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Studio ACCORD: attenzione alla terapia ipoglicemizzante troppo aggressiva!
Inserito il 19 giugno 2008 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

E' stato pubblicato lo studio ACCORD, interrotto anticipatamente per un eccesso di mortalità nel gruppo di diabetici trattato con una terapia ipoglicemizzante troppo intensiva.


Il razionale di questo studio americano è lo stesso dello studio ADVANCE. Partendo dal presupposto che numerosi studi osservazionali avevano indicato l’esistenza di un rapporto inverso fra livello di emoglobina glicata e tasso di eventi cardiovascolari nei pazienti affetti da diabete di tipo 2, lo studio si proponeva di verificare se una terapia ipoglicemizzante più aggressiva in grado di normalizzare l’emoglobina glicata fosse in grado di ridurre gli eventi cardiovascolari in misura proporzionalmente maggiore rispetto ad una terapia standard che non raggiungeva tali livelli di emoglobina glicata.
Metodi: Lo studio ha coinvolto 10.251 pazienti ( di età media 62.2 anni con HbA1c di 8.1%) che sono stati randomizzati a ricevere un trattamento ipoglicemizzante intensivo ( con obiettivo di HbA1c inferiore a 6%) o una terapia standard ( con obiettivo di HbA1c fra 7.0 e 7.9%). Di questi pazienti il 38% era di sesso femminile e il 35% aveva già avuto un evento cardiovascolare. L’outcome primario di tipo composito prendeva in considerazione infarto del miocardio e ictus non fatali, morte per cause cardiovascolari. L’iniziale follow up previsto era di 5 anni ma lo studio è stato interrotto dopo 3.5 anni per eccesso di mortalità nel braccio a terapia intensiva.
Risultati: in un anno sono stati raggiunti gli obiettivi di HbA1c 6.4 e HbA1c 7.5%, rispettivamente nel gruppo a terapia intensiva e terapia standard. Durante il follow up si sono avuti 352 eventi (gruppo intervento) e 371 (gruppo controllo) per quanto riguarda l’end point primario ((hazard ratio, 0.90;
IC 95% 0.78 a 1.04; P = 0.16) ma nello stesso periodo si sono contati 257 decessi nel gruppo intervento contro 203 decessi nel gruppo controllo (hazard ratio, 1.22; IC 95%, 1.01 a 1.46; P = 0.04).
]b]Conclusioni:[/b] una terapia ipoglicemizzante intensiva tendente a normalizzare l’emoglobina glicosilata (uguale o inferiore a 6%) non ha ridotto significativamente gli eventi cardiovascolari ed ha aumentato il tasso di mortalità nel corso di un follow up di 3,5 anni. Questi dati mettono in luce per la prima volta il pericolo di trattare aggressivamente con ipoglicemizzanti pazienti diabetici ad alto rischio cardiovascolare.


Fonte:

The Action to Control Cardiovascular Risk in Diabetes Study Group Effects of Intensive Glucose Lowering in Type 2 Diabetes. N Engl J Med 2008;358:2545-59.



Commento di Marco Grassi

“ I risultati di questo trial sono sorprendenti? Si. Inaspettati? Certamente.” [1] Così chiosano sull’autorevole Diabetes gli autori di un commento sullo studio ACCORD. C’è effettivamente da rimanere sorpresi dagli inaspettati risultati di questo trial condotto e sponsorizzato dal National Institutes of Health statunitense ( dunque una istituzione pubblica, anche se hanno collaborato numerose aziende farmaceutiche ma unicamente come fornitrici dei farmaci utilizzati nello studio) perché contraddicono, o quantomeno mettono in seria discussone, radicate credenze sui rapporti fra gravità del diabete ( espressa come scarso controllo della glicemia e della HbA1c) e sviluppo o peggioramento di macro e microangiopatia. Numerosi studi osservazionali, compendiati in questa metanalisi [2] avevano infatti suggerito che l’incidenza di danni vascolari, sia di tipo macrovascolare ( aterosclerosi delle arterie di grosso e medio calibro) che microvascolare ( microangiopatia dei piccoli vasi di organi nobili come il rene e la retina) fosse direttamente proporzionale al livello di iperglicemia e di HbA1c. Una estrapolazione di dati, corretta per altri fattori di rischio, aveva quantificato nel 18% una aumento di rischio di eventi CV per una variazione in incremento dell’1% di HbA1c [2].
La relazione inversa fra HbA1c ed eventi CV suggerisce quindi che una strategia terapeutica tendente ad abbassare quanto più possibile l’iperglicemia possa ridurre proporzionalmente gli eventi cardiovascolari nei pazienti diabetici. Ipotesi, questa, che sebbene supportata dai dati sopracitati non è mai stata dimostrata esplicitamente con studi ad hoc, vale a dire trial randomizzati di adeguata potenza che mettessero a confronto diverse strategie terapeutiche focalizzate su end point clinici come la mortalità e morbilità CV. Nonostante una sostanziale mancanza di forti prove di efficacia di una terapia ipoglicemizzante aggressiva su endpoint clinici di peso, la strategia di abbassare la HbA1c verso i valori di normalità se possibile, e comunque inferiori a 7%, è consigliata nelle principali linee guida, come quelle dell’ADA, per citarne solo una.[3]
Lo studio ACCORD ( acronimo di Action to Control Cardiovascular Risk in Diabetes) è stato specificatamente disegnato per stabilire se una strategia terapeutica più aggressiva, tendente a portare verso la normalità l’emoglobina glicata ( uguale o inferiore al 6%) fosse in grado di ridurre il tasso di eventi CV rispetto ad una strategia terapeutica più soft ( con HbA1c mantenuta a valori compresi fra 7% e 7.9%) in una popolazione di pazienti diabetici ad alto rischio CV ( con patologia CV già conclamata o con fattori di rischio multipli)
Lo studio è stato interrotto anticipatamente (17 mesi prima della conclusione programmata) per un eccesso di mortalità nel gruppo sottoposto ad intervento più aggressivo. I dati completi, estrapolati e adattati dalla tabella 4 della pubblicazione originale [4], sono compendiati nella tabella 1.



La sorpresa di questi dati è accentuata dal fatto che ad una maggiore mortalità non corrisponde una altrettanto maggiore morbilità, cioè un contemporaneo aumento di eventi CV non fatali. C’è quindi da chiedersi di cosa, come e perché sono morti i pazienti trattati con maggiore aggressività. La tabella che compendia tutte le cause di morte ci aiuta solo in parte a spiegare questi dati. Da una attenta lettura si nota tuttavia come la maggior parte delle morti inattese sia da ascrivere a 2 cause: morti inattese (di presunta origine CV) e morti da altre cause che non siano la CV o tumorale. In particolare, 19 delle 54 morti in eccesso, sono da attribuire a morti inattese di presunta origine CV che secondo alcune interpretazioni vedrebbero l’ipoglicemia ( più frequente e grave nel gruppo di intervento) come fattore concausale o precipitante in pazienti in condizioni CV in equilibrio instabile. La stessa ipotesi potrebbe farsi per le morti da altre cause: una terapia aggressiva che comporta l’assunzione di una politerapia che impegna metabolismo epatico e renale potrebbe aver fatto precipitare situazioni cliniche limite. Non è poi da sottovalutare la complessità e onerosità, da un punto di vista pratico, del regime terapeutico cui sono stati sottoposti i pazienti. I pazienti arruolati in questo studio erano relativamente anziani e fragili, con patologia CV già presente in oltre un terzo dei casi, tutti francamente obesi ( BMI medio 32), con diabete insorto da almeno 10 anni e mal controllato ( HbA1c di 8.3%) al momento dell’arruolamento e con pressione arteriosa non a target. Il trattamento aggressivo e rigoroso ha comportato, nel giro di pochi mesi, l’assunzione di molti nuovi farmaci rispetto al trattamento precedente l’arruolamento o a dosaggi più alti ( oltre la metà dei pazienti assumeva ipoglicemizzanti orali di tre classi diverse, il 10% 4 o 5 ipoglicemizzanti, tre quarti erano anche in terapia insulinica) oltre ai farmaci complementari come antipertensivi, statine, aspirina, etc. Una situazione decisamente stressante che può aver influito negativamente sulla salute complessiva dei pazienti.
Non sono tuttavia da trascurare anche altre ipotesi: potrebbe trattarsi di osservazioni spurie che un più prolungato follow-up avrebbe annullato. In effetti il tasso di mortalità inizia a divergere fin dal primo anno per poi ricominciare a riavvicinarsi al tasso del gruppo di controllo verso il terzo anno. Un prolungamento del follow up avrebbe potuto rispondere a questa obiezione ma evidentemente il Safety Monitoring Committee, che ha sospeso prematuramente il trial, non ha ritenuto etico far continuare il trial sottoponendo i pazienti del gruppo di intervento ad ulteriori rischi.




Referenze

1. William T. Cefalu, and Karol Watson Intensive Glycemic Control and Cardiovascular Disease Observations From the ACCORD Study. Now What Can a Clinician Possibly Think? Diabetes 2008;57:1163-1165,
2. Selvin E, Marinopoulos S, Berkenblit G, et al. Meta-analysis: glycosylated hemoglobin and cardiovascular disease in diabetes mellitus. Ann Intern Med 2004;141:421-31.
3. American Diabetes Association. Standards of medical care in diabetes — 2008. Diabetes Care 2008;31:Suppl 1:S12-S54.
4. The Action to Control Cardiovascular Risk in Diabetes Study Group Effects of Intensive Glucose Lowering in Type 2 Diabetes. N Engl J Med 2008;358:2545-59.




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