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Rischio di ricaduta in donne con disordine bipolare che sospendono la terapia in gravidanza
Inserito il 15 agosto 2008 da admin. - psichiatria_psicologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La sospensione della terapia con stabilizzanti dell’umore durante la gravidanza in pazienti affette da disturbo bipolare determina un significativo aumento del rischio di ricaduta

Obiettivo di questo studio osservazionale di tipo prospettico è determinare il rischio di ricaduta in donne affette da disordine bipolare che continuano o sospendono la terapia con stabilizzanti dell’umore durante la gravidanza.
Nel periodo 1 Marzo 1999-31 Agosto 2004, presso il Perinatal and Reproductive Psychiatry Clinical Research Program, Massachusetts General Hospital di Boston, sono state arruolate 89 donne gravide con diagnosi di disordine bipolare di tipo I (n=61) e di tipo II (n=28) secondo il DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, quarta versione). L’età media delle donne era 32,7 anni, la maggior parte delle quali di razza bianca (96.6%), sposate (82%), lavoratrici (76%) e pluripare (64%).

Sono stati considerati criteri di inclusione la diagnosi di disturbo bipolare precedente la gravidanza, l’assenza di alterazioni patologiche dell’umore nelle quattro settimane precedenti l’ultima mestruazione, la terapia in atto con stabilizzanti dell’umore, l’interruzione della terapia farmacologica nei 6 mesi precedenti o nelle 12 settimane dopo il concepimento, l’arruolamento entro le prime 24 settimane di gravidanza. Sono state escluse tutte le pazienti con anamnesi positiva per tentato suicidio, interruzione della terapia con stabilizzanti dell’umore prima dei sei mesi precedenti il concepimento e le pazienti che, secondo i criteri del DSM-IV, erano affette da psicosi primaria, disturbo schizoaffettivo, disordini organici cerebrali o ritardo mentale.

Dopo aver firmato il consenso informato, le pazienti sono state seguite fino alla fine della gravidanza e per 12 mesi dopo il parto, valutate ogni trimestre e successivamente alla 6a, 12a, 24a e 52a settimana dopo il parto. Oggetto di valutazione erano la comparsa di sintomi maggiori e la loro gravità (lieve, moderata o severa) e le terapie concomitanti (farmaci, dosaggi, benefici apparenti e reazioni avverse).
Data la complessità del regime farmacologico delle pazienti, queste sono state divise in due gruppi: 1) pazienti trattate con stabilizzanti dell’umore e che hanno continuato il trattamento per le 12 settimane successive al parto; 2) donne che hanno interrotto la terapia (per loro scelta o su consiglio di un medico) tra i sei mesi prima del concepimento e le 12 settimane di gestazione.
Nella maggior parte dei casi la terapia è stata interrotta per il timore di possibili effetti sul feto legati all’utilizzo di farmaci psicotropi in gravidanza.
Delle 89 donne considerate, il 95,5% (n=85) ha partorito neonati vivi, 2 hanno partorito neonati morti, una paziente ha abortito dopo una ricaduta, ed un’altra si è ritirata dallo studio. Nella tabella sono riassunti gli schemi terapeutici seguiti dalle pazienti:



Dall’analisi statistica dei risultati è emerso che a continuare la terapia sono state soprattutto le pazienti affette da disordine bipolare di tipo I, in terapia con litio come primo stabilizzatore dell’umore, con anamnesi positiva per crisi psicotiche e trattate con aggiunta di antipsicotici.
I risultati riportati hanno anche dimostrato che durante la gravidanza 63 donne (70,8%) hanno avuto ricadute della malattia (la maggior parte con sintomi di depressione maggiore, 41,3%); il rischio era 2,3 volte maggiore nel gruppo che ha sospeso la terapia rispetto al gruppo che l’ha proseguita (85,5% vs 37%). Le pazienti che hanno sospeso la terapia erano sintomatiche per più del 40% della durata della gravidanza rispetto al 8,8% nelle donne che hanno proseguito il trattamento.
Le pazienti che hanno interrotto bruscamente la terapia hanno presentato il 50% di rischio di ricaduta entro 2 settimane (n=35) rispetto a 22 settimane nelle donne che hanno seguito una sospensione graduale (n=27).
Le gravidanze non programmate hanno rappresentato una covariante che ha notevolmente influenzato la rapidità di sospensione del trattamento.
Predittori del rischio di ricaduta sono risultati essere, oltre l’interruzione della terapia, la gravità e la durata della malattia, l’insorgenza in giovane età, la presenza di rapida ciclicità, anamnesi positiva per tentativi di suicidio, la presenza di comorbidità e la terapia concomitante con antidepressivi.

Lo studio ha evidenziato che la sospensione della terapia con stabilizzanti dell’umore durante la gravidanza in pazienti affette da disturbo bipolare determina un significativo aumento del rischio di ricaduta. La gravidanza non sembra pertanto essere un fattore protettivo nei confronti dello sviluppo e dell’evoluzione della malattia, mentre può determinare l’insorgenza di una grave sintomatologia depressiva, con effetti incerti sullo sviluppo fetale. Gli autori sottolineano i benefici legati alla prosecuzione della terapia con stabilizzanti dell’umore in gravidanza soprattutto per quanto riguarda la riduzione del rischio di ricaduta e la morbidità materna.


Questo articolo è accompagnato da un editoriale pubblicato sullo stesso numero di Am J Psychiatry, nel quale si evidenzia come diversi studi retrospettivi abbiano identificato il periodo post-partum come un momento particolarmente a rischio di ricaduta in donne affette da disturbo bipolare. In accordo con la letteratura, questo studio ha dimostrato che il post-partum è il periodo più a rischio di ricaduta, soprattutto per le pazienti non trattate con stabilizzatori dell’umore, confrontate con il gruppo di pazienti che non ha mai sospeso o che ha ripreso il trattamento.

Gli stabilizzatori dell’umore sono una categoria farmacologia il cui utilizzo in gravidanza è complicato da effetti teratogeni dimostrati per alcuni di essi e dalla mancanza di dati sulla sicurezza nell’utilizzo per altri. Tuttavia, è altrettanto noto che un disturbo dell’umore non trattato durante la gestazione costituisce un importante fattore di rischio per lo sviluppo fetale, con un forte impatto sia sull’esito della gravidanza che sullo sviluppo del nascituro.
Questo studio rappresenta un importante step nella comprensione del disturbo bipolare nella donna, sottolineando il rilevante rischio di ricaduta durante la gravidanza in pazienti con disordini bipolari non adeguatamente trattate.

Conflitto di interesse: gli autori dello studio dichiarano di avere ricevuto dei finanziamenti da diverse ditte farmaceutiche.

Dott.sse Daniela Carli e Sandra Sigala

Riferimenti bibliografici
Viguera AC et al. Risk of Recurrence in Women With Bipolar Disorder During Pregnancy: Prospective Study of Mood Stabilizer Discontinuation. Am J Psychiatry 2007; 164:1817-24.
Freeman MP. Bipolar Disorder and Pregnancy: Risks Revealed. Am J Psychiatry 2007; 164: 1771-3.



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