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Aumento della mortalità nella demenza trattata a lungo termine con antipsicotici
Inserito il 04 novembre 2009 da admin. - psichiatria_psicologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L'utilizzo a lungo termine degli antipsicotici nell'Alzheimer si associa con un aumento della mortalità rispetto al placebo.

La prevalenza a livello mondiale della demenza è stimata attorno a 25 milioni di persone circa, nella maggior parte dei casi affette dalla Malattia di Alzheimer. Questa patologia devastante implica un progressivo declino delle funzioni cognitive associato a sintomi neuropsichiatrici, frequentemente trattata con farmaci antipsicotici. I risultati di 24 trial indicano un significativo, seppur modesto, miglioramento dei comportamenti aggressivi nei gruppi trattati con antipsicotici (sia tipici che atipici) per 6-12 settimane, rispetto al placebo e le evidenze più rilevanti sono per il risperidone.

I risultati degli studi della durata >=6 mesi suggeriscono solo modesti o nulli benefici per terapie più prolungate. inoltre, esistono chiare evidenze di un aumento significativo degli effetti avversi, come parkinsonismo, sedazione, edema, infezioni polmonari, declino cognitivo accelerato ed eventi cardiovascolari (odds ratio 2.5-3.0) in pazienti affetti da malattia di Alzheimer trattati con antipsicotici. Una recente metanalisi di trial controllati versus placebo della durata di 6-12 settimane ha suggerito un aumento significativo del rischio di mortalità (1.5-1.7 volte) (Schneider LS et al. JAMA 2005; 294: 1934–43).

L’FDA, sulla base di queste informazioni ha pubblicato degli alert sull’aumento del rischio di mortalità correlato alla terapia con antipsicotici atipici in pazienti con malattia di Alzheimer.

Nella maggior parte delle case di cura dell’Europa e del Nord America fino al 30-60 % dei degenti con demenza sono trattati con antipsicotici, di solito per periodi >1 anno.

Alla luce delle nuove evidenze provenienti da metanalisi che hanno rilevato un aumento della mortalità, in questo studio randomizzato e in doppio cieco, è stata confrontata la mortalità di pazienti con Alzheimer in terapia con antipsicotici per >1 anno rispetto a placebo e sono stati raccolti dati ulteriori sulla mortalità a lungo termine per un follow-up di 54 mesi.

Sono stati arruolati pazienti affetti da demenza da Malattia di Alzheimer residenti in strutture di assistenza di quattro zone del Regno Unito (Oxfordshire, Newcastle e Gateshead, Londra e Edimburgo) a cui erano stati prescritti gli antipsicotici tioridazina, clorpromazina, aloperidolo, trifluoperazina o risperidone per disturbi comportamentali o psichiatrici per almeno 3 mesi (sono stati presi in considerazione questi farmaci antipsicotici in quanto i più prescritti nel Regno Unito).

I criteri di inclusione erano i seguenti: residenza in una casa di cura o casa di riposo; soddisfazione dei criteri NINCDS/ADRDA (National Institute of Neurological and Communicative Disorders and Stroke/Alzheimer’s Disease and Related Disorders Association); un punteggio al “minimental state examination” (MMSE) = 6 punti o >30 punti alla “severe impairment battery” (SIB); l’assunzione di almeno 10 mg di clorpromazina o un dosaggio equivalente di un altro antipsicotico o 0,5 mg/die di risperidone.

I criteri di esclusione comprendevano: incapacità di completare le misurazioni per la valutazione iniziale; qualsiasi condizione fisica (tra cui marcati disturbi extrapiramidali) che potesse rendere difficoltosa la partecipazione al trial o potesse aumentare la sofferenza del paziente, il prolungamento dell’intervallo QT all’ECG in seguito ad assunzione di tioridazina; l’incapacità di assumere capsule per os.

La randomizzazione iniziale è stata effettuata mediante un algoritmo per garantire una ripartizione equilibrata tra i gruppi in considerazione dei fattori prognostici quali: presenza o assenza di segni extrapiramidali, allucinazioni visive e deliri, utilizzo di inibitori delle colinesterasi, punteggio al MMSE, terapia in corso con antipiscotici tipici o atipici.

I pazienti randomizzati nel gruppo di trattamento attivo hanno ricevuto una dose di antipsicotico la più vicina possibile alla terapia già in corso, mantenuta tale per tutto il periodo dello studio.

L’outcome primario era la mortalità a 12 mesi. Sono poi stati effettuati follow-up supplementari per almeno 2 anni dall’arruolamento iniziale (24-54 mesi) per determinare l’effetto sulla mortalità a lungo termine. Sono state condotte valutazioni per mezzo del telefono per stabilire se ogni partecipante era ancora in vita 24 mesi dopo l’arruolamento dell’ultimo partecipante (intervallo di follow-up 24-54 mesi).

La prima valutazione sulla mortalità si è basata sui dati dell’intervista telefonica, ma per ogni decesso gli autori hanno ricercato il certificato di morte al fine di ottenere ulteriori informazioni sulla causa della morte.

Le analisi principali sono state effettuate su tutti i soggetti che avevano ricevuto almeno una dose di trattamento (popolazione mITT, modified intention-to-treat), in linea con il disegno dello studio principale (Ballard C et al. PLoS Med 2008; 5: e76); inoltre sono state realizzate ulteriori analisi su tutti i soggetti randomizzati (popolazione ITT), cioè sia i pazienti che non hanno mai iniziato il trattamento sia quelli che avevano ricevuto almeno una dose ma non quelli che hanno interrotto la terapia prima di 12 mesi.

Sono stati randomizzati 165 pazienti; al 12% dei pazienti del gruppo in trattamento sono state prescritte alte dosi. I farmaci più comunemente utilizzati prima della randomizzazione (93% delle prescrizioni totali) erano risperidone e aloperidolo.
Le caratteristiche demografiche e cliniche dei pazienti erano sostanzialmente simili tra i due gruppi. Sette pazienti sono deceduti e i drop-out prima della valutazione a 12 mesi sono stati 6. All’interno del gruppo in trattamento con antipsicotici la durata media della prescrizione è stata di 25,1 mesi (95% CI 15,7-53.3 mesi).

A 12 mesi, il confronto tra i pazienti che hanno proseguito il trattamento con antipsicotici o con placebo ha evidenziato una sopravvivenza totale dell’89,7% (95% CI 71,3-96,5%) versus il 97,1% (80,9-99 6%), rispettivamente; per la popolazione mITT le percentuali erano 70,3% (57,5–79,9%) versus 76,6% (64,2-85,2%) mentre per quella ITT i corrispondenti tassi erano 74,7% (63,9-82 7%) versus 79,3% (68,8-86 6%).

Le stime della curva di Kaplan-Meier hanno mostrato che, durante l’estensione del periodo di follow-up, per i pazienti che hanno continuato il trattamento antipsicotico la mortalità era significativamente più elevata rispetto al gruppo placebo (popolazione mITT p=0,03, HR 0,58 [0,35-0,95]; popolazione ITT =0,02, HR 0,58 [0,36-0,92]).

La differenza in termini di mortalità è risultata più evidente dopo il primo anno. Le differenze in termini di sopravvivenza erano simili per l'analisi sulla popolazione mITT, ITT o per i pazienti che hanno continuato il trattamento assegnato per i primi 12 mesi dello studio (o fino al decesso, nel caso in cui si fosse verificato precedentemente).
Le uniche differenze tra le analisi sono state rilevate oltre il periodo di randomizzazione di 12 mesi. Sulla base dei risultati nella popolazione mITT, la sopravvivenza cumulativa era 46% versus 71%, rispettivamente tra il gruppo di trattamento e il placebo a 24 mesi, 30% versus 59% a 36 mesi e 26% versus 53% a 42 mesi. Le differenze in termini assoluti a 24, 36 e 42 mesi erano simili nella popolazione ITT e nei pazienti che hanno continuato la terapia per i primi 12 mesi.

Dei 76 pazienti che sono deceduti, è stato reperito il certificato di morte per 59 soggetti (78%). I decessi per probabili cause vascolari si sono verificati in misura maggiore (anche se non significativa) nel gruppo placebo; non vi erano evidenze di un aumento dei decessi cerebrovascolari nei pazienti che hanno continuato ad assumere antipsicotici.


In conclusione, quindi, l’aumento della mortalità riportata durante la fase di randomizzazione di 12 mesi, si è verificato nel braccio che ha continuato il trattamento antipsicotico (5-8% maggiore rispetto al placebo, in base all’analisi effettuata).
Nell’intero periodo di follow-up di 54 mesi, il tasso di mortalità era più alto nei pazienti che sono stati randomizzati a continuare la terapia con antipsicotici rispetto al gruppo placebo, in particolare a 24, 36 e 48 mesi.


Commento

I tassi di sopravvivenza erano simili nelle ulteriori analisi sui pazienti che hanno continuato il trattamento per almeno 12 mesi. Questi risultati suggeriscono un aumento del rischio di mortalità che persiste nel lungo termine correlato all’uso di antipsicotici nella malattia di Alzheimer.

Le ragioni per le quali le differenze più evidenti sulla mortalità si riscontravano dopo la fase dei 12 mesi di randomizzazione non sono chiare, anche se il rischio totale durante i primi 12 mesi era simile a quello riportato negli studi precedenti e ai dati estrapolati da una precedente metanalisi di trial di 12 settimane. Inoltre, le analisi sui pazienti che hanno continuato il loro trattamento per un periodo di almeno 12 mesi o fino alla morte, hanno mostrato una netta separazione delle curve di sopravvivenza tra 6 e 12 mesi di follow-up. Una possibile spiegazione può essere che la maggior parte dei partecipanti con demenza grave ha di base un rischio di mortalità più elevato indipendentemente dal trattamento assunto o che lo stretto monitoraggio nel corso dello studio sia stato in grado di attenuare gli effetti di importanti esiti avversi.
Gli autori concludono che questi dati vanno interpretati con molta cautela, anche in considerazione del fatto che i pazienti analizzati all’ultimo step, cioè quelli che avevano mostrato le differenze maggiori in termini di sopravvivenza, erano in numero esiguo. Inoltre, prima della randomizzazione la maggior parte dei pazienti era in terapia con risperidone e aloperidolo e per questo motivo i risultati non possono essere generalizzati per tutta la classe degli antipsicotici.

Conflitto di interesse

Il primo autore ha ricevuto onorari e finanziamenti da diverse ditte farmaceutiche.

Dottoressa Laura Franceschini

Riferimento bibliografico

Ballard C et al. The dementia antipsychotic withdrawal trial (DART-AD): long-term follow-up of a randomised placebo-controlled trial. Lancet Neurology 2009; DOI:10.1016/S1474-4422(08)70295-3.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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