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Telbivudina versus lamivudina in pazienti con epatite cronica B
Inserito il 23 agosto 2008 da admin. - epatologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nei pazienti con epatite cronica B HBeAg positiva, la risposta terapeutica ed istologica, dopo 1 anno di terapia, è migliore nei pazienti trattati con telbivudina rispetto a quelli con lamivudina che induce meno resistenze.

Globe è uno studio di fase III condotto in 112 centri accademici di 20 Paesi, tra cui l'Italia, sponsorizzato da Index Pharmaceuticals e Novartis Pharmaceuticals, e finalizzato a confrontare la sicurezza e l'efficacia della telbivudina con lamivudina, in pazienti con epatite cronica B.
La telbivudina (B-L-2'-deossitimidina) è un L-nucleoside biodisponibile per via orale e dotato di una specifica attività nei confronti del virus dell'epatite B (HBV); la lamivudina è stata utilizzata come comparatore perché farmaco di scelta all’inizio dello studio (*). In test preclinici, la telbivudina non ha dimostrato effetti mutageni e carcinogenici, non ha provocato significativi effetti tossici embrionali o fetali. Questi dati possono essere rilevanti ai fini dell’uso in età fertile.

Il Globe è uno studio in doppio cieco, che ha utilizzato un comparatore attivo, ed ha coinvolto 1370 pazienti, di ambo i sessi, di età tra i 16 e i 70 anni, con epatite cronica B HBeAg (antigene e dell'epatite B) positiva o negativa, reclutati tra marzo 2003 ed aprile 2004; sono stati esclusi i soggetti con concomitante epatite C, D, o infezione da HIV.
I partecipanti sono stati randomizzati in rapporto 1:1 a ricevere, per via orale sotto forma di compresse, 600 mg/die di telbivudina (683 pazienti) o 100 mg/die di lamivudina (687 pazienti) (**). I trattamenti sono stati stratificati in base alla presenza/assenza dell'HBeAg e ai livelli dell'alanina aminotransferasi (ALT) (>2,5 o ?2,5 volte al limite superiore della norma).
La prima rilevazione è stata programmata dopo 52 settimane, con proseguimento della terapia per un secondo anno per una valutazione a lungo termine.

L’end point primario di efficacia è stato la risposta terapeutica, definita come riduzione dei livelli serici del DNA dell'HBV al di sotto di 5 log10 copie/mL insieme a normalizzazione dei livelli di ALT o alla non rilevabilità dell'HBeAg. End point secondari sono stati la risposta istologica, definita come una riduzione di almeno due punti nel punteggio del quadro necroinfiammatorio secondo Knodell, senza peggioramento del punteggio della fibrosi secondo Knodell; variazioni nei livelli serici del DNA dell'HBV; non rilevabilità dell'HBeAg e HBsAg e sieroconversione; risposta virologica (un livello serico del DNA dell'HBV al di sotto di 5 log10 copie/mL e perdita dell'HBeAg); normalizzazione dei livelli di ALT.

Hanno abbandonato lo studio il 2,6% dei pazienti trattati con telbivudina e il 4,7% di quelli che hanno ricevuto lamivudina. La risposta terapeutica, dopo 52 settimane di trattamento, nei gruppi telbivudina e lamivudina è stata, rispettivamente, del 75,3% e 67% (p=0,005) per i partecipanti HBeAg positivi, e del 75,2% e 77,2% per quelli HBeAg negativi (p=0,62).
Inoltre, la telbivudina si è dimostrata più efficace della lamivudina nella risposta istologica (64,7% vs 56,3%, p=0,01) dei soggetti HBeAg positivi, e nella soppressione dei livelli serici del DNA dell'HBV nei soggetti HBeAg sia positivi che negativi.
Il gruppo lamivudina è risultato maggiormente suscettibile a riacutizzazione virale (definita come almeno due consecutive determinazioni di un aumento del DNA dell'HBV ad almeno 1 log10 copie/mL dal nadir durante 48 settimane di terapia) e sviluppo di resistenza (definito come riacutizzazione virale conseguente ad una mutazione indotta dal trattamento), in confronto al gruppo telbivudina.

La frequenza di eventi avversi è stata simile nei due gruppi per tutta la durata del trattamento; eventi avversi gravi sono stati registrati nel 2,6% dei trattati con telbivudina, rispetto al 4,8% del braccio lamivudina. Un aumento dei livelli di creatinchinasi è stato registrato più frequentemente nel gruppo telbivudina, mentre il gruppo lamivudina presentava più comunemente elevati livelli di alanina e aspartato aminotransferasi.

In conclusione, i risultati dimostrano che nei pazienti con epatite cronica B HBeAg positiva, la risposta terapeutica ed istologica, dopo 1 anno di terapia, è migliore nei pazienti trattati con telbivudina rispetto a quelli con lamivudina.
Nei pazienti HBeAg negativi, le risposte terapeutica ed istologica ai due farmaci sono risultate simili.
Sia nei pazienti HBeAg positivi che negativi, la telbivudina ha dimostrato una maggiore efficacia nel sopprimere il DNA dell'HBV ed una minore capacità di indurre resistenza rispetto alla lamivudina.
Nell’insieme, la telbivudina è un farmaco efficace nei pazienti con epatite cronica B. Tuttavia, studi di più lunga durata sono necessari per verificare l’eventuale perdita di risposta in seguito al manifestarsi di resistenza virale.


Fonte: Lai C-L et al. Telbivudine versus lamivudine in patients with chronic hepatitis B. N Engl J Med 2007; 357: 2576-88.

(*) In Italia:
- la telbivudina (Sebivo®) è un farmaco di classe H OSP 2, approvato per il trattamento dell'epatite cronica B in pazienti adulti con malattia epatica compensata ed evidenza di replicazione virale, con livelli persistentemente elevati di ALT ed evidenza istologica di infiammazione attiva e/o fibrosi.
- la lamivudina è presente in differenti specialità medicinali: Epivir®, farmaco di classe H OSP2, indicato per la terapia di associazione in adulti e bambini con infezione da Virus dell'Immunodeficienza Umana (HIV); Kivexa®, farmaco di classe H OSP2, un'associazione a dose fissa di due analoghi nucleosidici (abacavir e lamivudina) indicata per la terapia di combinazione in adulti e adolescenti di età superiore ai 12 anni con infezione da HIV; Zeffix®, farmaco di classe A, dispensabile con ricetta ripetibile, indicato per il trattamento dell'epatite cronica B nei pazienti adulti con malattia epatica compensata con evidenza di attiva replicazione virale, livelli sierici di ALT persistentemente elevati ed evidenza istologica di infiammazione attiva del fegato e/o fibrosi, o con malattia epatica scompensata.

(**) Le modalità di somministrazione sono in accordo con quanto riportato nelle scheda tecniche dei farmaci.

Dottoressa Arianna Carolina Rosa

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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