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Dannosi i probiotici nella pancreatite acuta
Inserito il 30 ottobre 2008 da admin. - chirurgia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nei pazienti con pancreatite acuta grave, la profilassi con diversi ceppi di probiotici non riduce il rischio di complicanze infettive, ma anzi aumenta quello di mortalità.

Le complicanze infettive e la mortalità ad esse associata rappresentano un problema rilevante in caso di pancreatite acuta. La profilassi antibiotica sistemica è stata ampiamente valutata senza che però se ne potesse evidenziare l’effetto benefico, il che ha determinato da un lato l’abbandono di questa strategia terapeutica da parte di molti clinici, dall’altro la necessità e quindi la ricerca di altri approcci in grado di prevenire le complicanze infettive.
La somministrazione enterale di probiotici potrebbe prevenire tali complicanze riducendo la crescita batterica intestinale, ripristinando la funzione di barriera del tubo digerente e modulando la risposta immunitaria. Tuttavia, non esistono delle evidenze convincenti al riguardo.
Per stabilire gli effetti della profilassi con probiotici nei pazienti con pancreatite acuta grave è stato condotto un RCT multicentrico in doppio cieco verso placebo (Dutch Acute Pancreatitis Study Group. PRObiotics in PAncreatitis TRIAl – PROPATRIA).

Lo studio ha coinvolto 298 pazienti randomizzati a ricevere, entro 72 h dall’inizio dei sintomi di pancreatite, una preparazione a base di probiotici (n=153) o placebo (n=145), somministrati per via enterica 2 volte/die per 28 giorni.
Il preparato somministrato conteneva 6 ceppi batterici (Lactobacillus acidophilus, Lactobacillus casei, Lactobacillus salivarius, Lactococcus lactis, Bifidobacterium bifidum e Bifidobacterium lactis) oltre ad amido di mais e maltodestrine, per una concentrazione batterica giornaliera totale di 1010. La scelta dei ceppi è stata effettuata in base alla loro capacità di inibire la crescita dei patogeni maggiormente riscontrati nel pancreas colpito da necrosi infetta. Sono stati esclusi i ceppi che potevano di per sé dare complicanze infettive, indipendentemente dalla patologia sottostante.

L’end point primario composito dello studio consisteva in una delle seguenti complicanze infettive al momento del ricovero e nei 90 giorni di follow-up: necrosi pancreatica infetta, batteriemia, polmonite, urosepsi o ascite infettiva.
Gli end point secondari erano: mortalità, insufficienza multiorgano (attraverso un metodo di valutazione quantitativa dell’insufficenza sequenziale d’organo, di insufficanza d’organo all’ammissione, di comparsa dell’insufficenza d’organo dopo la randomizzazione), necessità di interventi chirurgici per necrosi infette o emergenze addominali, degenza ospedaliera, degenza in terapia intensiva, uso di antibiotici e sintomatologia addominale.

Le complicanze infettive si sono verificate in 46 (30%) dei pazienti trattati ed in 41 (28%) di quelli randomizzati a placebo (RR 1,06; CI 95% 0,75-1,51); 24 (16%) pazienti trattati sono deceduti, rispetto a 9 (6%) del gruppo placebo (RR 2,53; 1,22-5,25). In 9 dei pazienti trattati è insorta un’ischemia intestinale (in 8 casi con esito fatale), mentre nessuno dei pazienti randomizzati a placebo ha sviluppato questa complicanza (p=0,004).

Nei pazienti con pancreatite acuta grave, la profilassi con diversi ceppi di probiotici non riduce il rischio di complicanze infettive, ma anzi aumenta quello di mortalità.
È possibile che l’aumento della mortalità possa essere dovuto ad un effetto lesivo sulla parete intestinale con successiva ischemia, con ripercussioni maggiori nei soggetti più compromessi (con insufficienza multiorgano). Non è chiaro quale possa essere il meccanismo che sottende l’ischemia, si può solo ipotizzare che la maggiore presenza di ceppi batterici a livello enterico determini un’eccessiva domanda locale di ossigeno a carico di un circolo già gravemente compromesso. Altra ipotesi è che i ceppi batterici causino un’infiammazione locale con riduzione del flusso capillare e conseguente ischemia.
In considerazione di questi risultati e delle problematiche affrontate dallo studio, sarebbe opportuno non somministrare probiotici in questo setting di pazienti.


Commento

Questo studio è stato condotto in pazienti affetti da una grave patologia, ma, secondo l’editoriale di accompagnamento allo studio, non è chiaro come i risultati possano essere trasferiti sui milioni di soggetti che assumono abitualmente probiotici senza essere affetti da pancreatite e senza essere atleti professionisti. Del resto la maggior parte degli studi condotti sui probiotici e che ne hanno esaltato i benefici, ha interessato specifiche tipologie di pazienti ospedalizzati.
Inoltre i presunti effetti favorevoli sulla salute di questi prodotti sono ampiamente pubblicizzati, ma spesso le loro etichette sono incomplete e fumose, a dispetto delle chiare indicazioni dell’Unione Europea. Ad esempio, da un’indagine condotta nel Regno Unito su 50 prodotti è emerso che nella metà dei casi non erano specificati i ceppi probiotici o la loro concentrazione.
Nell’attesa che ulteriori studi caratterizzino meglio i pro ed i contro di questi prodotti, sarebbe opportuno che l’OMS rivedesse la sua definizione di probiotici (prodotti che conferiscono un beneficio alla salute di chi li assume), in quanto dopo i risultati ottenuti dal trial sopra riportato, non è più possibile affermare che i probiotici siano privi di rischi.

Dottoressa Maria Antonietta Catania

Riferimenti bibliografici

Besselink MGH et al. Probiotic prophylaxis in predicted severe acute pancreatitis: a randomised, double-blind, placebo-controlled trial. Lancet 2008; 371: 651–79.
Probiotics or con? (Editorial) Lancet 2008; 371: 624.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


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