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Farmaci Beta2 agonisti e rischio di infarto
Inserito il 11 dicembre 2008 da admin. - pneumologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Solo i pazienti con cardiopatia ischemica ed esposti a basse dosi cumulative di ß2 agonisti presentano un incremento del rischio di IMA.

I farmaci ß2-agonisti trovano il loro maggiore impiego nel trattamento delle patologie delle vie aeree, in particolare l’asma e la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Sebbene siano somministrati per via inalatoria con un basso assorbimento sistemico, possono, tuttavia, stimolare anche i recettori ß2 miocardici, provocando talora anomalie della conduzione elettrica cardiaca (tachicardia, fibrillazione atriale) con alterazioni dell’elettrocardiogramma.
Alla luce di risultati contraddittori da precedenti studi sull’associazione tra ß2-agonisti e infarto acuto del miocardio (IMA), in particolare in pazienti che hanno ricevuto per la prima volta tali farmaci, e considerando che i disturbi cardiovascolari sono maggiori in pazienti con BPCO, questo studio osservazionale ha valutato l’associazione tra ß2 agonisti e prima insorgenza di IMA non fatale in pazienti affetti da ipertensione.
Lo studio caso-controllo nested è stato condotto su una coorte di pazienti in terapia con almeno un farmaco antipertensivo (diuretici tiazidici, ß-bloccanti, calcio-antagonisti, ACE inibitori, sartani o altri farmaci ad azione centrale) registrati nel database olandese PHARMO Record Linkage System (RLS). Il PHARMO RLS archivia, per più di 2 milioni di olandesi, le caratteristiche demografiche e una dettagliata anamnesi farmacologica; questi dati sono, poi, collegati al registro nazionale dei ricoveri ospedalieri, così come ad altri registri sulla salute (registro delle patologie, registro dati analisi di laboratorio e dati del medico di medicina generale).

Per questo studio sono stati utilizzati i dati inseriti nel periodo gennaio 1991 - dicembre 2003. Sono stati arruolati nella coorte i pazienti in trattamento antipertensivo da almeno 1 anno per i quali è stata valutata la prima insorgenza di IMA non fatale entro 100 giorni dalla data dell’ultima dispensazione del farmaco antipertensivo.
Sono stati esclusi dallo studio i pazienti colpiti da infarto del miocardio fatale, perchè avrebbero potuto essere deceduti prima del ricovero ospedaliero e, quindi, non registrati nel database. La data del primo ricovero per IMA non fatale è stata considerata come data indice. Ogni caso di IMA è stato confrontato con un massimo di 12 pazienti del gruppo di controllo in base ad anno di nascita (+/- 2 anni), sesso e regione di residenza.
Secondo il disegno dello studio, i pazienti in trattamento con ß2 agonisti sono stati classificati come:
• utilizzatori in corso, nel caso di pazienti che hanno ricevuto almeno una dispensazione di ß2-agonisti entro i 100 giorni precedenti la data indice;
• utilizzatori recenti, che hanno ricevuto l’ultima dispensazione da 100 giorni fino ad 1 anno prima della data indice;
• pregressi utilizzatori, in terapia farmacologica con ß2 agonisti da almeno un anno precedente la data indice.
È stata valutata l’esposizione ai ß2-agonisti anche in pazienti con storia pregressa di cardiopatia ischemica, ovvero i pazienti esposti ad almeno una prescrizione di nitrati o ricoverati per cardiopatia ischemica, o sottoposti ad angioplastica coronarica o a innesto di bypass aortocoronarico.
I dati ottenuti sono stati corretti per:
• fattori di rischio cardiovascolare (definiti come assunzione di farmaci antipertansivi nei 100 giorni precedenti, di FANS o aspirina nei 2 mesi precedenti, di diuretici dell’ansa, digossina, antiaritmici, spironolattone, nitrati, statine, fibrati, anticoagulanti e antidiabetici nei 6 mesi precedenti);
• ricovero ospedaliero per altre cause (ipertensione, diabete, iperlipidemia, cardiopatia ischemica, malattia cardiaca reumatica, di compromissione della circolazione polmonare e altre forme patologiche incluso scompenso cardiaco, aritmie e danno cerebrovascolare fino a qualche tempo prima della data indice);
• indice di gravità delle patologie respiratorie sottostanti, prendendo in considerazione il ricovero ospedaliero per patologie ostruttive delle vie aeree nell’anno precedente e l’esposizione a corticosteroidi e anti-colinergici per via inalatoria, derivati xantinici, acetilcisteina, soluzioni nebulizzate e corticosteroidi orali nei 6 mesi precedenti alla data indice;
• utilizzo di antibiotici (tetracicline, penicilline, antibiotici ß-lattamici, macrolidi e sulfonammidi) entro 3 giorni dall’assunzione orale di corticosteroidi.

Su un totale di 2476 casi (il 59% della popolazione era di sesso maschile, con età media alla data indice di 67 anni) di IMA manifestatisi durante il follow-up, il rischio di IMA è aumentato negli utilizzatori in corso [odds ratio grezzo (OR) 1,36, 95% CI, 1,15-1,61]. Tuttavia, tale rischio è diminuito quando corretto per l’indice di gravità dell’asma e della BPCO ed è stato statisticamente paragonabile al gruppo di controllo - non utilizzatori- (OR corretto 1,18, 95% CI, 0,93-1,49), senza differenza tra esposizioni “correnti” a ß2 agonisti short-acting e long-acting.
Un maggior rischio, invece, è stato evidenziato per gli utilizzatori recenti con un’anamnesi di cardiopatia ischemica ed esposti a basse dosi cumulative di ß2 agonisti (OR corretto 2,47, 95% CI, 1,60-3,82).
Una possibile spiegazione di questo risultato risiede nel fatto che i sintomi dispnoici potrebbero derivare da alterazioni cardiovascolari latenti piuttosto che da una patologia respiratoria. Infatti, la cardiopatia ischemica acuta o la cardiomiopatia possono incrementare il volume ventricolare sinistro al termine della diastole con un incremento della pressione polmonare e conseguente dispnea.
Una spiegazione alternativa potrebbe essere la stimolazione diretta sui recettori ß2 cardiaci con conseguente tachicardia, tracciato ECG anormale e fibrillazione atriale. Poiché è noto che tale effetto è una reazione avversa dose-dipendente, dosaggi maggiori di ß2 agonisti sono associati a un maggior rischio di eventi cardiaci indesiderati. Tuttavia, i dati pervenuti da questo studio non confermano questa evidenza, anzi, dosi cumulative sono inversamente correlate al rischio di IMA.

Il maggior limite di questo studio è rappresentato dall’incapacità di correggere completamente i rischi per patologie sottostanti, a causa della disponibilità limitata di registrazioni ospedaliere e di dati sulle dispensazioni di farmaci; inoltre, non sono stati disponibili i dati sul fumo, che potrebbe essere un importante fattore di confondimento. Un altro limite è rappresentato dal fatto che le analisi ricavate sono applicabili ai pazienti in trattamento con antipertensivi, ma non possono essere estrapolate per tutti gli utilizzatori di ß2 agonisti.
Infine, un limite intrinseco alla natura stessa dello studio nested è correlato alla difficoltà di localizzare modifiche del rischio di IMA al di fuori del tempo previsto per lo studio, come da calendario.
Tuttavia, i dati ottenuti da questo studio risultano particolarmente attendibili, rispetto ad un precedente studio canadese (Suissa S et al. Thorax 2003; 58: 43–6) che aveva fornito medesimi risultati, grazie ad un differente approccio statistico dei dati: la scelta di quantificare le dosi cumulative dispensate in modo dettagliato utilizzando un diverso approccio, smoothing spline, e la scelta di stratificare l’analisi dei dati per cardiopatia ischemica e per numero di prescrizione di nitrati nei pazienti esposti ad alto. Inoltre, questi risultati contraddicono quelli di un precedente studio americano (Au DH et al. Am J Respir Crit Care Med 2000; 161: 827–30) perché in quest’ultimo i dati ottenuti sono stati aggiustati per fattori di rischio cardiovascolare e non per gravità delle patologie respiratorie e per uso di farmaci dell’apparato respiratorio e ß2 agonisti.

Dottoressa Carmen Ferrajolo

Pertanto, gli autori concludono che solo i pazienti con cardiopatia ischemica ed esposti a basse dosi cumulative di ß2 agonisti presentano un incremento del rischio di IMA e che tale rischio deve essere considerato nei pazienti con una cardiopatia ischemica latente che assumono farmaci ß2 agonisti e antipertensivi.


Riferimento bibliografico

De Vries F. et al. Use of ß2 agonists and risk of acute myocardial infarction in patients with hypertension. British Journal of Clinical Pharmacology 2008; 65: 580–6.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


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