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Estramustina nel K prostatico refrattario
Inserito il 27 giugno 2008 da admin. - oncologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

In pazienti con cancro prostatico refrattario alla castrazione, l’associazione di estramustina alla chemioterapia aumenta la sopravvivenza totale, la risposta e il tempo di progressione del PSA

Il trattamento di prima scelta del cancro prostatico metastatico consiste nella deprivazione androgenica che può realizzarsi con terapie chirurgiche o farmacologiche. Sfortunatamente, gli esiti sono limitati poichè è frequente lo sviluppo di forme tumorali refrattarie a questo tipo di intervento.
Studi iniziali su strategie che utilizzavano agenti chemioterapici nel trattamento del cancro prostatico refrattario alla deprivazione androgenica hanno suggerito un’efficacia trascurabile a fronte di un’elevata tossicità. Nel 2004, tuttavia, due studi che impiegavano una chemioterapia a base di docetaxel hanno ottenuto notevoli risultati, tanto che il trattamento con tassani è divenuto una prima linea. Dati ottenuti in studi preclinici hanno suggerito un’attività sinergica della combinazione di estramustina con una chemioterapia standard. Tuttavia, a causa di risultati controversi ottenuti nell’uomo, è attualmente argomento di dibattito l’opportunità di associare estramustina alla chemioterapia in questo target di pazienti.

Estramustina fosfato (*) è una mostarda coniugata con estradiolo, che inibisce principalmente le funzioni dei microtubuli legandosi sia alla tubulina che alle proteine associate ai microtubuli. In pazienti con cancro prostatico refrattario alla castrazione, estramustina da sola presenta un’attività antitumorale modesta (risposta nel 20% dei trattati). Il meccanismo anti-tubulare suggerisce possibili effetti sinergici in terapie di combinazione, tuttavia gli studi attualmente disponibili non hanno una potenza statistica tale da rilevare un miglioramento adeguato nella sopravvivenza mediana.
L’obiettivo della metanalisi è quello di verificare se l’associazione tra estramustina e la chemioterapia determina un aumento effettivo della sopravvivenza in pazienti con cancro prostatico refrattario alla castrazione. L’end point primario era la sopravvivenza totale mentre quelli secondari comprendevano la risposta dell’antigene prostatico specifico (PSA), il tempo di progressione del PSA e la tossicità.
La metanalisi ha incluso 5 RCT (n=605) di cui 1 di fase III e 4 di fase II. La chemioterapia (con o senza estramustina) comprendeva docetaxel, paclitaxel, ixebepilone (non in commercio in Italia) e vinblastina.
Durante il follow-up mediano di 2,8 anni sono stati rilevati 510 decessi in totale. La sopravvivenza globale è risultata significativamente migliore con l’associazione di chemioterapia+estramustina (adjusted Hazard Ratio-HR 0,77; 95%CI 0,63-0,93; p=0,008).

A 1 anno dalla randomizzazione, i corrispondenti valori in termini assoluti hanno visto un aumento della sopravvivenza totale del 9,5% nei trattati con chemioterapia+estramustina.
Relativamente agli end point secondari, nei pazienti trattati con l’associazione, è stata evidenziata una risposta migliore del PSA rispetto ai soggetti che assumevano la chemioterapia da sola (RR 0,53; 95%CI 0,38-0,72; p<0,0001). Il tempo di progressione del PSA è stato significativamente maggiore con l’associazione rispetto alla chemioterapia da sola (HR 0,74; 95%CI 0,58-0,94; p=0,01).

I dati sulla tossicità provengono da 4 dei 5 RCT inclusi nella metanalisi e si limitano alla valutazione, mediante analisi ITT, degli eventi tromboembolici e alla neutropenia. I pazienti trattati con la chemioterapia+estramustina presentavano un rischio maggiore di sviluppare eventi tromboembolici di grado 3-4 rispetto a quelli che assumevano la chemioterapia da sola (4% vs 0,4%, RR 4,51; 95%CI 1,29-15,70, p=0,02). Il rischio di neutropenia di grado 3-4, invece, è risultato significativamente inferiore con l’associazione chemioterapia+estramustina rispetto alla chemioterapia da sola (6% vs 15%, RR 0.41; 95%CI 0.23-0.71; p=0.002).

La metanalisi ha evidenziato che, in pazienti con cancro prostatico refrattario alla castrazione, l’associazione di estramustina alla chemioterapia aumenta la sopravvivenza totale, la risposta e il tempo di progressione del PSA.


Nella metanalisi la sopravvivenza mediana è stata di 16 mesi (range 0-90), valore che si allinea a quella rilevata in studi precedenti condotti nel medesimo target di pazienti.
Insieme a benefici derivanti dell’associazione di estramustina alla chemioterapia andrebbero valutati anche gli aspetti legati alla morbilità associata al trattamento (principalmente nausea, vomito ed eventi tromboembolici).
L’associazione di estramustina alla chemioterapia ha determinato una riduzione del rischio di sviluppare neutropenia di grado 3-4, benché il meccanismo sotteso non sia noto.
I pazienti con problemi gastrointestinali o che hanno già manifestato eventi tromboembolici, non dovrebbero essere trattati con estramustina.

* Le indicazioni terapeutiche autorizzate in Italia comprendono il trattamento palliativo dei pazienti con carcinoma della prostata (il farmaco si è rivelato efficace anche nei carcinomi prostatici divenuti resistenti alla estrogenoterapia e nei carcinomi prostatici scarsamente differenziati, spesso non rispondenti alla estrogenoterapia).


Dott. Marco Tuccori


Riferimento Bibliografico
Fizazi K et al. Addition of estramustine to chemotherapy and survival of patients with castration-refractory prostate cancer: a meta-analysis of individual patient data. Lancet Oncology 2007; 8: 994-1000.


Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.pharmtox.org/sif/


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