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Nessun rischio di fibrillazione atriale o flutter con i bisfosfonati
Inserito il 14 novembre 2008 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Non si è evidenziato un incremento del rischio di fibrillazione atriale e flutter associati all’uso di etidronato e alendronato nel trattamento dell’osteoporosi.


La fibrillazione atriale è un evento comune e potenzialmente grave: il rischio di sviluppare almeno un episodio di aritmia nel corso della vita è superiore al 20% della popolazione e rappresenta un fattore di rischio maggiore per ictus, tromboembolismo e insufficienza cardiaca.

I bifosfonati sono farmaci ampiamente utilizzati nel trattamento dell’osteoporosi post-menopausale, aumentano la densità ossea e riducono il rischio di fratture. Uno studio clinico multicentrico randomizzato ha recentemente verificato l’efficacia della somministrazione per via endovenosa 1 volta/anno di acido zoledronico nel ridurre il rischio di fratture vertebrali, dell’anca e di altro genere (Black DM et al. Once-yearly zoledronic acid for treatment of postmenopausal osteoporosis. N Engl J Med 2007; 356: 1809-22). Tuttavia, sono stati descritti casi gravi di fibrillazione atriale più spesso nel gruppo randomizzato ad acido zoledronico rispetto a placebo. Questo dato si aggiunge ai risultati ottenuti in uno studio precedente che avevano sollevato il problema di una possibile associazione tra l’uso di alendronato e l’aumento del rischio di fibrillazione atriale (Cummings SR et al. Alendonate and atrial fibrillation. N Engl J Med 2007; 356: 1895-6).

L’obiettivo di questo studio caso-controllo è stato quello di verificare l’associazione tra l’uso dei bifosfonati nel trattamento dell’osteoporosi nelle donne e lo sviluppo di fibrillazione atriale e flutter.

Lo studio è stato effettuato su una popolazione danese femminile sfruttando i database medici provenienti dalle contee del Nord Jutland, Ringkjobing, Viborg e Aarhus in Danimarca, per un totale di 1,7 milioni di pazienti (circa il 30% della popolazione danese). Per valutare l’incidenza dei casi di fibrillazione e flutter atriale, è stato utilizzato il Registro Nazionale Danese dei pazienti. Il Registro riporta il codice anagrafico di ogni paziente che è stato ricoverato in ospedale dal 1977 (dal 1995 anche le visite di medicina generale e in pronto soccorso) con i relativi dati di ospedalizzazione e dimissione del paziente, diagnosi e interventi chirurgici codificati dai medici e classificati secondo l’ICD (International Classification of Diseases).
I casi arruolati nello studio sono stati quelli che avevano avuto una prima diagnosi di fibrillazione atriale o flutter nel periodo compreso tra il 1999 e il 2005, poiché il registro delle prescrizioni nelle quattro contee nelle quali sono stati arruolati i pazienti è stato completato nel 1998.
Per ogni caso sono stati selezionati fino ad un massimo di 5 controlli secondo criteri di similarità basati su età, sesso e contea di provenienza. I controlli sono stati selezionati utilizzando un campionamento in base al set di rischio e assegnando una “data indice” identica a quella della diagnosi di fibrillazione o flutter atriale del corrispondente caso.
Per identificare tutte le prescrizioni di bifosfonati effettuate è stato utilizzato il database delle prescrizioni delle 4 contee. I bifosfonati utilizzati sono stati alendronato ed etidronato con solo 5 utilizzatrici di risedronato tra i controlli. Sono state definite utilizzatrici attive quelle per le quali è stata individuata una prescrizione di bifosfonati nei 90 giorni precedenti la diagnosi di fibrillazione o flutter atriale (data indice per i relativi controlli) e utilizzatrici storiche quelle con data dell’’ultima prescrizione effettuata prima dei 90 giorni. Nuove utilizzatrici erano le pazienti con una prima prescrizione registrata nei tre mesi precedenti la data indice e utilizzatrici continuative quelle con più di una prescrizione registrata. Per ogni paziente è stato valutato il registro contenente i codici delle dimissioni ospedaliere o le date indice delle diagnosi di malattie cardiovascolari, diabete, cancro, malattie polmonari ed epatiche, ipertiroidismo, insufficienza renale, osteoporosi e alcolismo. L’eventuale diagnosi di intossicazione alcolica è stata inserita nell’analisi se accertata durante il ricovero ospedaliero o nelle date indice fra i controlli. Infine, come indice di gravità di fibrillazione atriale o flutter, sono state riportate informazioni associate a cardioversione osservata entro un anno dalla data indice.
Sono state identificate 13586 donne con fibrillazione/flutter atriale e 68054 controlli. Su un totale di 996 pazienti (8,3%), è stata registrata cardioversione entro un anno dalla diagnosi di fibrillazione. Circa il 74% dei casi e dei controlli avevano un’età >70 anni. L’uso dei bifosfonati è stato non comune in entrambi i gruppi: 435 casi (3,2%) e 1958 controlli (2,9%) erano utilizzatori attivi di bifosfonati mentre 289 casi (2.1%) e 1180 controlli (1.7%) erano utilizzatori storici. Etidronato e alendronato venivano usati con la stessa frequenza fra i casi e i controlli.
Il rischio relativo di fibrillazione atriale tra le utilizzatrici attive di bifosfonati rispetto alle non utilizzatrici è stato di 0,95 (95%CI; da 0,84 a 1,07), simile a quello delle utilizzatrici storiche (1,04; 95%CI da 0,90 a 1,21). Le nuove utilizzatrici hanno mostrato un rischio relativo pari a 0,75 (95%CI: da 0,49 a 1,16), molto simile a quello delle utilizzatrici continuative (0,96; 96%CI: da 0,85 a 1,09).


Questo studio caso-controllo effettuato su un’ampia popolazione non ha evidenziato un incremento del rischio di fibrillazione atriale e flutter associati all’uso di etidronato e alendronato nel trattamento dell’osteoporosi.


Commento

L’editoriale di accompagnamento allo studio rileva che il database e i metodi impiegati sono rigorosi e accurati. Gli autori non riportano differenze sostanziali nell’uso di alendronato e etidronato nelle pazienti con diagnosi o meno di fibrillazione atriale o flutter (3,2% vs 2,9%).
Il limite principale dello studio è rappresentato dalla mancanza di informazioni sull’acido zoledronico. Questo aspetto è fondamentale perché gli autori suggeriscono che i bifosfonati somministrati per via orale sono sicuri nei confronti dell’insorgenza di fibrillazione atriale, mentre questa reazione potrebbe scatenarsi rapidamente dopo infusione di acido zoledronico (o altri bifosfonati somministrati per via endovenosa*) come risultato del rilascio di citochine pro-infiammatorie o a causa dell’ipocalcemia transitoria o di iperparatiroidismo secondario.
Lo studio HORIZON (Black DM t al, for the HORIZON Pivotal Fracture Trial. Once-yearly zoledronic acid for treatment of postmenopausal osteoporosis. N Engl J Med 2007; 356: 1809-22), condotto su 7800 donne in post-menopausa trattate per oltre 3 anni, sembra escludere questi meccanismi dal momento che gran parte dei casi di fibrillazione atriale osservati si è verificata mesi dopo la prima infusione e non sono state osservate aritmie all’ECG nei pazienti dello studio. Ulteriori studi sono necessari per approfondire i rischi correlati all’uso di bifosfonati per via parenterale con particolare riferimento all’acido zoledronico.
Le evidenze scientifiche disponibili suggeriscono che oltre ad effettuare un ECG in pazienti anziani con fratture legate all’osteoporosi nei quali si rilevano aritmie, non sono necessarie particolari precauzioni quando si prescrivono bifosfonati per via orale.
Se anche esiste un rischio minimo di fibrillazione atriale o flutter per i bifosfonati, questo non sarebbe comunque sufficiente a superare il beneficio di questi farmaci nella prevenzione delle fratture in pazienti con osteoporosi.

* Oltre ad acido zoledronico, 5 mg/100 ml ev (classe H OSP2), in Italia, è in commercio anche la formulazione endovenosa di acido ibandronico 3 mg/3 ml (classe H OSP1) il cui intervallo posologico autorizzato è di un’iniezione ogni 3 mesi.

Dottoressa Sabrina Montagnani e Dottor Marco Tuccori


Riferimenti bibliografici

Sørensen HT et al. Use of bisphosphonates among women and risk of atrial fibrillation and flutter: population based case-control study. BMJ marzo 2008; doi:10.1136/bmj.39507.551644.BE.
Majumdar SR. Oral bisphosphonates and atrial fibrillation. BMJ 2008; doi:10.1136/bmj.39513.481065.80.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


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