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Stent medicati o metallici per infarto miocardico acuto
Inserito il 08 luglio 2009 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L’uso di stent medicati rispetto a quelli metallici, è associato ad una riduzione della mortalità e dell’incidenza di rivascolarizzazione ripetuta dopo 2 anni di follow-up.

L’intervento coronarico percutaneo (Percutaneous Coronary Intervention, PCI) per l’infarto miocardico acuto (IMA) riduce la mortalità e l’incidenza di ischemia ricorrente, rispetto alla terapia farmacologica. Nella pratica clinica attuale sono utilizzati sia gli stent medicati sia quelli metallici. Tuttavia, i trial randomizzati a supporto dell’approvazione degli stent medicati hanno escluso i pazienti con IMA.
Gli studi di confronto tra gli stent medicati e quelli metallici in pazienti con infarto del miocardio erano di piccole dimensioni (300-700 pazienti per studio) e con periodi limitati di follow-up (<1 anno). Questi trial hanno evidenziato che, rispetto agli stent metallici, quelli medicati riducevano la necessità di ripetute procedure di rivascolarizzazione; tuttavia, dopo 1 anno, non sono state osservate differenze statisticamente significative nella mortalità o nell’incidenza di infarto miocardico.

Lo studio di coorte è stato condotto su una popolazione non selezionata di pazienti con infarto miocardico che erano stati trattati con stent medicati o metallici. L’analisi è stata eseguita sul database del Data Analysis Center del Massachusetts, contenente i dati relativi a tutte le procedure di PCI, effettuate in tutti gli ospedali del Massachusetts che fornivano un servizio di interventi cardiologici.
Sono stati identificati tutti pazienti >18 anni sottoposti a PCI con stent per IMA tra l’1 aprile 2003 e il 30 settembre 2004. Al fine di evitare una valutazione incompleta degli eventi avversi conseguenti alla procedura, sono stati esclusi i soggetti non residenti nel Massachusetts al momento del PCI o quelli per i quali non era possibile l’associazione con le cartelle delle dimissioni.
I soggetti sono stati assegnati al gruppo sottoposto a stent medicati o metallici in base al tipo di stent utilizzato durante la data indice del ricovero. Sono stati esclusi dall’analisi i soggetti che avevano ricevuto entrambi i tipi di stent.

L’outcome primario era la mortalità da tutte le cause entro 2 anni dalla procedura. Le informazioni sulla mortalità intra-ospedaliera al momento della procedura erano fornite direttamente dagli ospedali al Data Analysis Center. Tali informazioni venivano verificate utilizzando i dati del Registry of Vital Records and Statistics del Massachusetts che fornivano anche i dati sulla mortalità fino a 2 anni per tutti i partecipanti allo studio al momento dell’analisi.
Gli outcome secondari comprendevano l’infarto miocardico ricorrente e la ripetuta procedura di rivascolarizzazione del vaso target, definita come PCI effettuata in un vaso trattato durante una procedura indice o qualsiasi bypass dell’arteria coronarica (Coronary-Artery Bypass Grafting, CABG), effettuato dopo la procedura indice.
I potenziali fattori di confondimento erano rappresentati da caratteristiche demografiche, stato assicurativo, storia medica, fattori di rischio del paziente, caratteristiche della lesione e della procedura e farmaci assunti dal paziente. Poichè alcuni pazienti venivano trattati per più lesioni durante il loro ricovero indice, sono state create alcune variabili specifiche per paziente, basate sulla lesione, compresa la stenosi massima come percentuale di diametro dell’arteria, tutte le lesioni ad alto rischio e qualsiasi utilizzo di trombectomia.
Poichè non è stata effettuata una randomizzazione, i pazienti sono stati accoppiati aggiustando secondo le differenze delle caratteristiche basali.
I dati sono stati analizzati secondo 3 diversi modelli: uno per qualsiasi tipo di infarto miocardico, uno per infarto miocardico con innalzamento del segmento ST e uno per infarto miocardico senza innalzamento del segmento ST.
Per evitare possibili fattori di confondimento non osservati, indipendenti da quelli osservati, sono state effettuate diverse analisi di sensibilità. Innanzitutto, sono state esaminate le differenze nella mortalità tra i due gruppi due giorni dopo l’impianto dello stent. Una notevole differenza avrebbe indicato la presenza di fattori di confondimento residui, in quanto un beneficio precoce sarebbe stato improbabile. In secondo luogo, l’inizio di questo studio è coinciso con l’introduzione di stent medicati nel Massachusetts alla fine di aprile 2003. Durante il periodo di osservazione l’uso di questo tipo di stent è andato aumentando sempre più.

Tra l’1 aprile 2003 e il 30 settembre 2004, un totale di 21.045 pazienti adulti è stato sottoposto a PCI con stent. Di questi, 8440 pazienti (40%) si sono presentati con infarto miocardico acuto. Sono stati esclusi 576 pazienti perchè non residenti in Massachusetts, 167 di cui non si disponeva dei dati di dimissione ospedaliera e 480 trattati sia con stent medicati sia con i metallici.
La coorte risultante di 7217 pazienti è stata sottoposta ad impianto di stent metallici (n=3201) o medicati (n=4016). Tra quelli trattati con stent medicati, il 71% ha ricevuto soltanto stent ad eluizione di sirolimus, il 27% soltanto ad eluizione di paclitaxel e il 2% entrambi i tipi di stent.

Su 7217 pazienti inclusi, 3379 sono stati sottoposti a stent per infarto miocardico con innalzamento del segmento ST e 3838 per infarto miocardico senza innalzamento del segmento ST.
I pazienti sottoposti ad impianto con stent medicati presentavano differenze statisticamente significative nelle caratteristiche cliniche e procedurali da quelli con stent metallici.
Era più probabile che i pazienti con diabete mellito, iperlipidemia, ipertensione o infarto miocardico senza innalzamento del segmento ST fossero trattati con stent medicati.
Inoltre, il numero di vasi e lesioni trattate era superiore nei pazienti con stent medicati rispetto a quelli metallici. Al contrario, era più probabile che fossero trattati con stent metallici i pazienti con shock cardiogeno o infarto miocardico con innalzamento del segmento ST, quelli sottoposti a procedure d’emergenza e quelli con lesioni ad alto rischio.
Dopo due anni, il tasso non aggiustato di mortalità, infarto miocardico e ripetuta rivascolarizzazione era statisticamente inferiore tra i pazienti trattati con stent medicati rispetto a quelli che hanno ricevuto stent metallici. Rispetto ai pazienti trattati per infarto miocardico senza innalzamento del segmento ST, quelli con innalzamento del tratto ST presentavano una minore mortalità e incidenza di infarto miocardico dopo 2 anni, mentre non sono state osservate differenze tra questi due gruppi nell’incidenza delle ripetute rivascolarizzazioni.
Dopo aver effettuato l’accoppiamento, è stato analizzato nuovamente l’outcome primario. Rispetto agli stent metallici, quelli medicati risultavano associati ad una mortalità statisticamente inferiore dopo 2 anni nella coorte di pazienti con qualsiasi tipo di infarto del miocardio (10,7% vs 12,8%; differenza di rischio –2,1%; CI 95% da –3,8% a –0,4%; p=0,02). Questa differenza era anche statisticamente significativa nella coorte con infarto miocardico con innalzamento del segmento ST (8,5% vs 11,6%; differenza di rischio –3,1%; CI 95% da –5,4% a –0,8%; p=0,008) e nei pazienti senza innalzamento del segmento ST (12,8% vs 15,6%; differenza di rischio –2,9%; CI 95% da –5,5% a –0,2%; p=0,04).
Non sono state osservate differenze significative nell’incidenza di reinfarto a due anni tra i pazienti trattati con stent medicati e quelli metallici (8,8% vs 10,2%; differenza di rischio –1,4%; CI 95% da –3% a 0,2%; p=0,09), eccetto nei pazienti con infarto miocardico senza innalzamento del segmento ST (10,3% vs 13,3%; differenza di rischio –3%; CI 95% da –5,6% a –0,5%; p=0,02).
Nella coorte di pazienti con qualsiasi tipo di infarto, rispetto ai pazienti sottoposti a impianto di stent metallici, l’incidenza di rivascolarizzazione ripetuta del vaso target dopo 2 anni era statisticamente inferiore nei pazienti con stent medicato (9,6% vs 14,5%; differenza di rischio –4,9%; CI 95% da –6,7% a –3,1%; p<0,001). Una simile riduzione è stata osservata in entrambi i sottotipi di infarto miocardico.
Tra tutti i pazienti con infarto miocardico sottoposti a stent, il tasso aggiustato di mortalità due giorni dopo l’impianto dello stent era pari a 0,7% nel gruppo trattato con stent medicati e 1,2% nel gruppo con stent metallici (differenza di rischio –0,5%; CI 95% da –1% a 0%; p=0,06).
La corrispondente differenza di rischio era statisticamente significativa nei pazienti con infarto miocardico con innalzamento del segmento ST (differenza di rischio –0,9%; p=0,04), ma non nei pazienti senza innalzamento del segmento ST (differenza di rischio –0,3%; p=0,32).

Commento

Lo studio presenza alcune limitazioni: innanzitutto, è stato postulato che la differenza nella risposta biologica agli stent medicati rispetto a quelli metallici può essere superiore in presenza di occlusione trombotica e può portare ad un rischio superiore di trombosi dello stent o ad eventi avversi con la sostituzione di stent medicati in pazienti con occlusione trombotica.
In secondo luogo, i dati sono di tipo osservazionale. Sebbene siano stati eliminati alcuni fattori di confondimento, non è possibile escludere che siano presenti fattori residui. Nei pazienti con innalzamento del tratto ST, tra i due tipi di stent è stata evidenziata una differenza piccola, ma statisticamente significativa, nella mortalità a 2 giorni.
Possibili fonti di bias residui sono rappresentati dalle differenze nell’uso di farmaci concomitanti o nella completezza della rivascolarizzazione, se tali differenze erano associate alla scelta dello stent.
Inoltre, non era possibile avere accesso ai risultati dell’angiografia. Ciò rappresenta un limite, in quanto gli stent medicati non erano disponibili nello stesso range di diametro dei vasi come per quelli metallici. In particolare, è noto che gli stent dei piccoli vasi sono associati a rischi superiori sia durante la procedura sia nel follow-up.


In pazienti con infarto miocardico, l’uso di stent medicati rispetto a quelli metallici, è associato ad una riduzione della mortalità e dell’incidenza di rivascolarizzazione ripetuta dopo 2 anni di follow-up. Per confermare tali risultati sono necessari ampi trial randomizzati con follow-up a lungo termine.



Conflitto di interesse

Gli autori dichiarano di avere ricevuto finanziamenti da Medtronic Vascular, Abbott Vascular, Boston Scientific e Cordis.


Dottoressa Alessandra Russo

Riferimento bibliografico

Mauri L et al. Drug-eluting or bare-metal stents for acute myocardial infarction. N Engl J Med 2008; 359: 1330-42.


Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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