degli studi TOHP sembra dimostrare che la riduzione del sale nella dieta non solo porta ad abbassare i valori pressori (peraltro in maniera esigua) ma, quello che più conta, riesce ad ottenere anche una riduzione degli eventi cardiovascolari. Tuttavia vi sono alcuni punti che minano queste conclusioni. Per esempio il fatto che gli autori, durante il follow-up osservazionale, non hanno potuto ottenere la misurazione diretta della pressione, del peso e che i dati sugli outcomes derivano solo da un questionario compilato dai pazienti. Inoltre se è vero che nel complesso della casistica i pazienti del gruppo intervento mostravano una riduzione degli eventi cardiovascolari del 25% la significatività statistica è presente solo per lo studio TOHP I (che aveva una casistica meno numerosa) e non per il TOHP II. Una spiegazione potrebbe essere che i due studi avevano arruolato pazienti con rischio basale diverso, com'è dimostrato dal fatto che nel gruppo controllo gli eventi cardiovascolari erano il 10,3% nel TOHP I e l'8,6% nel TOHP II. Il che potrebbe significare che la riduzione del sale nella dieta porta a benefici più evidenti se il paziente ha un rischio cardiovascolare più elevato. Il limite principale dello studio però è che, mentre lo stato vitale si è potuto ottenere per tutti i partecipanti, informazioni complete sugli event cardiovascolari si ebbero solo dal 77% dei pazienti inizialmente arruolati. In pratica, pur ammettendo che i soggetti reclutati nei due bracci avessero continuato ad assumere la stessa quantità di sodio anche nel periodo osservazionale, una perdita al follow-up del 23% della casistica rende necessario usare molta cautela nella interpretazione dei risultati finali (se non li rende addirittura inattendibili, almeno secondo alcuni esperti di metodologia degli studi clinici). Queste obiezioni non significano ovviamente che una dieta a ridotto contenuto di sale non si debba consigliare, tenuto conto che si tratta comunque di un intervento che non dovrebbe comportare rischi particolari (la mortalità totale non differiva tra i due gruppi), anche se scontra con la difficoltà dei pazienti ad adeguare la loro dieta e il loro palato a cibi poco salati.
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