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Mortalità a breve termine in scompensati con impianto di device cardiaci
Inserito il 29 aprile 2009 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L’impianto di defibrillatori cardioreversori e strumenti di risincronizzazione cardiaca, durante il ricovero per insufficienza cardiaca, può essere associato ad una significativa mortalità quando i pazienti necessitano di terapia vasoattiva endovenosa, soprattutto con farmaci inotropi.

Lo sviluppo e l'adozione clinica di dispositivi elettrofisiologici (ICD: transvenous implantable cardioverter defibrillators, per la prevenzione della morte cardiaca improvvisa; CRT-P: cardiac resynchronization therapy, per l'insufficienza cardiaca sintomatica; CRT-D: la combinazione di entrambi), ha cambiato il modo con cui vengono curati i pazienti con insufficienza cardiaca, aggiungendo un paradigma di trattamento non-farmacologico. A fronte di un aumento dell'uso di dispositivi cardiaci impiantabili per l'insufficienza cardiaca, la selezione dei pazienti e gli esiti in ambito ospedaliero non sono stati indagati criticamente.
Lo studio ha valutato la procedura di impianto o di revisione dei dispositivi in pazienti con diagnosi di insufficienza cardiaca ricoverati in reparti ospedalieri di terapia intensiva (USA). L'interesse degli autori è stato incentrato sul definire una coorte di pazienti ad alto rischio di mortalità in ospedale dopo la procedura predetta. Un potenziale surrogato per la severità della malattia e per il rischio di mortalità è stato ritenuto la somministrazione di una terapia vasoattiva endovena, in particolare farmaci inotropi; l'uso di un dispositivo elettrofisiologico in questi pazienti non è stato valutato criticamente nella maggior parte dei trial clinici.

È stato utilizzato il PREMIER's Perspecive Comparative Database, una banca dati ospedaliera prospettica che include i dati demografici dei pazienti, le date di ammissione e dimissione, il tempo di degenza, la mortalità ospedaliera, i codici di procedura e diagnosi in accordo all’ICD-9 e le caratteristiche dell'ospedale (dimensioni, localizzazione, ospedale di insegnamento).
Criteri di inclusione sono stati: ricovero tra Gennaio 2004 e Dicembre 2005; diagnosi di insufficienza cardiaca primaria o secondaria; codice di procedura ICD-9 per l'impianto o la sostituzione del dispositivo completo, del generatore o dei lead di un pacemaker transvenoso standard; età >18 anni. Sono stati esclusi pazienti per i quali la data della procedura fosse sconosciuta (n=540) o non ci fossero record che validassero il codice ICD-9 della procedura (n=1104). L'esclusione di questi pazienti non ha portato a differenze significative nelle caratteristiche demografiche della coorte, nella durata del ricovero, nell'uso della terapia vasoattiva tra i diversi gruppi.

I pazienti sono stati organizzati nei seguenti gruppi esclusivi: CRT-D, solo ICD, CRT-P, e dispositivo ventricolare sinistro. I soggetti che hanno ricevuto sia ICD che CRT-P nello stesso periodo di ricovero, ma in giorni diversi, sono stati inseriti nel gruppo CRT-D e come giorno di procedura è stato considerato il giorno del primo intervento.
È stata creata una ulteriore suddivisione in gruppi per valutare la somministrazione di farmaci inotropi (dobutamide, dopamina, milrinone) e secondariamente di ogni terapia vasoattiva (vasodilatatori: nesiritide, nitroglicerina, nitroprussiato sodico) in relazione al giorno della dell’impianto o della revisione del dispositivo. Quindi, sono stati creati i gruppi: terapia farmacologica iniziata prima del giorno della procedura; terapia farmacologica iniziata il giorno della procedura; terapia iniziata dopo il giorno della procedura; nessuna terapia durante l'ospedalizzazione.
La media dei costi accumulati nel tempo è stata calcolata prima e dopo il giorno della procedura di primo impianto del dispositivo.

Lo studio ha incluso 27.907 ospedalizzazioni. I pazienti erano prevalentemente maschi, bianchi e anziani (età media 68,4 anni); la diagnosi più comune diversa dalla insufficienza cardiaca è stata tachicardia ventricolare parossistica (11,0%); le più comuni diagnosi secondarie sono state ipertensione (54,1%), diabete (35,3%), BPCO (19,4%). Il tempo di degenza medio è stato di 6,3 giorni. Il 43,3% dei pazienti ha ricevuto CRT-D rispetto al 48,5% che ha ricevuto ICD (in questo gruppo i pazienti erano prevalentemente di colore, ed hanno avuto una più lunga degenza). Nella maggior parte dei casi la procedura d’impianto è stata effettuata il primo giorno di ricovero (41,2%), mentre il 19,4% ha ricevuto l’impianto dopo il giorno 7. Il 40,3% dei pazienti è stato trattato con diuretici endovena, una percentuale inferiore con farmaci vasoattivi e/o inotropi (25% e 15,1% rispettivamente). I pazienti che hanno ricevuto farmaci inotropi (n=4210) sono risultati in media più giovani e hanno avuto una degenza più lunga; di questi il 72,7% ha intrapreso la terapia prima della procedura d’impianto, il 16,5% il giorno dell’intervento, il 10,8% il giorno dopo. 6970 pazienti è stato trattato con vasodilatatori, di questi l’80% ha iniziato la terapia il giorno precedente la procedura, il 13% il giorno stesso, il 7% il giorno dopo.

La mortalità variava in rapporto al giorno dell’impianto del dispositivo, risultando inferiore all’1% quando la procedura era stata effettuata il primo giorno di ricovero e raggiungendo il 6% nei pazienti del gruppo CRT-P che hanno subito l’intervento dopo la prima settimana.
La mortalità è stata dello 0,3% tra i pazienti che non hanno richiesto farmaci inotropi vs il 5,1% di quelli che hanno ricevuto tale terapia. Nel gruppo farmaci inotropi la mortalità è stata del 3,3%, 6,6% e 15,2% per i pazienti che hanno richiesto l’inizio della terapia rispettivamente il giorno prima, il giorno stesso e quello dopo l’impianto; risultati simili sono stati ottenuti nel gruppo terapia vasoattiva.

Il costo totale medio per un ricovero che comportava l’impianto del dispositivo è risultato pari a 43735 $, con un aumento in caso di morte durante l’ospedalizzazione (80020 $). L’87,6% e il 97% dei pazienti sono stati dimessi rispettivamente 1 e 2 settimane dopo l’impianto dando un contributo di costo giornaliero pari a zero, mentre lo 0,5% e lo 0,8% dei soggetti sono stati omessi a causa della morte. I pazienti che hanno ricevuto farmaci inotropi il giorno dopo la procedura hanno avuto i più alti costi a 1 e 2 settimane, rispettivamente 14431 $ e 23059 $.

Commento

Lo studio presenta alcune limitazioni: l’esclusione dei casi in cui gli impianti sono stati effettuati su pazienti con diagnosi di aritmia ventricolare primaria in assenza di insufficienza cardiaca; l’impossibilità di distinguere tra primo impianto, sostituzione o revisione; l’assenza di dati su terapie precedenti con dispositivi medici; l’impossibilità di determinare se i pazienti avevano ricevuto una precedente terapia vasoattiva o stavano assumendo farmaci inotropi; non è stato possibile valutare il tasso di mortalità dopo la dimissione o l’impatto di altri dispositivi su successivi ricoveri.


L’impianto di defibrillatori cardioreversori e strumenti di risincronizzazione cardiaca, durante il ricovero per insufficienza cardiaca, può essere associato ad una significativa mortalità quando i pazienti necessitano di terapia vasoattiva endovenosa, soprattutto con farmaci inotropi.
Gli autori affermano che l’adozione di metodologie di stratificazione del rischio che incorporino la necessità di una terapia vasoattiva potrebbero migliorare le scelte cliniche.


Dottoressa Arianna Carolina Rosa

Riferimento bibliografico

Swindle J et al. Short-term mortality and cost associated with cardiac device implantation in patients hospitalized with heart failure. Am Hearth J 2008; 156: 322-28.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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