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Nuovi anticoagulanti orali: manderanno in soffitta il warfarin?
Inserito il 18 aprile 2008 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Sono in avanzata fase di studio nuovi anticoagulanti che non richiedono monitoraggio emocoagulativo, ma è troppo presto per poterne giudicare completamente la sicurezza nel lungo termine.


A Ginevra (7-13 luglio 2007), al congresso dell'International Society on Thrombosis and Hemostasis (ISTH), sono stati presentati i risultati preliminari di alcuni studi su nuovi anticoagulanti che non necessitano di un monitoraggio emocoagulativo come il warfarin e che, in futuro potrebbero, soppiantarlo nell'uso routinario per la prevenzione del tromboembolismo venoso e dello stroke nei soggetti con fibrillazione atriale.
Il primo di questi nuovi composti si chiama rivaroxaban ed è un inibitore del fattore Xa. Nello studio RECORD 3 sono stati arruolati 2.531 pazienti sottoposti ad artroprotesi del ginocchio, randomizzati a rivaroxaban (10 mg/die per os) oppure enoxaparina (40 mg/die per via sc), per 10-14 giorni. L'end-point primario dello studio era composto da trombosi venosa profonda (diagnosticata tramite venografia), embolia polmonare non fatale e mortalità totale. Questo end-point si verificò nel 9,6% del gruppo rivaroxaban e nel 18,9% del gruppo enoxaparina ( P < 0,001). Anche l'end-point secondario (trombosi venosa profonda prossimale, embolia polmonare non fatale e mortalità da tromboembolismo venoso) venne ridotto: 1,0% vs 2,6% (P < 0,01). Non ci furono differenze per gli eventi emorragici tra i due gruppi, così come per l'aumento degli enzimi epatici. Sono in corso ulteriori studi che stanno testando il rivaroxaban, oltre che nella prevenzione del tromboembolismo venoso, nella fibrillazione atriale.
Il dabigatran è un inibitore del fattore IIa ed è stato testato in due studi, il RE-NOVATE e il RE-MOBILIZE. Nel RE-NOVATE 3.494 pazienti sottoposti ad artroprotesi dell'anca sono stati randomizzati a dabigatran (150 mg oppure 220 mg al giorno per os) oppure enoxaparina (40 mg al giorno per via sc). L'end-point primario (tromboembolismo venoso e mortalità totale) non differirono tra i tre gruppi: rispettivamente 8,6%, 6,0% e 6,7%. Anche gli eventi emorragici maggiori non erano differenti nei vari gruppi: 1,3%, 2,0%, 1,6%. Nel RE-MOBILIZE, dal disegno simile in pazienti sottoposti ad artroprotesi di ginocchio, si usavano invece 60 mg di enoxaparina mentre l'end-point primario era composto da trombosi venosa profonda e mortalità totale. Lo studio non è riuscito a dimostrare l'equivalenza di dabigatran alle dosi più elevate di enoxaparina, tuttavia questo era dovuto alla maggior frequenza di trombosi venosa profonda distale asintomatica mentre gli eventi clinicamente evidenti erano simili nei tre gruppi. Anche gli eventi emorragici non differivano statisticamente tra enoxaparina e dabigatran.
Sono in fase di studio altri nuovi anticoagulanti inibitori del fattore Xa: uno noto con la sigla PRT054021 e l'apixaban.
Questi nuovi farmaci sono stati presentati con una certa enfasi, tra l'altro comprensibile: l'opportunità di poterli usare senza dover ricorrere al monitoraggio periodico coagulativo li rende particolarmente attraenti rispetto al warfarin. Tuttavia conviene richiamare alla cautela: in questi ultimi anni ci sono stati parecchi esempi di farmaci promettenti che poi sono stati ritirati dal commercio o altri di cui è stato sospeso il programma di sviluppo per la comparsa di effetti collaterali che i primi studi non avevano messo in evidenza. Lo ximelagatran, un inibitore della trombina, che sembrava dovesse mandare in soffitta il glorioso warfarin, è stato ritirato nel febbraio 2006 per la comparsa di grave tossicità epatica. Conviene quindi essere molto prudenti e non lasciarsi prendere da facili entusiasmi in quanto sgradite sorprese possono sempre essere dietro l'angolo.

Renato Rossi


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