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Nuovi markers per il cancro prostatico
Inserito il 03 agosto 2008 da admin. - urologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

I nuovi markers per il cancro prostatico sembrano dotati di superiore capacità predittiva rispetto al PSA nella diagnosi e management del cancro prostatico.

PSA
L'Antigene Prostatico Specifico (PSA) è codificato dal gene sul cromosoma 19 che esprime una serino-proteasi della famiglia delle callicreine tissutali umane che viene prodotta dalle cellule colonnari secretorie ed è contenuto dell’eiaculato.
Il PSA è selettivamente espresso dal tessuto prostatico sotto l'influenza degli androgeni, è dosabile nel siero dalla pubertà ed i suoi livelli aumentano con l’età e le dimensioni della prostata. La disponibilità del test del PSA, indice organo, ma non tumore-specifico, ha determinato una situazione di incertezza e spesso di vero e proprio stress nei pazienti. Poiché il PSA non è specifico del tumore esso può aumentare anche per ipertofia prostatica, prostatite e stimoli meccanici. I valori "normali" solitamente vengono riferiti ad un cut-off di 4 ng/L, ma la probabilità di essere affetti da un tumore prostatico non è affatto pari a zero in coloro che hanno valori di PSA al di sotto di 4 ng/ml. Usando un cut-off di PSA di 4 ng/ml solo il 21% dei cancri viene scoperto mentre la percentuale di falsi positivi è del 6.2%. Riducendo il cut-off a 1.1 ng/ml si riuscirebbe a diagnosticare l'83.4% dei tumori ma i falsi positivi aumenterebbero al 61%. Se si pone la soglia decisionale a 3.1 ng/ml la sensibilità del test è del 32% e la specificità dell'87% mentre per valori di 2.1 ng/ml si ha una sensibilità del 53% e una specificità del 73%.



Volendo comunque rimanere sul cut-off storicamente usato valori più elevati di 4ng/ml di PSA non indicano necessariamente una neoplasia. La strategia di biopsiare con mapping tutti i casi con valori superiori a 4 ng/ml espone il paziente ad un'alta probabilità di sottoporsi ad una procedura diagnostica inutile in quanto non affetto da neoplasia prostatica. Nei casi con neoplasia localizzata si delineano dal punto di vista clinico 3 possibilità

A) tumore indolente che non porterà a morte nell'arco di tempo ragionevolevolmente da vivere

B) tumore localizzato, ma a rischio di evoluzione in tempi medio-brevi

C) tumore con micrometastasi circolanti che necessiterebbe di una terapia sistemica


Dunque attualmente i problemi veri sono come discriminare i tumori dalle altre condizioni, ma soprattutto come discriminare A da (B+C) e, se disponessimo di prove convincenti a favore di terapie efficaci sulla mortalità qualora iniziate prima della micrometastatizzazione, come separare B da C.

Un grande sforzo è dunque stato rivolto alla ricerca di nuovi markers specifici in grado di individuare il cancro e/o per individuare tra i cancri le forme indolenti da quelle aggressive.

EPCA-2.22

Il test misura i livelli ematici di una proteina strutturale che si trova soltanto nel nucleo delle cellule tumorali della prostata, l'Early Prostate Cancer Antigen-2 (EPCA-2.22). Uno studio ha valutato sensibilità e specificità di questo nuovo marker nella diagnosi del cancro prostatico in rapporto all'impiego del PSA. Lo studio è stato finanziato da National Institutes of Health, National Cancer Institute e da Onconome in USA. I livelli plasmatici di EPCA-2 sono stati misurati in 330 pazienti così stratificati in base alla presenza del tumore e dei valori di PSA:

• uomini con valori di PSA <2,5 ng/ml senza evidenza di cancro

• uomini con PSA > o = a 2,5 ng/ml con biopsia negativa

• uomini con ipertrofia prostatica benigna non sottopostio a biopsia.

• uomini con cancro prostatico alla biopsia, ma valori di PSA < 2,5 ng/ml

• uomini con cancro prostatico localizzato

• uomini con cancro prostatico non confinato alla prostata

• uomini di controllo affetti da aptologie benigne o da altri tipi di tumore diverso da quello prostatico

I pazienti con valori di EPCA-2 pari o superiori a 30 ng/mL sono stati considerati a rischio di cancro alla prostata. In base ai risultati di uno studio pilota su 30 soggetti. Usando un cutoff di 30 ng/mL, la specificità del test EPCA-2.22 per qualsiasi tipo di cancro prostatico è stata del 92% (95% CI da 85% a 96%) per gli uomini sani e per i soggetti con ipertrofia prostatica benigna mentre la sensibilità è stata del 94% (95%[CI] da 93% a 99%). La specificità del PSA negli stessi gruppi di pazienti è risultata del 65% (95% CI 55% - 75%). Il test EPCA-2.22 è risultato accurato nel discriminare i casi di tumore intracapsulari da qualli extracapsulari (area sotto la curva 0.89, 95% CI 0.82 - 0.97, P <0.0001) in contrasto con il PSA (area sotto la curva 0.62, 95% CI 0.50 - 0.75, P = 0.05). Il test EPCA-2 ha anche permesso di identificare il 78% dei pazienti con un tumore alla prostata ma normali livelli di PSA. Pertanto questo test potrebbe risultare utile per risparmiare biopsie inutili, ma anche questo non risolve la questione dell'identificazione delle forme aggressive rispetto a quelle indolenti. Sono stati studiati moltissimi altri markers, molti dei quali correlati all'espressione delle callicreine, sia al fine di identificare uno strumento di diagnosi che per predire l'evoluzione del cancro. Alcuni dei markers più promettenti al fine di discernere tra forme indolenti ed aggressive sono l'Epsina una serin-proteasi e la pim-1, una serina/treonina kinasi, entrambe identificate mediante l'analisi dell'espressione genica valutata mediante microarray.

PCA3

Studiando l’espressione genica negli anni 90 fu scoperto un gene, denominato DDR, situato sul cromosoma 9, che non codificava proteine, ma era chiaramente sovraespresso nei tumori prostatici.
Usando tecniche di amplificazione genica è stata dimostrata la possibilità di valutare l’espressione del gene nelle cellule raccolte in un campione di urina.
Il PCA3 test comporta un dosaggio separato sia del PCA3 che del PSA mRNA ed il PCA3 Score viene determinato come rapporto tra le due misure. Il denominatore, il PSA mRNA, è una misura indiretta della quantità di materiale nucleare delle cellule epiteliali prostatiche presente nel campione. Solo una piccola quantità di PCA3 è espressa nelle cellule prostatiche normali, se si considerasse la concentrazione assoluta del PCA3 un punteggio elevato potrebbe essere ottenuto anche per la presenza di molte cellule prostatiche normali piuttosto che per la presenza di cellule tumorali. Il PCA3 Score misura dunque l’espressione del PCA3 corretta per la quantità di cellule epiteliali presenti nel campione ( a sua volta stimata mediante la misura del mRNA PSA).
Le curve ROC (Receiver operating characteristics) per PCA3 (tumori vs. cellule benigne) sarebbe di ben 0.985 per la cosiddetta “area under the curve” (AUC), sfiorando la perfezione. L’upregulation mediana di PCA3 è 34 volte maggiore nelle cellule tumorali rispetto a quelle normali, e 66 volte quando il numero delle cellule tumorali nel tessuto prostatico supera il 10%.
Due studi, realizzati in Austria e Canada hanno valutato l’impiego clinico di una versione qualitativa del test su più di 700 uomini sottoposti a biopsia prostatica la cui urina era stata raccolta dopo massaggio prostatico effettuato prima della biopsia . Limitatamente ai casi in cui si è ottenuto sufficiente materiale, il rapporto PCA3/PSA mRNA urinario ha mostrato una sensibilità del 66-82% ed una speficità del 76-89% per il cancro prostatico. Utilizzando questi primi metodi analitici , tuttavia ben il 15%-20% furono dichiarati non utlizzabili perché le urine non contenevano una quantità sufficiente di PSA mRNA.
Attualmente da una valutazione qualitativa siamo passati ad una misura quantitativa (gen Probe PCA3 test) e l’effettuazione dell’esame dopo massaggio prostatico aumenta la sensibilità del test di un 15-20%.
Nel 2006 all’ American Urological Association sono stati presentati dati su 1000 uomini studiati con Gen-Probe PCA3 test. Per il confronto cancro vs. non-cancro è stata riferita una specificità del 76% ed una sensibilità del 50% usando un cutoff pari a 35 copie PCA3/copia di PSA mRNA, con una AUC per la curva ROC di 0.680, Il PSA ha mostrato una speficità del 22%. Lo score quantitativo PCA3 correlava con la probabilità di avere una biopsia positive per cancro: a bassi punteggi (< 5) del PCA3 Score il tasso di biopsie positive era del 20%, mentre per punteggi di PCA3 score > 100 il rischio di biopsia prostatica positiva era del 67%.




Dati preliminari indicano inoltre che esiste una correlazione tra il PCA3 score, il grado di Gleason ed il volume del tumore.

Il PCA3 test può essere particolarmente utile negli uomini con PSA persistentemente elevato, ma biopsia prostatica negativa. In tali casi, che rappresentano per il paziente ed il medico un vero rebus, l’odds ratio per il PCA3 test per la capacità di predire il cancro nei soggetti sottoposti ad ulteriore biopsia è 3.6 rispetto a 1.2 per il PSA .



Diversamente dal PSA, il test non sembrerebbe influenzato dal volume prostatico o dall’impiego di inibitori della 5-reduttasi.

Attualmente il PCA3 test non è ancora stato approvato da FDA.

Luca Puccetti

Bibliografia

1) http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=1821
2) http://ww.healthtech.com/newsarticles/june05_1.pdf
3) Urology. 2007;69:714-720
4) Nature 412, 822-826 (23 August 2001)
5) JAMA. 294: 66-70, 2005
6) Eur Urol. 44: 8-15; discussion 15-6, 2003.
7) Urology. 64: 311-5; discussion 315-6, 2004.
8) Eur Urol.46: 182-6; discussion 187, 2004.
9) J.Urol., 175: 174-6 (S), 2006)
10. Clin Chem. 52: 1089-95, 2006.

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