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Esiti conseguenti ad impianto di stent metallici vs medicati |
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Inserito il 04 aprile 2009 da admin. - cardiovascolare - segnala a:
Contrariamente ad altri studi, in 2 anni di follow-up, nei pazienti sottoposti ad impianto di stent coronarico non in urgenza, gli stent medicati riducono l’incidenza di rivascolarizzazione e non determinano aumento della mortalità o del rischio di STEMI.
Gli stent medicati sembrano essere associati ad un aumento del rischio di trombosi dello stent che, nonostante rappresenti un evento relativamente raro, può esitare in infarto miocardico (IM) e morte. La FDA ha pubblicato un avviso su un aumento del rischio di trombosi subacuta precoce (entro 30 giorni) mentre le metanalisi hanno sollevato il problema di un possibile incremento del rischio di trombosi tardiva (Camenzind E et al. Circulation 2007; 115: 1440-55; Gabriel Steg P et al. Eur Heart J 2006; 27: 2784-814).
Questo studio basato sulla popolazione è stato condotto su tutti i pazienti eleggibili da Medicare di età =65 anni che hanno ricevuto uno stent coronarico non in urgenza. Sono stati confrontati l’incidenza di rivascolarizzazione, di IM e la sopravvivenza prima e dopo la disponibilità in commercio degli stent medicati. Sono stati utilizzati tutti dati presenti come dichiarazioni ospedaliere presentate ai Centers for Medicare & Medicare Services nel periodo 2002-2005, per identificare i soggetti =65 anni che avevano ricevuto uno stent coronarico in regime Medicare: un record per ogni ospedalizzazione Medicare, le date di ricovero e dimissione, la diagnosi al ricovero e l’urgenza, le procedure effettuate e diagnosi aggiuntive rappresentative delle patologie concomitanti. Le procedure e le diagnosi sono state codificate utilizzando l’International Classification of Diseases, nona versione, Clinical Modification (ICD-9-CM).
I pazienti sottoposti ad intervento coronarico percutaneo (PCI) con inserimento di stent sono stati identificati dalla presenza di una richiesta ospedaliera per stent metallico (ICD-9-CM codice 36.06), medicato (ICD-9-CM codice 36.07) o entrambi. Per l’analisi, i pazienti codificati come sottoposti ad entrambi i tipi di stent durante il loro primo ricovero per PCI sono stati inseriti nel gruppo stent medicati. Sono stati esclusi i pazienti ricoverati d’urgenza, con una diagnosi di IM, se ricoverati entro 7 giorni dalla dimissione del precedente ricovero, se nell’arco dell’anno precedente erano stati sottoposti ad intervento di bypass coronario (CABG) o a un precedente PCI, con evidenza di danno del bypass allo scopo di eliminare i casi che potevano aver avuto un intervento sul bypass piuttosto che sulla coronaria nativa. A causa del problema dell’uso selettivo del Cypher, uno stent ad eluizione di sirolimus subito dopo l’approvazione dell’FDA (24 aprile 2003), è stata selezionata una coorte tra il 1 settembre e il 31 dicembre 2003, periodo in cui l’uso dello stent si era stabilizzato. Nel marzo 2004 l’FDA ha approvato il Taxus, stent ad eluizione di paclitaxel. Inoltre è stata creata una coorte storica di pazienti sottoposti a stent metallici tra il 1 ottobre 2002 e il 31 marzo 2003, periodo immediatamente precedente all’introduzione del primo stent medicato. Le patologie concomitanti erano rappresentate da storia di IM, insufficienza cardiaca congestizia, vasculopatia periferica, pneumopatia, diabete con o senza complicanze, epatopatia lieve, moderata o severa, demenza, nefropatia, cancro non metastatico, tumore solido metastatico.
Le misure di efficacia erano rappresentate dall’incidenza di rivascolarizzazione, definita come qualsiasi PCI, se il paziente aveva ricevuto o meno uno stent oppure era passato a CABG. Per ogni paziente è stata presa in considerazione soltanto la prima rivascolarizzazione. Altri outcome erano rappresentati dalla mortalità e dall’IM con innalzamento del tratto ST (ST-elevation MI: STEMI) che comprendevano, ma non erano limitati, alle conseguenze della trombosi dello stent. Per evitare di confondere una complicanza tecnica della procedura con un esito avverso secondario a trombosi subacuta, sono stati inclusi nell’analisi soltanto i pazienti sopravvissuti per almeno 1 giorno dopo la procedura. Gli outcome di CABG e ripetute PCI sono stati valutati a partire dal giorno successivo alla procedura. Poiché non era possibile distinguere STEMI come indicazione per la procedura vs STEMI come esito della procedura, sono stati esclusi dall’analisi i pazienti con diagnosi di STEMI al momento del ricovero. La sopravvivenza libera da eventi è stata definita come la sopravvivenza senza STEMI. I dati di follow-up erano disponibili fino al 31 dicembre 2005, garantendo così una la verifica dell’incidenza degli eventi fino a 2 anni per tutti i pazienti. Per determinare l’aumento della mortalità e di STEMI nei pazienti che sospendevano l’assunzione di tienopiridina dopo stent, è stata effettuata un’analisi che esaminava l’incidenza di eventi avversi nei pazienti che non erano deceduti o che hanno avuto uno STEMI durante i primi 3 mesi dopo lo stent, la durata raccomandata di una terapia duplice antiaggregante nel 2003 in pazienti che hanno ricevuto uno stent medicato con sirolimus. Prima dell’aprile 2003, sono stati impiantati soltanto stent metallici, ma, nell’arco di 6 mesi dall’approvazione degli stent ad eluizione di sirolimus da parte dell’FDA, oltre il 60% degli stent era rappresentato da stent medicati. Fino al giugno 2004, circa 3 mesi dopo l’approvazione dello stent ad eluizione di paclitaxel, quasi il 90% dei pazienti stava ricevendo uno stent medicato. Da ottobre 2002 a marzo 2003, 38.917 i pazienti hanno ricevuto almeno 1 stent coronarico, tutti di tipo metallico, rappresentando la coorte di stent non medicati di confronto. Da settembre a dicembre 2003, 28.086 i pazienti hanno ricevuto almeno 1 stent coronarico. Di questi, 17.275 (61,5%) hanno ricevuto uno stent medicato e 10.811 (38,5%) uno stent metallico. I pazienti avevano, in media, 75 anni, erano nel 41% dei casi donne, nell’11% Afro-americani, nel 10% avevano una storia di IM oppure erano affetti da insufficienza cardiaca congestizia (8% dei casi), vasculopatia (12%), pneumopatia (13%), diabete (25%) e cancro (4%).
Durante i 2 anni di osservazione, il 22,8% dei pazienti nella coorte con stent metallici ha subito una rivascolarizzazione (20% PCI; 4,2% CABG, non mutuamente esclusivi) nell’arco di 228,7 giorni in media mentre, nella coorte di pazienti con stent medicati, il 19% ha subito una rivascolarizzazione (17,1% PCI; 2,7% CABG, non mutuamente esclusivi) nell’arco di 214,8 giorni in media. Rispetto agli stent metallici, nella coorte con stent medicati, è stato osservato un rischio di PCI statisticamente inferiore (p<0,001): 9,7% vs 10,8% a 6 mesi; 13,1% vs 15,2% a 12 mesi e 17,1% vs 20% a 24 mesi. Il rischio di CABG era statisticamente superiore con gli stent metallici, rispetto a quelli medicati: 0,7% vs 0,5% a 3 mesi, 1,9% vs 1% a 6 mesi, 2,9% vs 1,7% a 12 mesi e 4,2% vs 2,7% a 24 mesi. Sono state osservate piccole differenze nelle indicazioni della rivascolarizzazione tra i due gruppi (p=0,001). In misura minore era associata a STEMI (3,4% stent medicati vs 3,9% stent metallici) e IM senza innalzamento del tratto ST (4,3% vs 5,6%), mentre la rivascolarizzazione era maggiormente dovuta ad angina stabile cronica o ad altri sintomi (92,3% vs 90,6%).
Non sono state rilevate differenze significative nella mortalità tra stent medicati e metallici: 1,4% vs 1,4% a 3 mesi, 2,5% vs 2,5% a 6 mesi, 4,3% vs 4,5% a 12 mesi e 8,4% vs 8,4% a 24 mesi di follow-up. Il rischio di STEMI era statisticamente inferiore nella coorte trattata con stent medicati vs metallici: 0,7% vs 0,9% a 3 mesi, 1% vs 1,3% a 6 mesi, 1,4% vs 1,8% a 12 mesi e 2% vs 2,4% a 24 mesi di follow-up, sebbene il beneficio a 2 anni fosse limitato (0,4%). I risultati dell’analisi per sottogruppi erano simili a quelli delle coorti totali. In 2 anni di follow-up, il rischio di rivascolarizzazione risultava statisticamente inferiore nella coorte trattata con stent medicati rispetto a quelli metallici, in tutti i sottogruppi: donne (HR 0,80; 95% CI 0,76-0,85) e uomini (HR 0,83; 0,79-0,86), pazienti con più di 75 anni di età (HR 0,81; 0,77-0,85) e con meno di 75 anni (HR 0,83; 0,79-0,87), afro-americani (HR 0,88; 0,75-1,04) e altre etnie (HR 0,81; 0,79-0,84), pazienti con diabete (HR 0,80; 0,76-0,86) e senza diabete (HR 0,82; 0,79-0,86). La mortalità e il rischio di STEMI erano inferiori nella coorte con stent medicati, ma non in modo statisticamente significativo. Tre mesi dopo PCI, una parte dei pazienti con stent medicati ha sospeso la duplice terapia antiaggregante, con un’esposizione ad un aumento del rischio associato allo stent che poteva essere mitigato da una terapia antiaggregante aggressiva.
I trial randomizzati condotti sugli stent erano disegnati per confrontare l’efficacia di quelli medicati con quelli metallici nella prevenzione della restenosi. Per rilevare le differenze nella trombosi dello stent e per valutare meglio l’uso approvato e off-label, possono essere più utili gli studi osservazionali. Pertanto, i risultati di questo studio sono stati confrontati con quelli di altri studi osservazionali. Uno studio che ha utilizzato il registro italiano dell’Emilia Romagna (Marzocchi A et al. Circulation 2007; 115: 3181-8) su 10.629 pazienti (28,8% stent medicati) ha riportato un’incidenza di rivascolarizzazione a 2 anni pari al 9,1% nei pazienti con stent medicati vs 12,9% con stent metallici (HR aggiustato 0,68; CI 95% 0,57-0,80). Nel registro svedese (Daemen J et al. Lancet 2007; 369: 667-78) su 19.771 pazienti (30,5% con stent medicati), l’incidenza di rivascolarizzazione a 3 anni era pari a 15,2% per gli stent medicati vs 16,5% per quelli metallici (HR aggiustato 0,84; 0,77-0,92). Nel registro dell'Ontario (Tu JV et al. N Engl J Med 2007; 357: 1393-402), su 3.751 coppie di pazienti con stent medicati o metallici, l’incidenza di rivascolarizzazione era rispettivamente pari a 7,4% e 10,7% (p<0,001).
Lo studio riportato presenta diversi limiti. Non è stato possibile calcolare l’incidenza reale di trombosi dello stent associata a stent medicati vs metallici in quanto i dati amministrativi non contengono i dettagli dell’anatomia delle coronarie e le procedure necessarie per controllare tutti i bias di selezione nell’impiego dei due tipi di stent. Non sono disponibili i dati sull’uso di farmaci e non è stato possibile valutare direttamente l’influenza della duplice terapia antiaggregante su tali risultati. Non è stato possibile inoltre rilevare un aumento degli eventi avversi nella coorte con stent medicati dopo 3 mesi di osservazione quando si sconsiglia di utilizzare una tienopiridina. Inoltre i risultati dello studio sono limitati all’esperienza con stent ad eluizione di sirolimus ma non di paclitaxel. Avendo escluso i pazienti che si sono presentati con uno STEMI, rimane da stabilire se gli stent medicati, rispetto a quelli metallici, possono essere associati ad un miglioramento degli outcome in questo ambito. La popolazione selezionata aveva almeno 65 anni di età con un primo intervento di rivascolarizzazione. I risultati inoltre potrebbero essere alterati dalle differenze tra la coorte in studio e altre popolazioni di pazienti affetti da patologie e caratteristiche procedurali predittive di eventi avversi a seguito di intervento percutaneo o differenze nell’uso di antiaggreganti o resistenza ad essi.
I risultati dello studio suggeriscono che in 2 anni di follow-up, nei pazienti sottoposti ad impianto di stent coronarico non in urgenza, gli stent medicati riducono l’incidenza di rivascolarizzazione e non determinano aumento della mortalità o del rischio di STEMI. Anche se altri dati possono suggerire un aumento del rischio di trombosi dello stent a seguito di impianto di dispositivi medicati, non è stato possibile evidenziare esiti avversi sulla salute dei pazienti. Dottoressa Alessandra Russo
Riferimento bibliografico
Malenka DJ et al. Outcomes following coronary stenting in the era of bare-metal vs the era of drug-eluting stents. JAMA 2008; 299: 2868-76.
Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/
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