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Prasugrel cala gli assi nei diabetici con ischemia coronarica acuta |
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Inserito il 19 aprile 2009 da admin. - cardiovascolare - segnala a:
Una analisi post hoc dello studio TRITON TIMI 38 effettuata nei pazienti diabetici esalta il profilo di prasugrel vs clopidogrel nei pazienti con ischemia coronarica acuta sottoposti a rivascolarizzazione percutanea, mostrando un miglior rapporto rischio beneficio rispetto a quello descritto nello studio sui pazienti sia diabetici che non.
Lo studio TRITON TIMI 38
Allo scopo di valutare comparativamente l'efficacia e la sicurezza di prasugrel + ASA vs clopidogrel+ASA nell'ampio spettro delle sindromi coronariche acute è stato realizzato lo studio TRITON–TIMI 38, realizzato dal TIMI-study group e sponsorizzato da Daiichi Sankyo e Eli Lilly.
Pazienti e Metodi
Sono stati considerati in uno studio randomizzato prospettico in doppio cieco 13608 pazienti con sindrome coronarica acuta che dovevano essere sottoposti a rivascolarizzazione mediante angioplastica percutanea. L’adeguatezza dell’anatomia coronaria per l’intervento di PCI era nota prima della randomizzazione. Questo ha fatto sì che il trattamento in studio sia stato somministrato durante la PCI in 3 pazienti su 4 con una dose di carico (prasugrel a 60-mg e clopidogrel 300-mg). Successivamente i pazienti stati trattati con terapia di mantenimento (prasugrel 10-mg/die o clopidogrel 75-mg) ed ASA (in dose da 75 a 162 mg/die) per 6-15 mesi. La scelta del tipo di vasi da trattare e dei devices da impiantare era liberamente rimessa all'emodinamista. I principali criteri di esclusione includevano: aumentato rischio emorragico, anemia, trombocitopenia, storia di lesioni intracraniche e l'uso di tienopiridine 5 giorni prima dell'arruolamento. L'end point principale era rappresentato da un indice combinato che includeva la morte cardiovascoalre, infarto non fatale, e ictus non fatale. Il principale end point di sicurezza era rappresentato dai sanguinamenti maggiori.
Risultati
L' end point principale è stato osservato nel 12.1% dei pazienti del gruppo clopidogrel e nel 9.9% di quelli del gruppo prasugrel (hazard ratio per prasugrel vs. clopidogrel, 0.81; 95% CI, da 0.73 a 0.90; P<0.001), tale differenza è dovuta quasi interamente alla riduzione dell'IMA non fatale senza differenze per quanto attiene alla morte cardiovascolare. È stata osservata una riduzione statisticamente significativa nell’incidenza di IMA seguito da morte per cause cardiovascolari che è stato dello 0,7% nel gruppo clopidogrel e dello 0,4% in quello prasugrel, con una differenza assoluta di 3 morti evitate dal prasugrel per 1000 pazienti trattati. Nel gruppo prasugrel è stata osservata una riduzione significativa dell'incidenza di infarto miocardico (9.7% per clopidogrel vs. 7.4% per prasugrel; P<0.001), di rivascolarizzazioni urgenti (3.7% vs. 2.5%; P<0.001), di restenosi (2.4% vs. 1.1%; P<0.001).
Sanguinamenti maggiori sono stati osservati nel 2.4% dei pazienti trattati con prasugrel nell' 1.8% di quelli trattati con clopidogrel (hazard ratio, 1.32; 95% CI, da 1.03 a 1.68; P=0.03) con un eccesso assoluto di 6 emorragie maggiori ogni 1000 pazienti trattati. Nel gruppo prasugrel è stato osservato un maggior tasso di emorragie minacciose per la vita (1.4% vs. 0.9%; P=0.01), e di emorragie fatali (0.4% vs. 0.1%; P=0.002), con un eccesso assoluto di 3 eventi ogni 1000 pazienti trattati.
La mortalità per tutte le cause, che non era un end point principale dello studio, non è risultata significativamente diversa nei due gruppi (prasugrel 3% vs clopidogrel 3,2% hazard ratio, 0.95; 95% CI, da 0.78 a 1.16; P=0.64).
Conclusioni
Gli Autori conludono che nei pazienti con sindrome coronarica acuta che devono sottoporsi a PCI, prasugrel + ASA rispetto a clopidogrel + ASA è risultato associato con un minor numero di eventi ischemici, ma anche ad un maggior numero di emorragie maggiori e fatali senza differenze in termini di mortalità globale tra i due gruppi.
Lo studio TRITON–TIMI 38 si è proposto di dare una risposta se una maggiore inibizione dell'attivazione piastrinica comporti dei vantaggi in termini di efficacia e sicurezza rispetto all'attuale standard rappresentato dall'associazione clopidogrel ed ASA.
I risultati dello studio TRITON-TIMI 38, che è stato condotto in modo mirabile avendo registrato un numero bassissimo di casi perduti al follow-up, ha dimostrato una maggiore efficacia di prasugrel rispetto a clopidogrel, con un miglioramento significativo dell'indice combinato. Questo risultato comporta un maggior numero di emorragie gravi, tanto che la mortalità per tutte le cause non è significativamente diversa tra i pazienti trattati con clopidogrel o prasugrel. Per ogni 1000 pazienti trattati con prasugrel vs clopidogrel si osservano 22 pazienti in meno con sindrome coronarica acuta e 5 pazienti in più con emorragie maggiori non correlate alla rivascolarizzazione chirurgica.
In base a dele prime analisi per sottogruppi dello studio principale, pur con tutte le doverose precauzioni da riservare alle analisi post-hoc, è interessante notare che la scelta del farmaco da usare sembrava poter essere indirizzata da una valutazione del profilo di rischio ischemico del paziente rapportato a quello emorragico. Infatti i pazienti diabetici, un subset a particolare rischio ischemico, sembrano avere un beneficio col prasugrel, mentre i pazienti molto anziani ed i soggetti con precedenti vascolari cerebrali presentano maggiori benefici con il clopidogrel.
Dopo questi primi dati si è proceduto ad una analisi post hoc completa dei pazienti diabetici arruolati nello studio.
Degli oltre 13000 pazienti arruolati 3146 avevano diabete ed un quarto di costoro era in terapia insulinica about one-fourth of those were on insulin.
Risultati della post hoc analisi nei diabetici
Morte cardiovascolare IMA non fatale o ictus sono stati osservati nel 9.9% dei 10462 pazienti senza diabete, nel 13.4% dei 2370 diabetici non trattati con insulina e nel 18.3% dei 776 diabetici trattati con insulina (p for trend <0.0001). Lo adjusted hazard ratio (HR) per l'end point composito del prasugrel vs clopidogrel è stato 0.74 per i diabetici non trattati con insulina e 0.63 tra i diabetici in insulino-terapia (p=0.009 per entrambi i sottogruppi).
Inoltre prasugrel rispetto al clopidogrel è risultato associato con rischi significativamente ridotti per quanto concerne l'end point composito e l'IMA sia nei non diabetici (p=0.02 e p=0.006, rispettivamente) che nei diabetici (p<0.001 per entrambi gli end points), con rischi significativamente più elevati di emorragie maggiori (p=0.02) e maggiori e minori considerate assieme (p=0.006) nei non diabetici e rischi comparabili per i due end point concernenti le emorragie nei diabetici.
Nel complesso, secondo gli Autori, questi dati dimostrano un beneficio netto a favore del prasugrel nell'indice composito, che includeva mortalità cv, IMA ed ictus non fatali, solo nei pazienti diabetici (p=0.001)
Fonte
Iviott SD, Braunwald E, Angiolillo DJ, et al. Greater clinical benefit of more intensive oral antiplatelet therapy with prasugrel in patients with diabetes mellitus in the Trial to Assess Improvement in Therapeutic Outcomes by Optimizing Platelet Inhibition With Prasugrel-Thrombolysis in Myocardial Infarction 38. Circulation. DOI: 10.1161/CIRCULATIONAHA.108.791061
Commento di Luca Puccetti
Come osservato dal Professor Patrono, già lo studio TRITON TIMI 38 era stato realizzato in pazienti con caratteristiche tali da esaltare la maggior potenza antiaggregante del prasugrel rispetto al clopidogrel per cui erano stati sollevati dubbi circa la generalizzabilità dei risultati nella popolazione dei pazienti della pratica clinica. Ovviamente maggior potenza antitrombotica comporta un effetto positivo, ma anche un maggior rischio di emorragia. Per cui si era ipotizzato che, quando e se prasugrel fosse stato approvato, la strategia più performante sarebbe potuta essere quella di impiegarlo nei pazienti che avrebbero potuto beneficiarne maggiormente.
Pur con tutte le limitazioni che devono essere poste in essere quando si tratta di analisi post hoc, i risultati dell'analisi nei diabetici confermano questa impostazione, in quanto sono proprio i diabetici i soggetti in cui la maggior potenza antiaggregante comporta maggiori vantaggi senza un aumento del rischio emorragico, spostando dunque in senso favovorevole il rapporto rischio beneficio.
E' un dato che conferma quanto era emerso in un'altra analisi post hoc che aveva preso in considerazione i pazienti con infarto con sopraelevazione del tratto S-T (STEMI) (3534 pazienti): prasugrel ha ridotto maggiormente gli eventi rispetto al clopidogrel senza un aumento del rischio emorragico. A 15 mesi, gli hazard ratios aggiustati per l'età per prasugrel vs clopidogrel nei pazienti con STEMI sono risultati:
0.81 (0.66-0.99) per l'end point primario. 1.19 (0.75-1.89) per i sanguinamenti maggiori nei pazienti non rivascolarizzati con by-pass- 1.14 (0.83-1.55) per le emorragie maggiori e minori nei pazienti non rivascolarizzati con by-pass.
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