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Solo vantaggi renali dal controllo stringente della glicemia nei diabetici: lo studio Advance
Inserito il 19 giugno 2008 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Un controllo aggressivo della glicemia con gliclazide (ed altri ipoglicemizzanti, se necessario) in grado di abbassare l’HbA1c sotto il valore del 6,5% si associa ad una riduzione del 10% del tasso di eventi macro e microvascolari considerati assieme ma anche a maggiori ipoglicemie ed ospedalizzazioni.

Studio ADVANCE

Lo studio parte dalla constatazione che allo stato attuale delle conoscenze non è nota quale sia l’efficacia di un controllo intensivo della glicemia nei diabetici di tipo 2 su esiti di tipo cardiovascolare.
Questo trial controllato e randomizzato (RCT) è stato quindi progettato per testare l’ipotesi se esiste una correlazione diretta fra valore di emoglobina glicosilata (HbA1c) e tasso di eventi cardiovascolari (CV) nei pazienti diabetici. Studi epidemiologici suggeriscono che a migliore controllo del diabete corrispondono maggiori benefici in termini di prevenzione di eventi CV, manca tuttavia una prova diretta basata su RCT ( tipo di studio di qualità superiore agli studi osservazionali).

Metodi: Lo studio ha randomizzato 11.410 pazienti con diabete di tipo 2 a ricevere un trattamento standard per il controllo del diabete o un trattamento intensivo, inteso come trattamento basato su gliclazide a rilascio modificato (più altri ipoglicemizzanti, se necessario) fino a raggiungere un valore di HbA1c uguale o inferiore a 6,5%.
Sono stati considerati due end point primari, entrambi compositi: eventi macrovascolari ( morte per causa cardiovascolare, infarto e ictus non fatale) e microvascolari ( insorgenza o peggioramento di nefropatia e retinopatia), valutati sia congiuntamente che separatamente.

Risultati: Dopo un follow-up medio di cinque anni l’ HbA1c media nel gruppo intensivo era 6,5% vs 7,3% del gruppo di controllo. Il controllo più stretto della HbA1c ha ridotto l’incidenza degli eventi combinati macro- e microvascolari (18.1%, vs. 20.0%; hazard ratio, 0.90; 95% IC], 0.82 to 0.98; P = 0.01), gli eventi microvascolari (9.4% vs. 10.9%; hazard ratio, 0.86; 95% CI, 0.77 a 0.97; P = 0.01) mentre non ha avuto significativi effetti sugli eventi macrovascolari totali (hazard ratio 0.94; 95% IC, 0.84 a 1.06; P = 0.32), né sulla mortalità CV ( 0.88; 95% IC, 0.74 a 1.04; P = 0.12), né sulla mortalità totale (hazard ratio control, 0.93; 95% IC, 0.83 a 1.06; P = 0.28). Quasi doppie le ipoglicemie severe nel gruppo a controllo intensivo (2.7%, vs. 1.5%; hazard ratio, 1.86; 95% IC, 1.42 a 2.40; P<0.001).

Conclusioni: una strategia di controllo aggressivo della glicemia con gliclazide (ed altri ipoglicemizzanti, se necessario) in grado di abbassare l’HbA1c sotto il valore del 6,5% si associa ad una riduzione del 10% del tasso di eventi macro e microvascolari considerati assieme ma senza alcuna riduzione dei soli eventi macrovascolari.

Referenze

ADVANCE Collaborative Group. Intensive blood glucose control and vascular outcomes in patients with type 2 diabetes. N Engl J Med 2008; 358:2560-2572.


Commento di Marco Grassi

Lo studio australiano ADVANCE , disegnato dagli esperti dell’ Australia's George Institute for International Health, ha coinvolto oltre 11.000 diabetici tipo 2, arruolati in oltre 20 paesi. Oltre all’Australia sono state coinvolte l’area asiatica del sud Pacifico (circa la metà dei partecipanti) , l’Europa (45%) e marginalmente il Nord America ( con poco meno del 5% dei pazienti complessivi).
Chi è stato incluso nel trial, vale a dire, quale erano le caratteristiche dei pazienti? I criteri di inclusione ammettevano pazienti di età superiore ai 55 anni, con diabete insorto ad età superiore ai 30 anni con presenza di pregressi eventi macro o microvascolari o di uno o più fattori di rischio. Gli unici criteri di esclusione erano la controindicazione al trattamento o la indicazione a trattamenti alternativi (come per esempio il trattamento insulinico). Le caratteristiche basali sono riassunte in tabella 1

Tabella 1



Il gruppo di intervento era candidato a raggiungere un target di HbA1c uguale o inferiore a 6.5% con un trattamento basato su gliclazide a rilascio modificato con dosaggi da 30 fino a 120 mg in aggiunta ad altri ipoglicemizzanti orali in caso di mancato raggiungimento del target proposto con la sola monoterapia secondo l’ aggiunta sequenziale di altre solfaniluree (utilizzate nel 2% dei pz.), metformina (aggiunta nel 74%), glitazoni (17%), acarbose ( 19%) ed insulina ( 40%). Il gruppo di controllo era invece candidato a raggiungere un target di HbA1c secondo linee guida locali (circa 7%) e trattamento secondo consuetudine.
I risultati completi sono riportati nella tabella 2 e risultano complessivamente deludenti.
Il trattamento aggressivo non comporta benefici in termini di mortalità e morbilità cardiovascolare mentre riduce di circa il 10% l’insorgenza di complicanze microvascolari (nefropatia e retinopatia). In realtà il risultato è da ascrivere unicamente alla riduzione di comparsa o peggioramento di nefropatia, poichè il tasso di retinopatie è rimasto invariato. Significativa, anche se non eclatante, la riduzione di insorgenza di nuova microalbuminuria, noto fattore di rischio, sia di nefropatia franca che di eventi cardiovascolari. E’ presumibile che il relativamente breve follow-up dello studio (5 anni), a fronte dei molti più anni che necessitano perché la microalbuminuria evolva a nefropatia franca non renda immediata ragione dei benefici su mortalità e morbilità CV che potrebbe avere in un follow up più prolungato la nefroprotezione ottenuta con una terapia ipoglicemizzante più aggressiva.
Queste sono naturalmente speculazioni che necessitano di prove certe prima di consigliare un atteggiamento terapeutico più aggressivo.
Come risultati accessori, tuttavia importanti, specialmente per il medico pratico e in prima linea nel trattamento ambulatoriale dei pazienti diabetici, sono da segnalare il maggior numero di crisi ipoglicemiche nei pazienti trattati in maniera più aggressiva (dato che non costituisce certo una sorpresa), un maggior tasso di ospedalizzazione (dovuto in parte alle crisi ipoglicemiche che necessitano di ricovero) ed un cospicuo aumento dell’impegno per seguire i soggetti del gruppo a maggiore intensità di cura: 31 visite ambulatoriali contro le 11 dei diabetici a trattamento standard.
Per chiudere, anche per questo trial vale la considerazione che un target da raggiungere deve essere al servizio della salute del paziente e non il paziente al servizio del target. Gli esempi di target da raggiungere che non solo non aggiungono salute ai pazienti, ma addirittura risultano pericolosi, cominciano ad essere troppi per perseverare acriticamente sulla strada dell’ aggressività diagnostica a terapeutica a tutti i costi.

Tabella 2



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