Tre studi fanno sperare che in futuro si possa sospendere la terapia immunosoppressiva nei trapiantati senza andar incontro al rigetto dell'organo.
Tre studi pubblicati contemporaneamente nel New England Journal of Medicine aprono una nuova frontiera nel complesso campo dei trapianti d'organo. Nel primo studio [1] cinque pazienti con uremia terminale sono stati trattati inizialmente con un regime preparatorio che ha provocato la soppressione non mieloablativa del proprio sistema immunitario ed in seguito hanno ricevuto da donatori viventi non completamente compatibili sia il rene che un trapianto di cellule midollari. Un rigetto irreversibile è avvenuto in un paziente mentre negli altri quattro si è potuto sospendere la terapia immunosoppressiva da 9 a 14 mesi dopo il trapianto e la funzione renale è rimasta stabile per 2-5,3 anni. Nel secondo studio [2] un paziente di 47 anni a cui un fratello aveva donato un rene è stato sottoposto ad un regime a bassa intensità di irradiazione linfoide associato a globuline antitimocitiche in modo da ottenere una soppressione del sistema immunitario. Successivamente sono state trasfuse al paziente cellule emopoietiche del fratello. Anche in questo caso si è ottenuto la tolleranza immunitaria ed è stato possibile sospendere la terapia immunosoppressiva sei mesi dopo il trapianto; i livelli di creatinina si sono mantenuti stabili per due anni dal trapianto. Nel terzo studio [3] viene descritto il caso di una bambina a cui a nove anni era stato necessario trapiantare il fegato a causa di una grave insufficienza epatica. Un completo chimerismo emopoietico e una tolleranza al fegato trapiantato si sono sviluppati spontaneamente a 15 anni. Si pensa che cellule staminali emopoietiche presenti nell'organo donato abbiano colonizzato il midollo reso fragile sia dal trattamento immunosoppressivo che dal citomegalovirus (erano infatti positivi per CMV sia il donatore che la ricevente). In pratica si è realizzato un sistema immunitario del tutto identico a quello del donatore che ha permesso di sospendere i farmaci antirigetto. Il gruppo sanguigno della bambino era 0 negativo e dopo la comparsa del chimerismo divenne 0 positivo, come quello del donatore. La tolleranza fu preceduta da una grave emolisi (probabilmente dovuta ad un chimerismo parziale), refrattaria alle terapie e che si risolse dopo la graduale sospensione della terapia immunosoppressiva.
Fonte:
1. Kawai T et al. HLA-Mismatched Renal Transplantation without Maintenance Immunosuppression N Engl J Med 2008 Jan 24; 358:353-361 2. Scandling JD et al. Tolerance and Chimerism after Renal and Hematopoietic-Cell Transplantation. N Engl J Med 2008 Jan 24: 358: 362-368 3. Alexander SI et al. Chimerism and Tolerance in a Recipient of a Deceased-Donor Liver Transplant N Engl J Med 2008 Jan 24; 358:369-374
Commento di Renato Rossi
La terapia immunosoppressiva dopo un trapianto d'organo si rende necessaria per impedire il rigetto e deve essere continuata per tutta la vita, con effetti collaterali anche importanti. I primi due studi pubblicati dal NEJM sono ovviamente studi pilota e i risultati sono ancora preliminari ed hanno bisogno di ulteriori conferme su un maggior numero di pazienti seguiti per molto più tempo. Tuttavia sono promettenti ed aprono una nuova frontiera nella storia dei trapianti. Il terzo studio sembra avere dello straordinario ma mostra che il chimerismo e la tolleranza, in circostanze eccezionali, possono svilupparsi anche spontaneamente e che la strada intrapresa dagli altri due gruppi di studiosi probabilmente è quella giusta. Forse in un prossimo futuro si potrà evitare di trattare per sempre il trapiantato con la terapia immunosoppressiva. Come conclude un editorialista commentando i tre lavori sarà però necessario determinare la dose corretta ed il timing della terapia immunosoppressiva con l'aggiunta di cellule staminali emopoietiche.