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Polimialgia reumatica
Inserito il 22 agosto 2009 da admin. - reumatologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Una breve rivisitazione della polimialgia reumatica, patologia tipica dell'anziano.



Cos'è la polimialgia reumatica
La polimialgia reumatica è una malattia ad etiologia sconosciuta che colpisce prevalentemente gli anziani e che è caratterizzata da dolore e rigidità a carico dei muscoli prossimali (cingolo scapolare e pelvico) e da un aumento degli indici di flogosi (VES e PCR).


Chi colpisce la polimialgia reumatica?
Nella quasi totalità dei casi la malattia colpisce soggetti anziani (> 65 anni), con preferenza per il sesso femminile (circa 3 pazienti su 4 sono donne).
Viene riferita, tra i soggetti con più di 50 anni, un' incidenza annuale di 5 casi ogni 10.000 soggetti.

Qual è la causa della polimialgia reumatica?
La causa non è nota. Una delle ipotesi più accreditate è che, in soggetti predisposti, vari fattori ambientali o agenti infettivi (adenovirus, citomegalovirus, parvovirus B19, micoplasmi e clamidie) possano provocare un'attivazione dei monociti con aumentata produzione di citochine. Nei pazienti con polimialgia reumatica è frequente il riscontro dell'aplotipo HLA-DR4.

Quali sono i sintomi della polimialgia reumatica?
I sintomi principali sono il dolore localizzato al collo e al cingolo scapolare o pelvico, associato a rigidità muscolare persistente per almeno un'ora dopo il risveglio. I sintomi possono essere molto pronunciati, tanto da impedire al paziente anche i movimenti più elementari come girare il collo o alzare le braccia. Possono coesistere sintomi generali come astenia, anoressia, febbricola. In circa il 15% dei casi è presenta una sindrome del tunnel carpale.
La prognosi quoad vitam è buona in quanto la sopravvivenza non differisce da quella riscontrata nella popolazione generale, tuttavia secondo alcuni studi vi sarebbe un aumento della mortalità da cause cardiovascolare negli uomini affetti dalla malattia.
Il decorso è in genere di 1-3 anni, dopo i quali di solito l'affezione entra in remissione.
Dopo la risoluzione dalla polimialgia reumatica, vi può essere il rischio di andar incontro, seppur raramente, ad una arterite temporale.
Sono stati riportati casi di associazione tra polimialgia reumatica ed amiloidosi sistemica.

Come si diagnostica la polimialgia reumatica?
Il sospetto clinico deve nascere di fronte ad un paziente > 50 anni che lamenta dolore e rigidità ai muscoli del cingolo scopolare e/o pelvico che dura da almeno due settimane. L'aumento della VES (talora molto pronunciato, altre volte meno evidente) è un segno importante per la diagnosi, così come l'aumento della PCR. In alcuni pazienti con forme lievi la VES può essere normale o poco alterata ed in
questi caso la diagnosi spesso si basa sulla risposta agli steroidi. La PCR sembra avere una sensibilità superiore alla VES ai fini diagnostici.
E' importante valutare la presenza di arterite temporale a cellule giganti che può essere associata alla polimialgia reumatica nel 15-30% dei casi. Vanno ricercati sintomi come cefalea, dolore ai muscoli mandibolari durante la masticazione (claudicatio della mandibola) e alterazioni del visus. L'arteria temporale può presentarsi indurita e dolente. La diagnosi certa di arterite a cellule giganti si basa sulla biopsia della parete arteriosa (vasculite caratterizzata da infiltrati monunucleati o flogosi granulomatosa con cellule giganti multinucleate). L'arterite a cellule giganti può complicarsi con disturbi visivi, compresa cecità da trombosi dell'arteria ciliare posteriore, diplopia e riduzioni del campo visivo.
Bisogna considerare alcune situazioni che possono simulare una polimialgia reumatica: artrite reumatoide, spondilite anchilosante, collagenopatie (soprattutto la polimiosite), artrosi, patologie della spalla, fibromialgia; qualche volte il morbo di Parkinson può entrare in diagnosi differenziale per la rigidità caratteristica di questa malattia. Un caso particolare è la polimialgia reumatica che colpisce soggetti affetti da Parkinson o da parkinsonismi, ove si può correre il rischio di mancata diagnosi in quanto il dolore viene attribuito ad una banale artrosi e la rigidità alla malattia neurologica.
Una condizione da non dimenticare è, infine, la mialgia legata all' assunzione di statine.
Un criterio ex juvantibus importante per la diagnosi è la risposta drammatica e immediata alla terapia steroidea. La mancata risposta a 15-20 mg di prednisone dovrebbe far riconsiderare la diagnosi.

Come si cura la polimialgia reumatica?
Il trattamento prevede la somministrazione di 15-20 mg al mattino di prednisone. Dopo che si è ottenuto il miglioramento della sintomatologia si prosegue con la stessa dose per 2-4 settimane, indi si inizia a diminuire le dosi (1-2mg/die ogni 2-4 settimane). La dose di mantenimento consigliata è di 2,5-5 mg/die e deve essere continuata per 2-3 anni. L'interruzione precoce del trattamento può causare recidive della malattia, tuttavia dal 30% al 50% dei pazienti può accusare riacutizzazioni indipendentemente dalla terapia in corso.
Nel caso di arterite a cellule giganti le dosi iniziali di steroide devono essere più elevate (generalmente 40-60 mg/die di prednisone) e iniziate subito, senza attendere la risposta della biopsia (nel caso di disturbi visivi si inizia con uno steroide per via infusiva). Il trattamento a dosi piene deve essere mantenuto per almeno 2-4 settimane. In seguito si inizia la riduzione lenta in modo da arrivare ad una dose di mantenimento di 7,5-10 mg/die in sei mesi. La terapia va proseguita, anche in questi casi, per 2-3 anni, riducendo le dosi molto lentamente.
Segni di buon controllo della patologia sono la scomparsa o il miglioramento dei sintomi e la riduzione o normalizzazione degli indici di flogosi. Tuttavia riscontrare, durante il follow-up, una VES elevata, in assenza di sintomi, non deve portare ad un aumento del dosaggio dello steroide.
Dopo la risoluzione dalla polimialgia reumatica, vi può essere il rischio di andar incontro, seppur raramente, ad una arterite temporale.
Nel caso di ricadute durante la terapia di mantenimento si consiglia di aumentare il dosaggio fino alle dosi iniziali e di ridurle molto gradualmente, per esempio di 1-2 mg/die ogni 1-3 mesi.
I FANS possono essere usati nelle forme più lievi (ma anche in questi casi è spesso necessario ricorrere agli steroidi), oppure durante la terapia di mantenimento, quando le dosi dello steroide sono molto basse.
Il paziente, oltre che per la sua malattia, va monitorato per i possibili effetti avversi degli steroidi (iperglicemia, osteoporosi, depressione, ipertensione, etc.).
E' necessario, inoltre, iniziare un trattamento preventivo con calcio, vitamina D e bifosfonati per ridurre il rischio di osteoporosi da steroidi.


Renato Rossi


Referenze

1. Michet CJ et al. Polymyalgia rheumatica. BMJ 2008 Apr 5; 336:765-769
2. Saad ER et al. Polymyalgia rheumatica. IN: http://emedicine.medscape.com/article/330815-print
(accesso del 23 dicembre 2008)
3. Salvarani C et al. Polymyalgia rheumatica and giant-cell arteritis. N Engl J Med 2002 Jul 25; 347:261-271
4. Unwin B et al. Polymyalgia rheumatica and giant cell arteritis. Am Fam Physician 2006 Nov 1; 74: 1547-1554.



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