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Mortalità associata ai farmaci per il trattamento della BPCO
Inserito il 08 giugno 2009 da admin. - pneumologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  



La broncopneumopatia cronico ostruttiva (BPCO) rappresenta una patologia particolarmente rilevante in termini di prevalenza, mortalità, rischio di invalidità e costi sanitari.
L’obiettivo di questo studio caso-controllo di tipo nested è stato valutare l’associazione tra il trattamento farmacologico e la mortalità, inclusa quella per cause respiratorie e cardiovascolari, in un’ampia popolazione di pazienti con recente diagnosi di BPCO.
I dati sono stati ricavati dai database nazionali del Veterans Affairs (USA) su pazienti ricoverati e ambulatoriali, da banche dati farmaceutiche e sulla mortalità ed implementati con le informazioni ricavate dai Centers for Medicare & Medicaid Services.
Sono stati considerati eleggibili tutti pazienti di età =45 anni, con una diagnosi di BPCO effettuata tra il 1 ottobre 1999 e il 30 settembre 2003 nel corso di =2 visite ambulatoriali nell’arco di 12 mesi o ospedalizzati con una diagnosi primaria della patologia. I soggetti dovevano avere utilizzato i servizi del Veterans Health Administration health care per almeno 1 anno prima della diagnosi di BPCO ed essere in terapia con farmaci per l’apparato respiratorio. Dallo studio sono stati esclusi i pazienti asmatici. Il follow-up iniziava dalla data della seconda visita ambulatoriale o di ospedalizzazione fino al decesso o al 30 settembre 2004.
I decessi avvenuti durante il periodo di follow-up sono stati identificati attraverso il database Veterans Affairs Vital Status, una combinazione dei database Veterans Affairs, Medicare e Social Security Administration, sui dati di mortalità, che contiene circa il 98% dei decessi tra i veterani (Sohn MW et al. Popul Health Metr 2006; 4: 2). Il 40% di questi decessi è stato selezionato random e su questo campione sono state determinate le cause di mortalità.

I casi sono stati suddivisi in 4 gruppi in funzione della causa del decesso: respiratoria, cardiovascolare, respiratoria o cardiovascolare e da tutte le cause. La mortalità da cause respiratorie è stata definita in termini di decessi da patologie dell’apparato respiratorio, mentre la mortalità da cause cardiovascolari come decessi dovuti a cardiopatia ischemica, cardiomiopatia, arresto cardiaco o aritmie. La data indice era quella del decesso.
Per ogni caso sono stati randomizzati fino a 10 controlli tra i pazienti eleggibili che erano sopravvissuti al momento dell’evento verificatosi tra i casi. I controlli sono stati incrociati con i casi in funzione di sesso, fasce di età (45-54, 55-64, 65-74, 75-84 e =85 anni), provenienza geografica e anno della diagnosi.

L’esposizione ai farmaci per l’apparato respiratorio è stata definita come la somministrazione nei 180 giorni precedenti ad ogni data indice. In particolare, è stata identificata l’esposizione a corticosteroidi per via inalatoria, ipratropio, ß-agonisti long-acting, teofillina e ß-agonisti short-acting. L’esposizione primaria è stata definita come un’esposizione nei 180 giorni precedenti l’index date. L’esposizione ai ß-agonisti short-acting non è stata considerata come parte del regime terapeutico ma è stata inclusa nell’analisi come covariata.
Le covariate sono state identificate attraverso i dati ricavati in un periodo compreso tra l’anno precedente alla diagnosi e la data indice. Per identificare l’uso di farmaci quali steroidi ad uso sistemico, antipertensivi, ipocolesterolemizzanti, antiaritmici e ipoglicemizzanti sono stati utilizzati i dati sulle prescrizioni farmaceutiche, mentre per identificare le comorbidità sono state utilizzate le diagnosi ambulatoriali e ospedaliere.

Tra 145.020 pazienti che incontravano i criteri di inclusione, 32.130 sono deceduti. Le cause della morte sono state identificate per 11.897 soggetti (2405 pazienti sono deceduti per patologie respiratorie e 3159 per cause cardiovascolari). Nell’ambito dell’analisi per la mortalità da cause respiratorie, i casi presentavano una minore frequenza di ipertensione e osteoartrite, una maggiore frequenza di insufficienza cardiaca cronica e un maggior numero di esacerbazioni di BPCO.
Tra i pazienti inclusi nell’analisi della mortalità da cause cardiovascolari, i casi presentavano una maggiore frequenza di comorbidità cardiovascolari e di esacerbazioni di BPCO, il che suggeriva una malattia respiratoria più severa. Rispetto ai controlli, i casi presentavano una prevalenza simile o maggiore nell’uso di farmaci per l’apparato respiratorio. Per ogni gruppo, i 3 regimi terapeutici maggiormente rappresentati sono stati nessuna terapia, ß-agonisti short-acting in monoterapia, ipratropio in monoterapia e corticosteroidi + ipratropio.

Dopo aver aggiustato i risultati in funzione delle covariate, sia i corticosteroidi per via inalatoria che i ß-agonisti long-acting sono stati associati ad una riduzione degli odds per la mortalità (OR 0,80; 95% CI 0,78-0,83 per i primi e 0,92 [0,88-0,96] per i secondi) al contrario dell’ipratropio, correlato ad un aumento della mortalità (OR 1,11; 1,08-1,15).
Per la mortalità causa-specifica, l’esposizione a teofillina è stata associata ad un incremento statisticamente significativo della mortalità da cause respiratorie rispetto al gruppo non esposto (OR 1,71; 1,46-2,00). Sia i ß-agonisti long-acting che i corticosteroidi per via inalatoria sono stati associati ad un aumento >10% della mortalità da cause respiratorie (OR 1,12; 0,97-1,30 e OR 0,88; 0,79-1,00, rispettivamente); in nessuno dei due casi l’associazione è risultata statisticamente significativa.
Per quanto riguarda la mortalità da cause cardiovascolari, l’esposizione ad ipratropio è stata associata ad un incremento del 34% del rischio (OR 1,34; 1,22-1,47) mentre quella ai corticosteroidi per via inalatoria è stata correlata ad una riduzione del 20% (OR 0,80 0,72-0,88). I ß-agonisti long-acting (OR 0,97; 0,84-1,11) e la teofillina (OR 1,16; 0,99-1,37) non sono stati associati ad un incremento statisticamente significativo nella mortalità da cause cardiovascolari.
Per ogni outcome valutato, le analisi di sensibilità per sottogruppi hanno fornito risultati simili ma hanno evidenziato un effetto dose dipendente.

Tra i diversi regimi terapeutici, quelli che includevano la teofillina sono stati associati ad un incremento della mortalità da cause respiratorie. Per la mortalità da cause cardiovascolari, l’ipratropio in monoterapia (OR 1,42; 1,27-1,59) ed in associazione a teofillina (OR 1,47; 1,09-1,98) è stato associato ad incremento del rischio, mentre con l’associazione con i corticosteroidi per via inalatoria la mortalità da cause cardiovascolari è stata ridotta (OR 1,04; 0,90-1,22; p<0,001). In tutti i gruppi, relativamente alla mortalità da tutte le cause, i corticosteroidi sono risultati associati ad un rischio ridotto sia in monoterapia sia in combinazione con altri farmaci, mentre ipratropio e ipratropio + teofillina sono stati correlati ad un incremento della mortalità.


I risultati dello studio hanno evidenziato che i corticosteroidi inalatori ed i ß-agonisti long-acting sono associati ad una riduzione della mortalità da tutte le cause quando confrontati al non trattamento o ai ß-agonisti short-acting in monoterapia.

L’ipratroprio è stato correlato ad un incremento della mortalità dell’11%. Inoltre, rispetto all’assenza di terapia o ai ß-agonisti short-acting da soli, è stata rilevata un’associazione statisticamente significativa tra la teofillina e la mortalità per cause respiratorie e tra l’ipratropio e la mortalità da cause cardiovascolari. I corticosteroidi per via inalatoria, invece, hanno determinato una riduzione del 20% della mortalità cardiovascolare e del 15% della mortalità cardiovascolare e respiratoria.


Commento

Lo studio fornisce dunque delle nuove, importanti evidenze sui potenziali rischi associati all’uso di farmaci per la BPCO. L’ipratropio può incrementare il rischio di mortalità da cause cardiovascolari che può comunque essere attenuato dall’uso contemporaneo di corticosteroidi per via inalatoria che, a loro volta, sono stati associati ad una riduzione della mortalità da tutte le cause e cardiovascolare. Il rischio di mortalità dovuto ad alcuni farmaci dovrebbe comunque essere confrontato con i loro benefici (riduzione dei sintomi, stato di salute o qualità della vita), dati che non possono essere ricavati da database osservazionali.

Tuttavia, poiché non è chiaro se tali benefici superino i rischi e visto che la mortalità associata all’uso di ipratropio è stata più volte messa in evidenza, bisognerebbe esercitare cautela nell’impiegare l’ipratropio in monoterapia in pazienti con recente diagnosi di BPCO.

Conflitto di interesse

Alcuni autori hanno dichiarato di aver ricevuto dei fondi da diverse ditte farmaceutiche.

Dottor Alessandro Oteri


Riferimento bibliografico

Lee TA et al. Risk for death associated with medications for recently diagnosed chronic obstructive pulmonary disease. Ann Intern Med 2008; 149: 380-90.


Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


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