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Idraparinux: risultati contrastanti sul tromboembolismo venoso |
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Inserito il 10 maggio 2008 da admin. - cardiovascolare - segnala a:
Due studi su idraparinux, un nuovo antitrombotico proposto per il tromboembolismo venoso, hanno dato risultati contrastanti.
In due studi in aperto, di non inferiorità, è stato testato idraparinux, un nuovo inibitore del fattore X della coagulazione che possiede una durata d'azione superiore a quella di fondaparinux (appartenente alla stessa famiglia) e quindi può essere somministrato una sola volta alla settimana per via sottocutanea. Nel primo studio [1] sono stati arruolati 2.904 pazienti con trombosi venosa profonda e 2.215 con embolia polmonare, trattati con idraparinux (2,5 mg una volta alla settimana per 3 -6 mesi) oppure terapia standard (eparina) seguita da warfarin per 3-6 mesi. L'end-point primario era la comparsa di tromboembolismo venoso sintomatico a 3 mesi, fatale e non fatale. Nei pazienti con trombosi venosa profonda l'end-point primario si verificò nel 2,9% del gruppo idraparinux e nel 3% del gruppo eparina (OR 0,98; IC95% 0,63-1,50). Neppure a sei mesi c'erano differenze tra i due gruppi. Sanguinamenti clinicamente rilevanti a 3 mesi si ebbero nel 4,5% del gruppo trattato e nel 7,0% del gruppo controllo (P = 0,004). A 6 mesi la frequenza di sanguinamenti risultò simile. Nei pazienti con embolia polmonare l'end-point primario si verificò nel 3,4% del gruppo idraparinux e nel 1,6% del gruppo eparina (OR 2,14; IC95% 1,21-3,78): in questo caso non si riuscì quindi a dimostrare la non inferiorità di idraparinux rispetto alla terapia standard. Gli autori concludono che nella trombosi venosa profonda idraparinux per 3-6 mesi ha una efficacia non inferiore a quella di eparina seguita da warfarin mentre nell'embolia polmonare risulta meno efficace. Nel secondo studio [2] sono stati arruolati 1.215 pazienti che avevano completato sei mesi di profilassi con idraparinux oppure con warfarin. I soggetti sono stati randomizzati a idraparinux (2,5 mg una volta alla settimana) oppure placebo per altri sei mesi. Gli end-point primari valutati erano la recidiva di tromboembolismo venoso e le emorragie gravi. Le recidive di tromboembolismo venoso si verificarono nel 1,0% del gruppo idraparinux e nel 3,7% del gruppo placebo (P = 0,002). Emorragie gravi si ebbero nel 1.9% del gruppo trattato mentre nel gruppo controllo non si verificarono ( P < 0,001). In tutto nel gruppo trattato con idraparinux si ebbero 11 emorragie gravi (su 594 pazienti), di cui 3 furono emorragie intracraniche fatali. Di questi 11 pazienti 8 erano stati trattati, nei primi sei mesi, con idraparinux e questo suggerisce che il farmaco possa essere gravato da un eccesso di eventi emorragici quando viene usato per più di sei mesi. Gli autori concludono che la profilassi estesa per altri sei mesi, oltre i consueti sei mesi, con idraparinux è efficace nel prevenire le recidive di tromboembolismo venoso ma è gravata da un aumentato rischio di emorragie gravi.
Fonte:
1. Buller HR et al. Idraparinux vs standard therapy for venous thromboembolic disease. N Engl J Med 2007 Sept 13; 357:1094-1104. 1. Buller HR et al. Extended prophylaxis of venous thromboembolism with idraparinux. N Engl J Med 2007 Sept 13; 357:1105-1112.
Commento di Renato Rossi
Nella profilassi secondaria del tromboembolismo venoso viene usato il warfarin per 3-12 mesi o anche per periodi più lunghi in casi particolari ritenuti a maggior rischio. Tuttavia la terapia anticoagulante orale richiede un monitoraggio emocoagulativo periodico, per cui se si potesse disporre di un farmaco che si può usare senza necessità di monitoraggio, ma con la stessa efficacia, si otterrebbe un notevole beneficio per i pazienti. Idraparinux è un nuovo inibitore del fattore X che, oltre a non richiedere un monitoraggio dei parametri della coagulazione, ha il vantaggio di una lunga durata d'azione, tanto che può essere somministrato una sola volta alla settimana. Purtroppo nel primo studio recensito in questa pillola le aspettative sono andate in parte deluse: se è vero che il nuovo farmaco si è dimostrato non inferiore alla terapia standard nei pazienti con trombosi venosa profonda ed anzi con una percentuale inferiore, a tre mesi, di emorragie gravi, esso non si è rivelato altrettanto efficace nell'embolia polmonare. Il secondo studio invece, a nostro parere, è criticabile nel disegno e i suoi risultati, tutto sommato, sono abbastanza ovvi: era infatti del tutto logico aspettarsi una maggior efficacia profilattica antitrombotica ma anche un aumento del rischio emorragico nel gruppo trattato con idraparinux rispetto al placebo. Probabilmente sarebbe stato preferibile trattare il gruppo di controllo con warfarin per i secondi sei mesi, visto che questo è il trattamento di riferimento quando si ritiene necessaria una profilassi prolungata. Insomma, sembra ancora presto per trarre conclusioni sul nuovo antitrombotico, che dovrà essere testato in altri RCT prima che se ne possa determinare con sicurezza il ruolo, soprattutto nella profilassi secondaria. In effetti sono in programma altri studi sia nell'embolia polmonare che nella fibrillazione atriale.
Commento di Luca Puccetti
Gli studi sono sempre interessanti, anche quando sono negativi. L'idraparinux ha un'emivita molto lunga ed i risultati degli studi di confronto vs eparina a basso molecolare differiscono molto quanto a risultati nel trattamento della trombosi venosa, in cui idraparinux non ha mostrato differenze rispetto alle eparine a basso peso molecolare, rispetto a quanto è stato osservato nel trattamento dell'embolia polmonare, ove i risultati con idraparinux sono stati molto inferiori rispetto a quelli osservati con eparina a basso peso molecolare. Questo può essere dovuto al fatto che l'entrata in funzione con idraparinux, proprio per la sua lunga emivita è piuttosto lenta laddove invece è desiderabile un'azione rapida, come nella terapia della embolia polmonare.
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