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Farmaci antidemenza: rassegna delle evidenze
Inserito il 05 novembre 2008 da admin. - neurologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Evidenze limitate circa l'efficacia dei farmaci antidemenza e manzanza di confronti diretti con differenze significative.

Cinque farmaci sono approvati dalla FDA per il trattamento delle demenze: gli inibitori della colinesterasi tacrina(*), donepezil, galantamina e rivastigmina, che inibendo l’enzima aumentano i livelli di acetilcolina, e memantina (antagonista non-competitivo dei recettori NMDA) che previene l’eccessiva stimolazione del sistema glutammatergico che influenza memoria ed apprendimento.

Lo scopo della rassegna di Raina et al, è stato valutare l’efficacia di questi 5 farmaci nel migliorare i parametri cognitivi, la funzionalità complessiva, il comportamento e la qualità di vita di pazienti con demenza.

La ricerca è stata condotta utilizzando le banche dati Cochrane Central Register of Controlled Trials, MEDLINE, PREMEDLINE, EMBASE, Allied and Complementary Medicine Database, CINAHL, AgeLine, e PsyclNFO, da gennaio 1986 fino a novembre 2006. Sono stati selezionate pubblicazioni in lingua inglese di trial clinici randomizzati e controllati, che non prevedevano un disegno di tipo crossover, con un punteggio di qualità di almeno 3 sulla scala Jadad, condotti in pazienti adulti con diagnosi di demenza.

Delle 2577 pubblicazioni selezionate, 96 (59 studi) sono state considerate eligibili e per ognuno dei farmaci valutati 1 o più trial sono risultati sufficientemente informativi relativamente agli esiti presi in esame.

Donepezil vs placebo

I 34 articoli selezionati (24 studi, 7556 pazienti) sono coerenti ed evidenziano che donepezil, sia alla dose di 5 mg che di 10 mg, migliora le capacità cognitive e la funzionalità complessiva in pazienti con malattia di Alzheimer e demenza vascolare. La stima di questi effetti, valutati con le scale Alzheimer’s Disease Assessment Scale cognitive subscale (ADAS-cog) e Clinician-Based Impression of Change with cargiver input (CIBIC-plus), tuttavia, suggerisce che essi sono di lieve entità.
Nessun beneficio, relativamente a queste valutazioni, è invece stato osservato in pazienti con deficit cognitivo lieve. Variazioni clinicamente significative sono state dimostrate con la CIBIC-plus ma non con ADAS-cog.
Il miglioramento dei sintomi comportamentali e della qualità di vita non è stato estesamente valutato oppure è stato misurato utilizzando parametri non coerenti.
Gli eventi avversi consistono principalmente di disturbi gastrointestinali (diarrea, nausea e vomito), prevedibili per questa classe di farmaci, dose-correlati.
Dal momento che molti studi in pazienti con Alzheimer medio-moderato sono a breve termine, non è possibile di trarre conclusioni sugli effetti potenziali di donepezili nel ritardare la progressione della malattia oppure sull’uso del farmaco a lungo termine (>6 mesi). Nei pazienti con deficit cognitivo lieve, donepezil ha ridotto il tasso di conversione a malattia di Alzheimer nel breve periodo ma non a 36 mesi.

Galantamina vs placebo

Dai 10 studi (3997 pazienti) valutati, emergono evidenze coerenti che indicano come galantamina migliori le capacità cognitive e la funzionalità complessiva, valutate attraverso l’ADAS-cog e il CIBIC-plus, ma solo per quest’ultimo si ottiene una rilevanza clinica. Le dosi utilizzate sono state 24, 32 o 36 mg/die(**). Le evidenze non sono coerenti riguardo i cambiamenti sulla funzionalità valutata tramite la activities of daily living (ADL).
Gli eventi avversi sono stati principalmente disturbi gastrointestinali (nausea, vomito, diarrea), disordini dell’alimentazione, perdita di peso e vertigini. La breve durata degli studi (Alzheimer medio-moderata o demenza vascolare), 6 mesi, e il disegno in aperto di un solo studio di 1 anno, limitano la possibilità di estrapolare questi dati all’uso del farmaco oltre i 6 mesi.

Rivastigmina vs placebo

I 9 studi (2164 pazienti) considerati hanno mostrato risultati coerenti relativamente agli esiti sulle capacità cognitive e sulla funzionalità complessiva. Comunque, gli effetti valutati tramite la scala ADAS-cog non hanno raggiunto la significatività statistica. Sebbene questi effetti siano risultati minori rispetto agli altri inibitori delle colinesterasi, l’eterogeneità tra gli studi non ha permesso una loro valutazione combinata. Le dosi utilizzate sono state tra 1 e 12 mg/die, mentre la durata degli studi da 14 a 52 settimane.

Tacrina vs placebo

Sulla base dei 6 studi (1203 pazienti) che confrontano tacrina a placebo, non vi è una coerente evidenza per una significativa differenza tra i trattamenti relativamente agli effetti sulle capacità cognitive. Ciò potrebbe dipendere in parte dalla scelta del parametro di valutazione, dalla ridotta dimensione dello studio, dalle basse dosi utilizzate e dall’insufficiente durata degli studi. Due su 3 trial hanno mostrato benefici sulla funzionalità globale. Gli eventi avversi sono risultati associati a problemi gastrointestinali (nausea e vomito) e vertigini. L’elevato tasso di abbandono da effetti avversi e ai potenziali danni epatici indicano che questo farmaco è meno tollerato dai pazienti.

Donepezil vs galantamina

In 1 studio di 52 settimane condotto su 182 pazienti con malattia di Alzheimer, sono stati confrontati donepezil (10 mg/die) e galantamina (24 mg/die). Nessuna differenza statisticamente significativa è stata dimostrata per gli effetti sulla funzionalità complessiva (Bristol Activities of Daily Living Scale). Sono state rilevate differenze significative a favore di galantamina relativamente alle funzioni cognitive (ADAS-cog e Mini Mental Scale Examination; MMSE) ma solo in pazienti con MMSE compreso tra 12 e 18. Tra i due farmaci non è stata dimostrata nessuna differenza statisticamente significativa nella frequenza di eventi avversi (nausea, vomito, agitazione, cefalea e cadute), anche gravi.

Donepezil vs rivastigmina

In un ampio trial (994 pazienti) della durata di 2 anni, sono stati confrontati donepezil (fino a 10 mg/die) vs rivastigmina (fino a 12 mg/die) in pazienti con malattia di Alzheimer moderatamente severa. Differenze statisticamente significative a favore di rivastigmina sono state mostrate nelle valutazioni della funzionalità ma non delle capacità cognitive e comportamentali. In generale, i pazienti nel gruppo rivastigmina hanno riportato più effetti avversi rispetto al gruppo donepezil ma non sono state osservate differenze per gli effetti avversi gravi.

Memantina vs placebo

Sulla base di 6 studi (1944 pazienti) emergono evidenze consistenti che indicano che memantina migliora le funzioni cognitive e la funzionalità globale, ma l’entità di questi effetti (secondo l’ADAS-cog) non raggiunge la significatività dal punto di vista clinico. I benefici su altri esiti sono limitati ma indicano un miglioramento della qualità di vita del paziente con malattia di Alzheimer moderata-severa.
Gli eventi avversi includono sintomi gastrointestinali, vertigini, e cefalea. In molti studi l’agitazione è stata riportata meno frequentemente rispetto a placebo. Memantina è risultata ben tollerata sia come monoterapia che in associazione a donepezil. I trial su memantina hanno valutato pazienti con demenza vascolare media-moderata e malattia di Alzheimer moderata-severa. Sebbene le differenze nelle valutazioni sulle capacità cognitive, sulla funzionalità complessiva globale e sulla qualità di vita siano state mantenute durante il periodo degli studi (massimo 28 settimane) non è possibile estrapolare questi dati per un uso a lungo termine.


Gli inibitori della colinesterasi e la memantina possono migliorare i sintomi relativi soprattutto alle funzioni cognitive e alla funzionalità complessiva. Tali esiti, tuttavia, non sono comuni a tutti i farmaci valutati. Dal punto di vista della significatività clinica, i risultati non sono stati valutati in modo sistematico. I confronti diretti sono limitati e non indicano importanti differenze.


Commento

Alcuni aspetti metodologici potrebbero aver influenzato questa rassegna. I sistemi di classificazione utilizzati per la diagnosi dei vari tipi di demenza e delle altre forme di deficit cognitivo non sono intercambiabili. Si evidenziano incertezze sull’accuratezza di questi criteri, soprattutto in merito alle valutazioni della gravità della demenza, a causa delle differenti metodologie utilizzate nei vari studi.
I trial considerati sono risultati incoerenti nella classificazione degli eventi avversi seri o nella gravità degli eventi atipici. Inoltre, la durata di molti studi è stata relativamente breve e i pazienti inclusi presentavano demenze medio-moderate. Nella pratica clinica, i pazienti con demenza spesso hanno situazioni mediche complesse e sono ad alto rischio di effetti indesiderati e interazioni farmacologiche.
In molti studi le capacità cognitive e la funzionalità complessiva sono stati gli esiti in base ai quali è stata valutata l’efficacia (in accordo alle raccomandazioni della FDA della “dual efficacy” per i farmaci per la demenza). Le linee guida europee sottolineano anche l’importanza degli esiti comportamentali per la valutazione dell’efficacia di questi farmaci. Un trattamento clinicamente rilevante è quello che determina delle variazioni rilevanti per il paziente, per il caregiver e per il medico. Una differenza statisticamente significativa nelle scale di valutazione non sempre riflette un cambiamento clinicamente importante.
Inoltre, gli obiettivi della terapia cambiano al variare dello stadio della malattia. In uno stadio precoce, lo scopo è di migliorare la cognition e rallentare la progressione della malattia, In uno stadio medio, si pone maggiore attenzione a preservare la funzionalità, a mantenere la sicurezza ed a ritardare l’istituzionalizzazione. Negli stadi tardivi, l’enfasi si sposta verso il controllo dei comportamenti difficili che può essere ottenuto sia con terapie farmacologiche sia con cambiamenti ambientali e sociali.

Dottor Gianluca Miglio

Riferimento bibliografico

Raina et al. Effectiveness of cholinesterase inhibitors and memantine for treating dementia: evidence review for clinical practice guideline. Ann Inte Med 2008; 148: 379-97.

(*) In Italia tacrina non è disponibile.
(**) La dose massima raccomandata dalla ditta produttrice è di 24 mg/die.



Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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