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Rituximab migliora efficacia della chemioterapia in alcuni linfomi
Inserito il 31 marzo 2009 da admin. - ematologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Il rituximab associato di chemioterapia intensiva associata ad autotrapianto di cellule staminali migliora la prognosi nel linfoma diffuso a grandi cellule B e nel linfoma follicolare ad alto rischio.

La gestione del paziente con linfoma non Hodgkin, in particolare il linfoma diffuso a grandi cellule B (DLB-CL) ed il linfoma follicolare (FL), è migliorata considerevolmente dopo l’aggiunta dell’anticorpo monoclonale anti-CD20 rituximab alla chemioterapia convenzionale. Un’opzione addizionale a quest’ultima è rappresentata dalla chemioterapia intensiva associata a autotrapianto di cellule staminali (ASCT) ed è comunemente utilizzata in pazienti con patologia refrattaria o ricaduta dopo chemioterapia tradizionale; questa terapia è a volte utilizzata come prima linea in pazienti ad alto rischio.
La chemioterapia sequenziale ad alte dosi (HDS) è un tipico programma terapeutico dell’ASCT, con raccolta di cellule progenitrici ematopoietiche da sangue periferico (PBPC) durante la fase ad alte dosi e autotrapianto finale.

Lo scopo di questo studio è stato valutare l’impatto dell’aggiunta di rituximab sugli outcome di un grande numero di pazienti affetti da DLB-CL e FL, sottoposti a HDS come terapia sia di prima linea sia di salvataggio.

Sono stati inclusi 552 pazienti affetti da DLB-CL e 223 da FL (età mediana 47 anni, maschi 54%), trattati presso dieci centri associati al Gruppo Italiano Terapie Innovative nei Linfomi (GITIL), tra l’inizio del 1986 e l’aprile 2005, che hanno ricevuto HDS con (R+) o senza (R-) rituximab.
Il regime HDS, somministrato a 353 pazienti (132 con FL e 221 con DLB-CL), comprendeva una fase iniziale di debulking (uno o due cicli di doxorubicina, prednisone e vincristina con o senza uno o due cicli di desametasone, cisplatino e citarabina) e una fase di HDS, con raccolta di PBPC seguita da ASCT. La fase HDS iniziale includeva la somministrazione in sequenza, a intervalli di 10-15 giorni, di alte dosi di ciclofosfamide (7g/m2) con G-CSF, di metotrexato (8g/m2), di etoposide (2g/m2) con G-CSF. I pazienti con FL hanno ricevuto una sequenza ciclofosfamide/etoposide invertita, con raccolta di PBPC dopo la ciclofosfamide.
La terapia è stata implementata con l’aggiunta di citarabina (2g/m2) ogni 12 ore; l’etoposide è stato aumentato a 2,4g/m2 e somministrato con basse dosi di cisplatino (100mg/m2); 392 pazienti (91 con FL e 301 con DLB-CL) sono stati trattati con questo schema.
Il rituximab è stato somministrato in 4 dosi durante la fase HDS, subito prima della raccolta di PBPC; due ulteriori dosi sono state aggiunte dopo l’ASCT.
Complessivamente 349 pazienti (47%) hanno ricevuto l’anticorpo e 664 soggetti (89%) hanno completato il programma con l’ASCT. I pazienti sono stati sottoposti a radioterapia circa 2 mesi dopo l’autotrapianto.
I soggetti sono stati controllati prima dell’autotrapianto, entro 2 mesi dopo l’HDS, successivamente ogni 6 mesi per i primi 3 anni e poi annualmente.
La remissione completa (CR) è stata definita come scomparsa di tutti i segni clinici di tumore attivo, la remissione parziale come riduzione del tumore di più del 50% e la patologia refrattaria come riduzione del tumore di meno del 50% o progressione della malattia dopo il trattamento. La mortalità precoce trattamento-correlata (TRM) ha incluso ogni morte non dovuta a ricadute entro i primi 100 giorni dopo l’ASCT o nel corso dell’ultima chemioterapia. Gli outcome a lungo termine sono stati l’overall survival (OS) e l’event-free survival (EFS). Il follow-up è stato esteso a febbraio 2007.

355 soggetti del gruppo R- (90%) e 309 di quello R+ (88%) hanno completato l’autotrapianto. Il TRM è stato del 3,3% per R- e 2,8% per R+ (p non significativa). Al termine dello studio, 492 pazienti (66%) erano vivi e 417 (58%) non presentavano segni di malattia.
Due parametri che hanno influenzato significativamente gli outcome sono stati:
• stato della patologia al tempo dell’HDS: la proiezione a 5 anni di OS e di EFS è stata rispettivamente del 69% e del 62% per i pazienti che ricevevano HDS come terapia di prima linea vs il 57% e il 46% per i pazienti che ricevevano HDS come terapia di salvataggio;
• aggiunta di rituximab: la proiezione a 5 anni di OS e di EFS è stata rispettivamente del 69% e del 61% per il gruppo R+ vs il 60% e il 51% per il gruppo R-.
L’analisi multivariata ha confermato il valore di fattori prognostici indipendenti per queste due variabili.
Una prognosi non favorevole su EFS è stata associata ad un’età >47 anni (al limite della significatività), mentre l’istologia di FL ha avuto un impatto favorevole solo su OS.

Il marcato beneficio del rituximab è risultato evidente nei pazienti che hanno ricevuto HDS come terapia di salvataggio: la proiezione a 5 anni di OS per i gruppi R+ vs R- è stata rispettivamente del 64% vs 38% per i pazienti con patologia refrattaria e ricaduta precoce e del 71% vs 57% per i pazienti con ricaduta tardiva, risposta parziale o seconda/terza ricaduta.
I pazienti con FL hanno avuto migliori outcome rispetto ai pazienti con DLB-CL in termini di OS, mentre l’EFS è stato simile; l’aggiunta di rituximab ha determinato un miglioramento significativo in entrambi i gruppi.

Sebbene retrospettivo, i risultati di questo studio evidenziano che il rituximab può essere incluso nel programma ASCT con miglioramenti inconfutabili, non solo in termine di EFS, ma anche di sopravvivenza prolungata.


Non sono emerse differenze significative tra i gruppi R+ e R- sul rischio di sindrome mielodisplasica secondaria/leucemia acuta tuttavia, un follow-up prolungato è necessario per definire la possibile influenza del rituximab sullo sviluppo di patologie maligne secondarie dopo chemioterapia intensiva e ASCT.

In conclusione, il rituximab dovrebbe essere sempre incluso nei programmi con ASCT per soggetti con DLB-CL e FL ad alto rischio.

Dottoresse Valentina Boscaro e Sara Castiglia

Riferimento bibliografico

Tarella C et al. Rituximab improves the efficacy of high-dose chemotherapy with autograft for high-risk follicular and diffuse large B-cell lymphoma: A Multicenter Gruppo Italiano Terapie Innnovative nei Linfomi Survey. J Clin Oncol 2008, 26: 3166-75.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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