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Sicurezza della terapia antipiastrinica prima della trombolisi dell'ictus |
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Inserito il 09 febbraio 2009 da admin. - neurologia - segnala a:
Nonostante la più alta incidenza di emorragia cerebrale, il beneficio netto della terapia con tPA dello stroke ischemico è superiore nei pazienti che utilizzano farmaci ad azione antipiastrinica.
La terapia antipiastrinica (antiplatelet, AP) può aumentare il rischio di sanguinamento (SICH: symptomatic intracerebral hemorrhage) ed influenzare l’esito funzionale in pazienti con stroke ischemico dopo trombolisi endovenosa con attivatore tissutale del plasminogeno (tPA). Le Linee Guida dell’American Heart Association non individuano in una precedente terapia AP una controindicazione al trattamento con tPA, ma sconsigliano di iniziarla nelle 24 h successive alla somministrazione di tPA. Questo studio ha valutato se il precedente uso di farmaci AP in pazienti con stroke ischemico trattati con tPA sia correlato all’esito clinico.
Sono stati considerati tutti i pazienti con stroke ischemico trattati con tPA, presso lo University Medical Center Groningen stroke care unit (Olanda) che, dal 1 aprile 2002 al 30 novembre 2006, sono stati inclusi in un registro prospettico redatto presso questo centro. Per il trattamento con tPA entro le 3 h dall’esordio dello stroke sono stati adottati i criteri di inclusione ed esclusione del National Institute of Neurological Disorders and Stroke trial protocol. In base ai risultati dello studio di Hacke et al. (Lancet 2004; 363: 768-74), il trattamento con tPA è stato somministrato fino a 4,5 h dall’esordio dello stroke, specificando che si trattava di un uso off-label e dopo aver ottenuto il consenso informato. Per i pazienti trattati nel periodo 3-4,5 h è stato utilizzato lo European Cooperative Acute Stroke Study II protocol. Il deficit neurologico è stato misurato secondo la National Institute of Health Stroke Scale (NIHSS); le modalità di uso e le dosi dei farmaci AP sono state registrate all’ammissione. La SICH è stata definita dal deterioramento neurologico (punteggio NIHSS =4) nelle prime 36 h e dalla presenza di ematoma (rilevato dalle immagini TAC) in regioni del cervello compatibili con i sintomi clinici (in accordo con la definizione del Safe Implementation of Thrombolysis in Stroke-Monitoring Study). Gli esiti funzionali sono stati valutati a 3 mesi secondo la modified Rankin Scale. L’esito è stato definito favorevole se il punteggio era =2: indipendenza nello svolgimento delle abituali attività giornaliere.
Trecentouno pazienti con stroke ischemico hanno ricevuto il trattamento con tPA; 188 (62,5%) entro le 3 h dall’esordio. Ottantanove pazienti (29,6%) avevano assunto farmaci AP. I pazienti pretrattatti con farmaci AP, rispetto ai non pretrattati, erano più anziani (73±11 anni vs 66±15 anni; p<0,001), in misura minore fumatori (23,5% vs 36,8%; p=0,03), più frequentemente avevano una storia di ipertensione arteriosa (58,4% vs 38,6%; p=0,002), di diabete mellito (19,1% vs 9,0%; p=0,01), di iperlipidemia (48,3% vs 23,3%; p<0,001) e di stroke o di attacco ischemico transitorio (46,1% vs 5,2%; p<0,001). I trattamenti AP sono stati aspirina (n=65; 73,0%), combinazione aspirina + dipiridamolo (n=22; 24,7%), dipiridamolo (n=1; 1,1%), clopidogrel (n=1; 1,1%).
La SICH si è verificata in 18 pazienti (6,0%; 95% CI 3,8%-9,3%); di questi, 12 (13,5%; 7,8%-22,3%) avevano ricevuto terapia AP rispetto a 6 non trattati (2,8%; 1,2%-6,2%), p=0,003. Dieci pazienti con SICH e terapia AP avevano assunto solo aspirina (30-50 mg, n=2; 80-100 mg, n=7; dosaggio non noto, n=1); 2 pazienti aspirina + dipiridamolo (25 mg + 200 mg). Si sono verificate 10 SICH in 65 pazienti pretrattati con aspirina (15,4%; 8,6%-26,1%) vs 8 in 212 pazienti che non avevano assunto aspirina (3,8%; 1,9%-7,3%), p=0,002. Tra i tutti i pazienti che hanno ricevuto tPA entro le 3 h, ci sono state 9 SICH in 60 pazienti che avevano assunto terapia AP (15,0%; 7,9%-26,4%) vs 3 in 128 senza precedente terapia AP (2,3%; 0,5%-7,0%), p=0,002. Nel gruppo trattato con tPA tra le 3 e le 4,5 h, ci sono stati 3 SICH in 29 pazienti con precedente terapia AP (5,3%; 2,9%-27,4%) vs 3 in 84 senza precedente AP (3,6%; 0,8%-10,5%), p=0,18.
La precedente terapia AP, una glicemia ed un punteggio NIHSS maggiori, sono stati identificati come fattori predittivi indipendenti di SICH nell’intera coorte (OR 5,96; 2,01-17,11). Nel sottogruppo trattato entro le 3,0 h, la precedente terapia AP ed un più alto livello glicemico sono stati identificati come fattori predittivi indipendenti di SICH (OR 10,89; 2,40-49,34).
Quarantacinque degli 89 pazienti (50,6%) con precedente terapia AP e 95 dei 212 pazienti (44,8%) senza terapia AP, hanno avuto un esito favorevole (punteggio modified Rankin Scale di 0-2) (p=0,38). Dall’analisi di regressione logistica finale, aggiustata per età, punteggio NIHSS, pressione sistolica, diabete, storia di ipertensione, comparsa di SICH, la terapia AP è risultata correlata ad un esito favorevole (OR 2,01; 1,03-4,26). Anche nel sottogruppo trattato entro le 3 h è stata osservata una tendenza, non significativa, verso una correlazione tra terapia AP ed esito favorevole.
Nonostante la più alta incidenza di SICH, il beneficio netto della terapia con tPA dello stroke ischemico è superiore nei pazienti che utilizzano farmaci AP .
Nella discussione, gli autori identificano due limiti dello studio:
1) non sono state ottenute immagini TAC del cervello in modo sistematico dopo il trattamento con tPA e, di conseguenza, non sono disponibili informazioni sull’effetto della precedente terapia AP sulla transizione emorragica asintomatica;
2) l’incidenza di SICH era bassa nella coorte considerata.
Commento
Nell’editoriale di accompagnamento, viene sottolineato che i risultati descritti contrastano con quelli di precedenti studi che non avevano mostrato un legame tra la precedente terapia con aspirina e l’insorgenza di SICH (The NINDS t-PA Stroke Study Group. Stroke 1997; 28: 2109-18; Tannee D et al. Circulation 2002; 105: 1679-85). Gli editorialisti sostengono che è dubbio che la sola terapia AP sia responsabile di una percentuale di SICH superiore al 13%. La percentuale di SICH nella coorte può indicare che l’inibizione piastrinica, prima della terapia con tPA, migliora il tasso di ricanalizzazione. L’aumento di 2 volte nel tasso di esito favorevole, indipendentemente dall’età più avanzata e dalle comorbidità nel gruppo AP, è in accordo con questa ipotesi. Infine, gli editorialisti ritengono che, al momento, la terapia AP non dovrebbe scoraggiare i medici dal somministrare tPA ai pazienti che sono andati incontro ad uno stroke ischemico.
Dottor Gianluca Miglio
Riferimenti bibliografici
1) Uyttenboogaart et al. Safety of antiplatelet therapy prior to intravenous thrombolysis in acute ischemic stroke. Arch Neurol 2008; 65: 607-11.
2) Hallevi H, Grotta JC. Antiplatelet therapy and the risk of intracranial hemorrhage after intravenous tissue plasminogen activator therapy for acute ischemic stroke. Arch Neurol 2008; 65: 575-6.
Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/
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