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Effetti dell’uso prolungato delle tienopiridine dopo impianto di stent medicati
Inserito il 02 agosto 2009 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L’uso di tienopiridine per oltre un anno dopo l’impianto di stent medicati può ridurre la trombosi dello stent nei successivi 12 mesi, ma non previene la mortalità e l’incidenza di infarto miocardico a 2 e 5 anni.

Le attuali linee guida raccomandano l’uso di una tienopiridina per un anno, allo scopo di ridurre il rischio di trombosi dopo impianto di stent medicati (drug-eluting stent, DES) in pazienti non ad alto rischio di sviluppare emorragie. Tuttavia, l’uso cronico di tienopiridine è costoso ed associato ad un rischio di sanguinamenti maggiori pari a circa 1% l’anno.
Non sono stati effettuati trial randomizzati per determinare la durata ottimale di una duplice terapia antiaggregante dopo impianto di stent. Un’analisi del database Duke ha suggerito che la mortalità e l’incidenza di infarto miocardico a 2 anni dall’impianto di stent medicati (ma non dopo stent metallico) si riducevano nei pazienti che avevano assunto tienopiridine per 6 mesi o 1 anno rispetto ai non trattati (Eisenstein EL. JAMA 2007; 297: 159–168); tuttavia, in questo studio non è stata valutata l’insorgenza di trombosi dello stent (TS).
D’altra parte, in un ampio studio multicentrico europeo è stato osservato che, in pazienti con stent medicati, l’interruzione della terapia con tienopiridine dopo 6 mesi non rappresentava un fattore di rischio di sviluppare una trombosi dello stent.
Questi risultati contrastanti possono riflettere i limiti insiti negli studi osservazionali retrospettivi, come la variabilità nelle caratteristiche dei pazienti, negli end point, nella definizione, nel monitoraggio incompleto e nell’identificazione degli eventi avversi.
Per superare molti di questi limiti, è stata effettuata un’analisi dei dati relativi all’uso prolungato di tienopiridine provenienti da trial randomizzati in doppio cieco sul DES Taxus.
Per ottenere una coorte uniforme sono stati utilizzati i database dei trial TAXUS-II SR, TAXUS-IV e TAXUS-V, in cui 2.736 pazienti sono stati randomizzati secondo un rapporto 1:1 a ricevere lo stent Taxus oppure uno stent metallico.

Si ritenevano adatti all’arruolamento i pazienti con patologia ischemica pressoché stabile, che erano eleggibili per impianto di stent in singole lesioni primarie non complesse a livello delle arterie coronarie native (diametro del vaso di riferimento 2,25-4,0 mm, lunghezza della lesione =46 mm).
Oltre all’uso non definito di aspirina, ogni protocollo prevedeva l’uso di tienopiridine per =6 mesi (preferibilmente clopidogrel); successivamente l’uso prolungato della tienopiridina era a discrezione dell’investigatore. In ogni trial nella scheda era specificato se il paziente stava assumendo una tienopiridina al momento delle dimissioni dall’ospedale, ad 1 mese, a 4 mesi, a 9 mesi e ad 1 anno, in seguito annualmente per 5 anni.
Studi precedenti hanno dimostrato un’aumentata incidenza di trombosi dello stent dopo impianto di DES in pazienti che hanno interrotto la terapia con tienopiridine prima di 6 mesi (Airoldi F et al. Circulation 2007; 116: 745–54; Ong AT et al. J Am Coll Cardiol 2005; 45: 2088–92; Jeremias A et al. Circulation 2004; 109: 1930–2) e le attuali linee guida raccomandano una terapia antiaggregante duplice per 1 anno in pazienti a basso rischio di sanguinamento. Rimane da determinare se un uso prolungato fornisca benefici.

Questa analisi è stata limitata ai pazienti non deceduti, senza infarto del miocardio, rivascolarizzazione del vaso target e trombosi dello stent ad 1 anno, stratificando i pazienti in base al fatto che la tienopiridina fosse stata assunta, o meno, esattamente ad 1 anno (rispettivamente gruppi T+1 anno e T-1 anno).
Sono stati esaminati gli esiti clinici fino all’ultimo follow-up disponibile in ogni trial (5 anni per TAXUS-II SR e TAXUS-IV, mentre 3 anni per TAXUS-V; la durata media del follow-up era 4,3 anni per tutti gli studi). Tutti i pazienti e il personale coinvolto nello studio non erano a conoscenza del tipo di stent utilizzato.
Tutti gli end point sono stati attribuiti da una commissione indipendente che non conosceva il tipo di stent. È stata calcolata la mortalità da tutte le cause. L’infarto miocardico è stato definito come lo sviluppo di una nuova onda Q patologica della durata >0,04 secondi in almeno 2 rilevazioni contigue con un aumento dei livelli di creatina-fosfochinasi MB o, in assenza di onde Q, un aumento dei livelli di creatina-fosfochinasi >2 volte il valore normale con positività per l’isoenzima MB (creatina fosfochinasi >5 volte aumentato dopo intervento di bypass). La rivascolarizzazione del vaso target è stata definita come la rivascolarizzazione ripetuta (dopo intervento percutaneo coronarico o bypass) per ischemia con restenosi angiografica della lesione target oppure una stenosi di diametro >50% in una lesione non target nel vaso target con alterazioni elettrocardiografiche a riposo oppure risultati funzionali positivi oppure soltanto una stenosi di diametro >70% con sintomi ricorrenti. La trombosi dello stent è stata definita come certa o probabile in base ai criteri dell’Academic Research Consortium.

Su 2.376 pazienti randomizzati, ad 1 anno 2.171 soggetti sono risultati senza eventi, di cui 1.141 randomizzati allo stent Taxus e 1.030 a stent metallici. Su 2.171 pazienti senza eventi, 964 (44,4%) stavano assumendo tienopiridine ad 1 anno, di cui clopidogrel in 952 casi (98,8%) e ticlopidina in 12 (1,2%).
Il proseguimento della terapia con tienopiridina non è stato randomizzato ed era più probabile che i pazienti senza eventi che stavano assumendo tienopiridine ad 1 anno fossero diabetici e avessero lesioni più ampie, un numero superiore di stent e una lunghezza totale dello stent superiore rispetto ai pazienti che non assumevano tali farmaci. Tra i due gruppi le altre caratteristiche cliniche e angiografiche basali erano simili, compreso l’uso di aspirina.
L’uso di tienopiridina nel gruppo T+1 anno si riduceva progressivamente ad ogni anno successivo, a tal punto che alla fine del periodo di 5 anni, circa il 57% dei pazienti con stent medicati e metallici stava ancora assumendo tienopiridine. Di contro, nel gruppo T-1 anno, l’uso di tienopiridine aumentava in modo progressivo ad ogni anno successivo, a tal punto che alla fine del periodo di 5 anni, circa il 15% dei pazienti con stent medicati e metallici stava ancora assumendo tienopiridine.
Rispetto ai soggetti che non assumevano tienopiridine, i pazienti con stent Taxus trattati con questi farmaci ad 1 anno sviluppavano un numero inferiore di episodi di trombosi dello stent a 2 anni (0 vs 4 [0,7%] eventi, rispettivamente, p=0,07). Su 4 eventi di TS nel gruppo T-1 anno, 3 erano classificati come certi ed 1 come probabile.
Oltre i 2 anni, il numero di episodi di TS nei due gruppi era uguale; a 5 anni un numero inferiore di episodi di TS si è verificato nel gruppo T+1 anno (4 [0,8%] vs 8 [1,4%] eventi, rispettivamente), sebbene tale differenza non fosse statisticamente significativa (p=0,43).
Come è accaduto nel gruppo con stent medicati, si è verificato un numero minore di episodi di TS a 5 anni nei pazienti con stent metallici che assumevano tienopiridine ad 1 anno, rispetto ai non trattati (1 [0,2%] vs 3 [0,7%], rispettivamente, p=0,59). Tuttavia, a 2 e a 5 anni non sono state osservate differenze statisticamente significative nella mortalità e negli end point compositi (mortalità e infarto miocardico oppure mortalità, infarto miocardico e TS) nei pazienti con stent medicati e metallici che assumevano tienopiridine ad 1 anno rispetto ai non trattati. Non c’erano interazioni significative tra il tipo di stent (Taxus vs metallici) ed uso di tienopiridine ad 1 anno sugli end point individuali di TS e mortalità o su quelli compositi di mortalità e infarto miocardico oppure mortalità, infarto miocardico e TS a 2 e 5 anni (p>0,50).
Infine, dopo aggiustamento per le differenze nelle covariate basali, l’uso di tienopiridine ad 1 anno non era un fattore predittivo indipendente di eventi avversi a 2 e 5 anni.

Negli 8 pazienti con stent Taxus non trattati con tienopiridine ad 1 anno in cui si è sviluppata trombosi dello stent, gli episodi di TS si sono verificati tra 410 a 1334 giorni dopo l’impianto dello stent medicato, con un ritardo dall’interruzione della terapia con tienopiridine al TS di =228 giorni in tutti i pazienti. Nei 4 pazienti con stent Taxus che hanno assunto tienopiridine ad 1 anno in cui si è sviluppata trombosi dello stent, 2 pazienti hanno interrotto la terapia con questi farmaci (14 e 244 giorni prima degli episodi di TS) e 2 stavano ancora assumendo il farmaco al momento della TS.

Nonostante questa analisi si sia basata su trial randomizzati e in doppio cieco, eliminando così i bias legati al giudizio soggettivo e garantendo un completo monitoraggio di tutti gli end point in tutti i pazienti, la durata dell’uso delle tienopiridine non era controllata e randomizzata. La somministrazione prolungata di clopidogrel avveniva nei pazienti con maggiore rischio (quelli con diabete) con lesioni più ampie che necessitano di più stent.
Nonostante l’analisi multivariata per tentare di correggere i fattori di confondimento, non è stato possibile aggiustare per fattori non misurati e più sottili che potevano influire sulla durata dell’uso di tienopiridine, come la propensione al sanguinamento o la necessità di interventi chirurgici non cardiaci, dati che di routine non vengono raccolti.
In secondo luogo, sebbene nei trial sul Taxus siano state raccolte informazioni più dettagliate relative alla duplice terapia antiaggregante rispetto a quanto di solito disponibile nei registri osservazionali non controllati, non sono stati valutati in modo prospettico le date esatte della terapia con tienopiridine e le ragioni dell’interruzioni di tale trattamento, nè esattamente a 6 mesi è stato misurato lo stato della terapia con questi farmaci, precludendo la possibile utilità del clopidogrel da 6 a 12 mesi.
In terzo luogo, durante il follow-up c’è la possibilità di crossover tra gruppo T+1 anno e T-1 anno, fenomeno non descritto in precedenza, il che renderebbe più probabile che questa analisi sia più accurata quando applicata agli eventi avversi che si verificano subito dopo la data landmark.
In quarto luogo, le informazioni relative agli eventi di sanguinamento non sono state raccolte dopo le dimissioni dall’ospedale, il che rappresenta un fattore importante quando si prende in considerazione il rapporto rischio/beneficio dell’uso prolungato del clopidogrel, in quanto recenti studi hanno chiaramente stabilito che le complicanze di tipo emorragico possono altrimenti controbilanciare i benefici sulla riduzione dell’ischemia.
Infine, i trial sul Taxus hanno escluso molte categorie del “mondo reale”, tra cui coloro che ricevono stent per più lesioni, patologie a livello delle biforcazioni, dell’arteria coronaria principale sinistra o trapianto della vena safena, restenosi in stent e infarto miocardico acuto.
I risultati di questa analisi si applicano soltanto all’impianto di stent in lesioni singole primarie nelle arterie coronarie native con cardiopatia ischemica pressoché stabile. Il follow-up per i pazienti con situazioni più complesse, quelli arruolati nel trial TAXUS-V, era disponibile solo a 3 anni. In modo simile, sebbene si tratti di uno dei più ampi studi del suo genere, in questo studio la trombosi dello stent e la mortalità si sono verificate con frequenza relativamente rara, anche a 5 anni.


In conclusione, l’uso di tienopiridine oltre un anno dopo l’impianto di stent medicati può ridurre la trombosi dello stent nel successivo periodo di 12 mesi; tuttavia, dopo impianto di stent medicati o metallici, l’uso prolungato di tienopiridine non previene la mortalità e l’incidenza di infarto miocardico a 2 e 5 anni.



Conflitto di interesse

lo studio è stato finanziato dalla Boston Scientific Corporation.

Dottoressa Alessandra Russo

Riferimento bibliografico

Stone GW et al. Effect of prolonged thienopyridine use after drug-eluting stent implantation (from the TAXUS Landmark Trials Data). Am J Cardiol 2008; 102: 1017-22.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/



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