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Paroxetina sicura in gravidanza
Inserito il 09 febbraio 2009 da admin. - psichiatria_psicologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Non è stata evidenziata alcuna associazione tra assunzione di paroxetina in gravidanza e aumento del rischio di malformazioni cardiovascolari nei neonati esposti.


Prima della fine del 2005 gli antidepressivi inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) erano considerati una classe relativamente sicura in gravidanza. I tassi di rischio erano sovrapponibili a quelli della popolazione generale (dall’1 al 3%). Successivamente, la ditta produttrice del farmaco (GlaxoSmithKline) ha divulgato i risultati di uno studio dal quale emergeva che nei neonati esposti a paroxetina in utero veniva osservata un’incidenza del 2% di malformazioni cardiovascolari (la cui gravità non era specificata). In seguito ad analisi più dettagliate (Cole JA et al. Pharmacoepidemiol Drug Saf 2007; 16: 1075–85), l’incidenza è stata modificata all’1.5%. In accordo, i risultati di uno studio prospettico longitudinale svedese (Kallen BA et al. Birth Defects Res A Clin Mol Teratol 2007; 79: 301-308), condotto su 959 neonati esposti alla paroxetina in epoca gestazionale precoce, hanno indicato un rischio del 2% di malformazioni cardiovascolari di moderata severità. Infine, un piccolo studio prospettico sui dati dei “teratology information service” mostrava un’incidenza di difetti congeniti cardiovascolari associati all’esposizione a paroxetina dell’1.9%.
In seguito, sono stati pubblicati i primi alert da parte della FDA, dell’Health Canada e dell’American College of Obstetricians and Gynecologists che raccomandavano di evitare, quando possibile, l’utilizzo di paroxetina in gravidanza.
Gli psichiatri, tuttavia, sono di diverso avviso: in uno studio (Cohen LS et a. JAMA 2006; 295: 499-507) che ha incluso 201 donne gravide, il 43% ha avuto una ricaduta della malattia durante la gravidanza; tra le donne che hanno continuato la terapia antidepressiva in gravidanza, il 26% ha avuto ricadute rispetto al 68% di quelle che l’avevano sospesa.

Obiettivo primario di questo studio è stato valutare la teratogenicità della paroxetina, mediante la raccolta dai teratology information service del maggior numero di dati su neonati che sono stati esposti in utero a paroxetina durante il primo trimestre di gravidanza e calcolare il tasso di difetti cardiovascolari di questa coorte, confrontandolo poi con quello di una coorte di non esposti. L’obiettivo secondario era contattare gli autori degli studi sugli antidepressivi pubblicati, basati su database, per determinare quante, tra le donne in terapia con SSRI, erano state esposte a paroxetina e quantificare il tasso di difetti cardiovascolari nei neonati.
Gli autori di questo studio fanno parte del teratology information service del Nord America, collaborano con i corrispondenti servizi presenti in Europa e si occupano di reperire dati sull’utilizzo e sulla sicurezza dei farmaci assunti in gravidanza.

Le donne sono state reclutate nel momento in cui hanno contattato telefonicamente i teratology service per chiedere informazioni sulla sicurezza in gravidanza del farmaco che stavano assumendo. In seguito all’arruolamento delle donne considerate eleggibili, sono state registrate informazioni su dati demografici, storia clinica precedente, esposizione pregressa e attuale a farmaci o altri agenti con particolare attenzione alla durata, all’epoca gestazionale in cui era avvenuta l’esposizione, al dosaggio e alle indicazioni per l’assunzione. Alle interviste successive venivano richieste informazioni sulla gravidanza, sul feto e sull’andamento della gravidanza. Inoltre, previa autorizzazione della madre, veniva registrato anche il rapporto del medico che aveva in cura il neonato.

Il gruppo di controllo era costituito da donne che avevano contattato i teratology service richiedendo informazioni in merito all’assunzione di farmaci già considerati sicuri in gravidanza. Il gruppo di controllo aveva le stesse caratteristiche demografiche del gruppo trattato con paroxetina. Un altro approccio è stato la ricerca di pubblicazioni di studi clinici sugli antidepressivi suddivisi per categorie; per quelli relativi agli SSRI sono state ottenute informazioni specifiche per la paroxetina. Sono stati, quindi, calcolati i tassi di incidenza dei difetti a carico dell’apparato cardiovascolare nei due gruppi e confrontati mediante il test del chi quadrato; sono poi stati espressi come odds ratio (OR) e in percentuale.

Sono stati valutati 1174 casi di assunzione di paroxetina nel primo trimestre di gravidanza provenienti da 8 teratology information service e 2061 casi da 5 studi precedentemente pubblicati. Tutte le donne arruolate erano in terapia con paroxetina nel periodo precedente alla gravidanza e hanno proseguito l’assunzione del farmaco nel primo trimestre, periodo durante il quale si verifica l’embriogenesi del cuore.
I tassi di malformazioni cardiovascolari nella coorte dei teratology information service erano di 0.7% negli esposti a paroxetina e di 0.7% nel gruppo non esposto (OR 1.1, 95% CI 0.36-2.78). Nel gruppo database il tasso era del 1.5%. Quando sono stati accorpati i tassi provenienti dai teratology information service e dal database, il tasso medio è risultato 1.2% (1.1-2.1)
Quando si parla di difetti dell’apparato cardiovascolare, bisogna considerare che in alcuni casi il difetto non è evidenziabile alla nascita mentre in altri è presente alla nascita, ma si risolve spontaneamente nei mesi seguenti. Gli autori fanno notare che nello studio della GlaxoSmithKline non veniva specificata la gravità delle malformazioni e nemmeno se i difetti osservati alla nascita sono andati in remissione spontanea o meno, determinando così una percezione del rischio maggiore rispetto al reale. Nonostante l’inclusione di questi casi, l’incidenza delle malformazioni ricadeva, comunque, all’interno dell’intervallo osservato nella popolazione generale.

I limiti di questo studio, evidenziati dagli autori stessi, consistono: nel numero relativamente piccolo di pazienti per uno studio epidemiologico, anche se comunque sufficiente per identificare differenze significative; nella diversa provenienza delle donne in esame anche se non ci sono evidenze di una differente distribuzione geografica di malformazioni cardiovascolari negli studi precedentemente condotti; nell’età media maggiore e nell’estrazione socioculturale di livello più elevato nelle donne che si rivolgono ai teratology information service rispetto alla popolazione generale.


In conclusione, i dati ottenuti da questo lavoro non evidenziano un’associazione tra assunzione di paroxetina in gravidanza e aumento del rischio di malformazioni cardiovascolari nei neonati esposti. Inoltre, la depressione non trattata in gravidanza appare correlata ad alcuni rischi perinatali, sia diretti che indiretti, dovuti a comportamenti materni influenzati dalla depressione, come ideazione suicidiaria, aumento del rischio di aborti, ipertensione, preeclampsia e basso peso alla nascita. La depressione in gravidanza, non trattata, si associa ad un rischio sei volte maggiore di depressione postpartum.
Gli autori concludono che il trattamento della depressione è essenziale in gravidanza per permettere alla donna di essere nelle condizioni psicofisiche migliori per accudire il nascituro.



Conflitto d’interessi: gli autori dichiarano di aver ricevuto finanziamenti da diverse case farmaceutiche.


Riferimento bibliografico

Einarson A et al. Evaluation of the risck of congenital cardiovascular defects associated with use of paroxetine durino pregnancy. Am. J Psychiatry 2008; 165: 749-52.


A cura delle Dott.sse Sandra Sigala e Laura Franceschini



Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.pharmtox.org/sif/


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