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Valvulopatia cardiaca con pergolide dipende dalla dose cumulativa |
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Inserito il 17 agosto 2008 da admin. - neurologia - segnala a:
L’uso di pergolide aumenta il rischio di comparsa di HVD e che la severità di rigurgito valvolare dipende dalla dose cumulativa.
La pergolide è un agonista dopaminergico a struttura ergolinica, utilizzato per il trattamento della malattia di Parkinson (PD) (*). Studi clinici e indagini di farmacovigilanza hanno mostrato che il trattamento con pergolide determina valvulopatie cardiache, nella maggioranza dei casi asintomatiche ma capaci di mettere in pericolo la vita del paziente nei casi più gravi (**).
La ricerca di Corvol et al. ha avuto come obiettivo valutare la prevalenza ed i fattori di rischio per il rigurgito dalle valvole cardiache (HVD) in pazienti affetti da PD in terapia con pergolide. L’articolo comprende uno studio osservazionale ed una metanalisi.
Lo studio osservazionale, condotto da aprile 2005 ad agosto 2006, ha coinvolto 133 pazienti affetti da PD afferenti al Dipartimento di Neurologia del Hôpital de la Pitié-Salpêtrière di Parigi. I pazienti sono stati suddivisi in 2 gruppi: 86 in terapia con pergolide (54 maschi/32 femmine; età media 62.8 ± 8.9 anni; severità della PD, secondo il punteggio di Hoehn e Yahr, 3.0 ± 8.9 e durata di malattia 10.8 ± 6.1 anni) e 47 nel gruppo di controllo, non trattati con pergolide (31 maschi/16 femmine, età media 64.1 ± 9.6 anni, severità della PD 2.3 ± 0.8 e durata di malattia 6.9 ± 5.2 anni). Il gruppo in terapia con pergolide ha assunto una dose media giornaliera di pergolide mesilato pari a 26 ± 14 µg/kg/die per un periodo di 48 ± 18 mesi (dose cumulativa media, 36 mg/kg). I pazienti hanno assunto anche altri agonisti dopaminergici: ergolinici (bromocriptina) e non ergolinici (pramipexolo e ropinirolo). L’uso della bromocriptina è stato simile in entrambi i gruppi; circa il 60% dei soggetti del controllo era stato trattato con agonisti non ergolinici, mentre nel gruppo trattato con pergolide circa il 26% aveva assunto in precedenza questi farmaci. Nessun paziente aveva ricevuto cabergolina (**) e nessuno aveva una storia di valvulopatia cardiaca e non esistevano differenze significative tra i parametri cardiovascolari dei due gruppi.
I pazienti sono stati sottoposti ad ecocardiografia per misurare la morfologia e la dinamica valvolare. Il rigurgito valvolare è stata valutato, in accordo ai criteri della American Society of Echocardiography e classificato come medio, moderato o grave. L’end point dello studio era il rigurgito da moderato a grave in almeno una valvola cardiaca.
Rigurgito da moderato a grave in almeno una valvola è stato osservato in un numero significativamente maggiore di pazienti nel gruppo trattato con pergolide rispetto al gruppo di controllo [15 (17.4%) vs 2 (4.3%); P = 0.03]. In particolare, l’analisi delle singole valvole ha mostrato che il numero di pazienti con rigurgito mitralico è risultato significativamente maggiore nel gruppo trattato con il farmaco rispetto al controllo [8 (9.3%) vs 0 (0%); p=0.05]. Nessun paziente ha mostrato rigurgito grave mentre rigurgito da moderato a grave in più di una valvola è stato osservato in 4 pazienti trattati con pergolide e in nessuno dei pazienti del controllo. I pazienti con rigurgito da moderato a grave nel gruppo trattato con pergolide hanno mostrato un valore di pressione arteriosa polmonare significativamente maggiore [39 ± 9 vs 32 ± 6 mmHg; p<0.01]. Nessuna associazione statisticamente significativa è stata ottenuta con l’uso di altri agonisti dopaminergici.
Nel gruppo dei pazienti trattati con pergolide la severità del rigurgito è risultata statisticamente associata sia alle dosi cumulative che a quelle giornaliere del farmaco (p=0.02 per entrambe), ma non alla durata di esposizione al farmaco e all’età. Il risultato relativo alla dose cumulativa conferma le osservazioni di Zanettini et al. (2007). Anche la pressione arteriosa polmonare era correlata alla dose cumulativa (p=0.02).
I dati dello studio osservazionale sono stati considerati nell’ambito di una metanalisi condotta selezionando, secondo criteri d’inclusione conformi allo studio osservazionale, trial presenti nelle banche dati PubMed e Cochrane. La metanalisi ha incluso 7 studi (6 compreso quello di Zanettini et al. più il presente), pubblicati tra il 2004 e il 2007. Sono stati considerati 394 pazienti trattati con pergolide e 280 pazienti di controllo. In tutti gli studi la prevalenza di rigurgito da moderato a grave è risultata maggiore nei pazienti trattati con pergolide, sebbene solo in 2 trial questo dato è stato statisticamente significativo. Il 21.8% dei pazienti trattati con pergolide e il 7.1% dei pazienti del controllo hanno mostrato un rigurgito da moderato a grave in almeno una valvola cardiaca il che comporta un OR di 3.1 (CI 95% 1.7 – 5.7) per il gruppo trattato con pergolide. Inoltre, la differenza nel rischio di andare incontro a rigurgito da moderato a grave è stato significativamente correlato con la dose cumulativa (p<0.001), ma non con l’età e la durata del trattamento.
I dati di Corvol et al. confermano che l’uso di pergolide aumenta il rischio di comparsa di HVD e che la severità di rigurgito valvolare dipende dalla dose cumulativa ma non da altri fattori di rischio (ad es. età del paziente, durata del trattamento).
Come sottolineato dagli autori stessi, i dati dello studio rinforzano l’ipotesi che farmaci agonisti del recettore serotoninergico 5-HT2B possano innescare eventi proliferativi in sede valvolare con conseguente valvulopatia. Effetti simili sono già stati descritti per farmaci anoressizzanti quali fenfluramina e dexfenfluramina (già ritirati dal mercato per queste ragioni) e antiemicranici derivati dell’ergot (ergotamina e metisergide). Una discussione sui meccanismi che sottendono la mitogenesi valvolare indotta dagli agonisti 5-HT2B è riportata nell’articolo di Roth BL. N Engl J Med 2007; 356: 6-9.
Riferimento bibliografico Corvol et al. Heart valve regurgitation, pergolide use, and Parkinson disease. Arch Neurol 2007; 64: 1721-26.
(*) La pergolide (in Italia: Nopar®, Pergolide EG, Pergolide Merck Generics) è indicata come terapia di seconda linea in pazienti intolleranti alla terapia con farmaci non derivati dall’ergotamina o che non abbiano risposto a tale terapia, sia in monoterapia che in associazione alla levodopa (in associazione con un inibitore periferico della decarbossilasi) nel trattamento dei segni e sintomi della malattia di Parkinson.
(**) Già nel dicembre 2004, sulla base dei dati disponibili sull’aumento rischio di valvulopatia cardiaca, era stata edita, in accordo tra l’AIFA e l’azienda produttrice (Eli Lilly), una Nota Informativa Importante che riportava come controindicazione all’uso della pergolide o una storia clinica di fibrosi oppure l’evidenza anatomica di valvulopatia cardiaca a qualunque livello valvolare. Nel 2007, sia negli USA che in Canada, le aziende produttrici hanno volontariamente ritirato dal commercio le specialità contenenti pergolide. A questa decisione hanno contribuito i risultati di due studi pubblicati nel gennaio del 2007 sul N Engl J Med: uno di Schade R. et al. (356:29-38), che ha usato dati dal “United Kingdom General Practice Research Database”, identificando quei pazienti ai quali erano stati prescritti farmaci anti-Parkinson tra il 1988 e il 2005 ed uno studio italiano di Zanettini R. et al. (356:39-46), nel quale 155 pazienti in terapia con differenti agonisti dopaminergici e 90 controlli erano stati sottoposti ad ecocardiografia. Entrambi gli studi avevano concluso che l’uso della pergolide e della cabergolina, ma non quello degli agonisti non ergolinici, era associato ad un aumento significativo rispetto al controllo, del rischio di rigurgito valvolare cardiaco clinicamente significativo.
Dottor Gianluca Miglio
Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/
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