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Da cosa dipende l'effetto placebo?
Inserito il 14 maggio 2008 da admin. - scienze_varie - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Sembra che sia l'aspettativa del paziente verso gli effetti di un trattamento a determinare o meno l'efficacia del placebo.



In questo studio a 14 volontari sani venne detto che stavano partecipando ad un trial randomizzato in cui avrebbero potuto ricevere un analgesico oppure un placebo. Ogni partecipante venne sottoposto a 2 PET cerebrali con il tracciante 11C-raclopride, che ha la particolarità di legarsi ai recettori della dopamina. Durante ogni sessione con la PET veniva chiesto di anticipare quello che secondo loro sarebbe stata la riduzione del dolore dopo la somministrazione di un agente doloroso (soluzione salina ipertonica al 5% nel muscolo della mandibola). Tale somministarzione veniva accompagnata o non dal placebo (soluzione salina isotonica, non dolorosa, allo 0,9%). La PET ha dimostrato che nei soggetti con buona risposta al placebo vi era una maggiore attività dopaminergica nel "nucleo accumbens" rispetto ai soggetti con scarsa risposta al placebo. La cosa curiosa è che i soggetti che rispondevano al placebo erano anche quelli che avevano anticipato una buona risposta dell'analgesico allo stimolo doloroso. Addirittura quattro dei soggetti che non rispondevano al placebo riferivano un aumento del dolore dopo la somministrazione della soluzione fisiologica isotonica (effetto nocebo).
Il nucleo accumbens è un'area del cervello che sembra preposta alle esperienze del piacere e che è, in qualche modo, coinvolta anche nelle tossicodipendenze.
Nella seconda parte dello studio 30 soggetti volontari sono stati sottoposti a RMN funzionale del cervello mentre partecipavano ad un gioco d'azzardo con premi in denaro. L'esame ha dimostrato un aumento del flusso sanguigno nei neuroni dei nuclei accumbens nei partecipanti che si aspettavano una vincita. I soggetti che mostravano una maggior attività del nucleo accumbens erano quelli che avevano dimostrato una maggior risposta al placebo.
Secondo gli autori dello studio i meccanismi implicati nei processi di anticipazione di un premio o di un effetto farmacologico, come per esempio la via dopaminergica del mesolimbo, possono spiegare la variazione che si può riscontrare nell'effetto placebo da soggetto a soggetto. Gli individui che non attivano il nucleo accumbens in risposta ad un gioco in cui è possibile vincere del denaro sono gli stessi che non sembrano sensibili al placebo.


Fonte:

Scott DJ et al. Individual differences in reward responding explain placebo-induced expectations and effects. Neuron. 2007 Jul 19;55:325-36.



Commento di Renato Rossi

L'effetto placebo è noto e può costituire una difficoltà ulteriore quando si deve valutare l'efficacia di un trattamento farmacologico. A questi problemi si è cerrcato di ovviare progettando gli studi clinici controllati e randomizzati in cui un farmaco viene confrontato proprio con il placebo per vedere se funziona di più o di meno. Ma da che cosa dipende l'effetto placebo? Lo studio recensito in questa pillola cerca di fornire una risposta, seppure parziale: a quanto pare il placebo funziona meglio quanto più alta è l'aspettativa del paziente circa l'efficacia del trattamento. Alla base sono implicati meccanismi che vedono l'azione di neurotrasmettitori e di determinate zone del cervello che sono connesse con le emozioni. Lo studio enfatizza l'importanza della dopamina e del nucleo accumbens, ma è probabile che altre sostanze e altre zone cerebrali siano coinvolte, in un meccanismo complesso e interattivo che deve ancora essere completamente svelato e chiarito. Quello che più importa però, per il medico pratico, è che tanto più forte è l'aspettativa del paziente nel ritenere efficace un trattamento tanto più il trattamento ha probabilità di dimostrarsi utile. In questo senso il ruolo del medico diviene fondamentale: riuscire ad avere un buon rapporto con il paziente in modo da ottenerne la fiducia probabilmente influisce in maniera positiva sugli esiti della terapia, o perlomeno sulla compliance al trattamento. Quindi si conferma vero quanto già sostenevano i nostri padri, e cioè che il medico di per sè può funzionare da vero e proprio farmaco.



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