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Nefrite interstiziale acuta indotta da inibitori di pompa protonica |
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Inserito il 30 dicembre 2007 da admin. - nefrologia - segnala a:
La nefrite interstiziale acuta è una reazione avversa rara, ma grave, che può essere associata a inibitori di pompa protonica, e che può portare ad insufficienza renale cronica. Una tempestiva diagnosi associata alla sospensione del farmaco potrebbe prevenire una insufficienza renale potenzialmente fatale.
La nefrite interstiziale acuta (AIN) è una reazione avversa rara, ma grave, che può essere associata a inibitori di pompa protonica (PPI) e che può portare ad insufficienza renale cronica. Gli autori dello studio sotto riportato (1), osservando una discrepanza tra il numero di casi rilevati dagli studi retrospettivi e quello riportato dai sistemi di segnalazioni spontanee, imputabile ad un’eventuale sottostima della potenzialità dei PPI nel causare l’AIN, analizzano una serie di 7 report ricevuti dal Centro di Farmacovigilanza Olandese, il Lareb, tra l’1 gennaio 1998 e l’1 dicembre 2005 relativi a casi di AIN associati a vari PPI.
L’AIN, caratterizzata dalla presenza di un infiltrato cellulare infiammatorio nell’interstizio renale, può causare insufficienza renale acuta. E’ stimato che sia responsabile, in più del 15% dei casi, delle ospedalizzazioni per insufficienza renale acuta (2). I pazienti con AIN, generalmente, presentano sintomi non specifici dell’insufficienza renale acuta, compresi oliguria, malessere, anoressia, nausea e vomito. Malgrado dalle indagini cliniche e di laboratorio possa essere ipotizzata una AIN, non sono disponibili test di laboratorio specifici per confermane la diagnosi pertanto la biopsia renale rimane l’esame più attendibile (2,3). Le cause dell’AIN, come già commentato da altri autori (3), possono essere classificate in 5 categorie:
reazioni di ipersensibilità a farmaci infezioni processi autoimmuni sistemici o limitati al rene reazioni idiopatiche malattie glomerulari Malgrado l’esame bioptico in un paziente con glomerulonefrite spesso rilevi nefrite interstiziale, comunemente la presenza di questa non contribuisce a tipizzare la lesione glomerulare. La perdita della funzionalità renale viene correlata maggiormente ad una patologia interstiziale che con l’estensione di un danno glomerulare e viene suggerito (3) che la glomerulonefrite debba essere inclusa tra le possibili cause di AIN. L’AIN farmaco-indotta è stata descritta per la prima volta nel 1968 ed associata alla meticillina (4). Da allora la lista dei farmaci che ne sono causa è cresciuta, includendo molti antibatterici, FANS, anticonvulsivanti e diuretici (5). Alla pubblicazione del primo caso di AIN indotta da omeprazolo, nel 1992, (6) ne sono seguite in seguito molte altre. Nel 2004 venne pubblicato il primo caso di AIN indotta da pantoprazolo (7) e nel 2005 il primo caso di AIN indotta da rabeprazolo (8). Uno studio (9), condotto sui casi di nefriti tubulo-interstiziali secondarie ad inibitori di pompa protonica (PPI), presso un reparto di nefrologia nell’UK, riporta 2 casi di AIN indotta da lansoprazolo ed altri 6 indotti da altri PPI. Recentemente, alcuni autori (10), hanno pubblicato un’analisi condotta su 15 casi di AIN identificati in reparti di nefrologia in Nuova Zelanda, dalla quale risulta un’incidenza dell’AIN in tali centri pari all’8/10.000 pazienti/anno. Ancora un’altra review (11), condotta al fine di valutare l’incidenza di AIN indotta da PPI, presso 2 cliniche universitarie in Australia, ha trovato 18 casi di AIN indotta da PPI, provata da esame bioptico. Il meccanismo con il quale si sviluppa l’AIN farmaco-indotta non è conosciuto, ma si sospetta sia su base immunologica, infatti, i farmaci potrebbero suscitare una risposta immunitaria che poi, per varie vie, porterebbe all’AIN. Ad esempio, attraverso un possibile legame ad uno dei normali componenti della membrana basale del tubulo (TBM) o dell’interstizio, il farmaco potrebbe comportarsi come un aptene o mimare un antigene normalmente presente nella TBM o nell’interstizio ed indurre una risposta immunitaria diretta anche contro questo antigene stesso. Oppure, la risposta immunitaria potrebbe essere suscitata dal farmaco che, legato alla TBM o accumulato nell’interstizio, si comporta come un antigene coinvolto nel rigetto del trapianto. Il farmaco potrebbe anche provocare una produzione di anticorpi ed essere depositato nell’interstizio come un immuno-complesso circolante (5).
Lo studio
Caso 1
Un uomo di 51 anni di età, con storia di difetto non specifico della coagulazione del sangue, in trattamento per leucemia con citostatici e altri farmaci (paracetamolo, ciprofloxacina, fluconazolo, furosemide, amfotericina B in complesso lipidico, gentamicina e vancomicina, per indicazione non riferita), iniziò una terapia con pantoprazolo 40 mg/die (indicazione non riferita). Dopo 3 settimane, dall’inizio della terapia con pantoprazolo, vennero sospesi tutti i farmaci, ad eccezione della piperacillina, e 1 settimana dopo il paziente venne ricoverato in ospedale. Al tempo del ricovero, l’uomo presentò elevati livelli di proteina C reattiva (52 mg/L), elevati livelli serici di creatinina (108 μmol/L; valore di riferimento = 53-75 μmol/L). Venne intrapreso trattamento con piperacillina e nei giorni seguenti il paziente presentò deterioramento della funzionalità renale con valori serici di creatinina fino ad un massimo di 395 μmol/L. In un primo momento venne interrotta le terapia con piperacillina, farmaco notoriamente associato ad AIN, ma non si ottenne un miglioramento della funzionalità renale. Dopo 2 giorni venne interrotto il pantoprazolo e la concentrazione serica di creatinina cominciò a normalizzarsi. La biopsia renale rilevò un’estesa nefrite tubulo-interstiziale con granuloma. Un mese dopo l’interruzione del pantoprazolo, la funzione renale si normalizzò del tutto (livelli serici di creatinina pari 61 μmol/L).
Caso 2
Un uomo di 57 anni di età, con storia di diverticolite, reflusso esofageo da ernia diaframmatica ed eczema, venne trattato, per il reflusso esofageo, inizialmente con ranitidina, sostituita in seguito con rabeprazolo (20 mg/die). Dopo 3 settimane, il paziente venne ricoverato con febbre (picchi fino 38,7°C), aumento della frequenza delle minzioni e cefalea. Al tempo del ricovero, il paziente presentò: pressione arteriosa pari a 164/101 mmHg, battiti cardiaci 98/minuto e nessun segno si ictus o edema. Un successivo esame fisico non rilevò nessuna anomalia. Dagli esami di laboratorio risultò: aumento della VES (67 mm h), livelli di sodio ematico pari a 148 mm/L e di creatina serica pari a 307 μmol/L. L’ecografia addominale non rilevò alcuna anomalia, mentre dalla biopsia renale risultò una nefrite interstiziale con una sclerosi glomerulare da minore a moderata con predominanza di alterazioni interstiziali. Assenti i segni di un’attiva glomerulonefrite e nessuna anomalia risultò dall’indagine con immunofluorescenza, per quanto non fosse possibile escludere eventuali episodi di glomerulonefrite precedenti. Le condizioni del paziente migliorarono dopo l’interruzione del rabeprazolo. Il paziente continuò il trattamento con ranitidina.
Commento Tra i pazienti dei 7 casi considerati in totale, solo 1 è stato trattato con corticosteroidi, mentre in tutti gli altri casi la sospensione del farmaco è stata sufficiente per la guarigione, infatti in 6 casi la guarigione dei pazienti è avvenuta dopo la sospensione del farmaco coinvolto nella reazione ed un caso dopo trattamento con prednisolone. Questo singolo caso ha riguardato una donna di 76 anni, in terapia con omeprazolo (40mg/die) e solifenacina (5 mg/die), entrambi i farmaci per indicazione non riferita, ed inoltre con diclofenac. In tal caso i farmaci sospetti nell’insorgenza dell’evento avverso sono sia l’omeprazolo sia la solifenacina, infatti i sintomi di AIN con infiltrato glomerulare si sono presentati 3 mesi dopo l’assunzione di omeprazolo e 3 giorni dopo l’inizio del trattamento con solifenacina e risolti alla sospensione di entrambi i farmaci. Dal momento che l’AIN è ritenuto un disturbo immunomediato, nel trattamento dell’AIN sono usati i farmaci che modulano la risposta immunologica, specialmente i corticosteroidi. Tuttavia, uno studio sugli effetti della terapia con corticosteroidi sull’esito dell’AIN, valutati come concentrazione serica di creatinina (12), non ha rilevato una significativa differenza nei livelli di tale proteina tra il gruppo dei pazienti trattati e quello dei non trattati. In 1 dei 7 casi il paziente aveva assunto pantoprazolo per via endovenosa. Tutti i casi sono stati segnalati da medici, ad eccezione di un caso segnalato da un farmacista ospedaliero. In tutti i casi considerati, il tempo di insorgenza della reazione è stato variabile, da ore a 4 mesi dopo l’inizio del trattamento con PPI, ma in tutti i casi è stato rilevato un aumento della concentrazione serica di creatinina. In 5 casi la diagnosi di AIN è stata verificata con biopsia renale. Un paziente, dopo 9 giorni dal primo episodio di AIN, ha ripresentato, 12 ore dopo la riesposizione del PPI, la ricomparsa dei sintomi di AIN. I report descritti, per la varietà delle caratteristiche dei pazienti (età, sesso, tempo intercorso per la risoluzione) e per la relazione dose-risposta non stabilita, supportano l’ipotesi del meccanismo su base immunologica. E’ importante che i medici tengano conto della possibilità di questa reazione avversa, dal momento che un’accurata e tempestiva diagnosi associata alla sospensione del farmaco potrebbe prevenire una insufficienza renale potenzialmente fatale. I dati del Centro Internazionale di Monitoraggio dei Farmaci del WHO, nel cui database l’AIN indotta da PPI è presente in numero notevole, confermano l’ipotesi che l’AIN può essere indotta da diversi PPI. Infatti, dei 3.7 milioni di segnalazioni spontanee di eventi avversi provenienti da più di 80 paesi in tutto il mondo, circa 150 riguardano casi di AIN indotta da PPI, che quindi risulta essere un evento relativamente raro.
Marianna Gentile, Dipartimento Clinico e Sperimentale di Medicina e Farmacologia dell’Università di Messinahttp://www.farmacovigilanza.org
Bibliografia
1) Härmark L et al. Proton pump inhibitor-induced acute interstitial nephritis. Br J Clin Pharmacol 2007 Jul 17; [Epub ahead of print]. 2) Kodner CM, Kudrimoti A. Diagnosis and management of acute interstitial nephritis. Am Fam Physician 2003; 67: 2527-34. 3) Michel DM, Kelly CJ. Acute interstitial nephritis. J Am Soc Nephrol 1998; 9: 506-15. 4) Baldwin DS et al.Renal failure and interstitial nephritis due to penicillin and methicillin. N Engl J Med 1968; 279: 1245-52. 5) Rossert J. Drug-induced acute interstitial nephitis. Kidney Int 2001; 60: 804-17. 6) Ruffenach SJ, et al. Acute interstitial nephritis due to omeprazole. Am J Med 1992; 93: 472-3. 7) Ra A, Tobe SW. Acute interstitial nephritis due to pantoprazole. Ann Pharmacother 2004; 38: 41-5. 8) Geevasinga N, et al. Rabeprazole-induced acute interstitial nephritis. Nephrology (Carlton). 2005; 10: 7-9. 9) Torpey N, et al. Drug-induced tubulo-interstitial nephritis secondary to proton pump inhibitors: experience from a single UK renal unit. Nephrol Dial Transplant. 2004; 19: 1441-6. 10) Simpson IJ et al. Proton pump inhibitors and acute interstitial nephritis: report and analysis of 15 cases. Nephrology (Carlton). 2006; 11: 381-5. 11) Geevasinga N et al. Proton pump inhibitors and acute interstitial nephritis. Clin Gastroenterol Hepatol. 2006; 4: 597-604. 12) Clarkson MR et al. Acute interstitial nephritis: clinical features and response to corticosteroid therapy. Nephrol Dial Transplant. 2004; 19: 2778-83.
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