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Leucoencefalopatia multifocale progressiva e trattamento con rituximab |
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Inserito il 20 dicembre 2009 da admin. - scienze_varie - segnala a:
La somministrazione di rituximab potrebbe aumentare il rischio di insorgenza di leucoencefalopatia multifocale progressivaL, sebbene il rischio assoluto sia probabilmente basso
La leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) è una patologia demielinizzante rara del sistema nervoso centrale che si manifesta con la riattivazione del poliomavirus latente JC (JCV). In genere, la PML si manifesta nei soggetti immunocompromessi, in particolare in quelli HIV-positivi. Il rischio di PML nei soggetti con tumori ematologici è stata stimata intorno allo 0,07%, con un incidenza più alta (0,5%) nei soggetti con leucemia linfocitica cronica.
Nel 2006 e nel 2007, FDA, EMEA, WHO e azienda produttrice di rituximab hanno diffuso delle comunicazioni sulla sicurezza del farmaco, in seguito al rilevamento di due casi di PML in pazienti affetti da lupus eritemato sistemico, trattati con rituximab e altri immunosoppressori. Nel settembre 2008, l’FDA e l’azienda produttrice di rituximab hanno pubblicato delle “Dear Healthcare Professional letter” che riportavano un terzo caso fatale di PML in un paziente affetto da artrite reumatoide sviluppata 18 mesi dopo l’inizio della terapia con rituximab, corticosteroidi e metotressato.
Questo studio descrive 57 casi di pazienti HIV-negativi che hanno sviluppato PML in seguito al trattamento con rituximab nell’ambito del progetto RADAR. Il progetto RADAR è costituito da un team multidisciplinare sostenuto dall’NIH, guidato da ematologi e oncologi ed è focalizzato sull’identificazione, la valutazione e la divulgazione di informazioni che descrivono eventi avversi rari e potenzialmente fatali. I casi sono stati individuati in pazienti trattati con rituximab dai clinici di 12 centri oncologici o ospedali universitari di Stati Uniti, Italia e Australia (22 casi), attraverso una revisione dei casi segnalati all’FDA (11 casi), utilizzando il database dell’azienda produttrice (30 casi) e tramite pubblicazioni (18 casi). Il periodo di ricerca era compreso tra la prima data di approvazione di rituximab da parte dell’FDA (1997) al 31 dicembre 2008. Eventuali casi duplicati sono stati identificati in base all’età, al sesso e alla patologia. I criteri di inclusione comprendevano: terapia con rituximab precedente alla diagnosi di PML o ai suoi sintomi; conferma della diagnosi di PML sulla base dell’esame istologico del tessuto cerebrale o tramite risonanza magnetica che mostrasse lesioni compatibili con un processo di demielinizzazione; rilevazione di DNA del JCV nel liquido cerebrospinale (CSF) con tecnica PCR; nessuna evidenza di infezione da HIV.
L’età mediana dei 57 pazienti descritti era di 61 anni (range 30-89 anni). La diagnosi primaria comprendeva: disordine linfoproliferativo delle cellule B (52 pazienti), lupus eritematoso sistemico (2 pazienti), artrite reumatoide (1 paziente), pancitopenia autoimmune (1 paziente) e porpora trombocitopenica immune (1 paziente). Due pazienti con patologia linfoproliferativa delle cellule B avevano sviluppato anemia emolitica autoimmune. Sette pazienti affetti da malattia linfoproliferativa erano stati sottoposti a trapianto ematopoietico di cellule staminali (tre allogenico e quattro autotrapianto). Tra questi sette pazienti, uno aveva ricevuto la terapia con un analogo purinico e tutti erano stati trattati sia con farmaci alchilanti che con corticosteroidi. Un paziente aveva sviluppato una malattia linfoproliferativa dopo il trapianto renale.
I 49 pazienti con PML, non sottoposti a trapianto in precedenza, erano stati trattati con analoghi purinici (46%), agenti alchilanti (81%) e corticosteroidi (75%). Un paziente affetto da linfoma non-Hodgkin (NHL) con anemia emolitica autoimmune aveva assunto in precedenza soltanto corticosteroidi e rituximab, un paziente con pancitopenia idiopatica autoimmune era stato trattato con corticosteroidi, azatioprina, e rituximab e un paziente affetto da porpora trombocitopenica immune aveva ricevuto corticosteroidi, danazolo, immunoglobuline per via endovenosa, azatioprina e romiplostim*. Le terapie effettuate in precedenza per i due pazienti con lupus eritematosus sistemico comprendevano corticosteroidi e farmaci antineoplastici mentre per il paziente con artrite reumatoide la terapia comprendeva corticosteroidi, metotressato, un chemioterapico contenente platino e un inibitore del TNF-a.
La diagnosi di PML era preceduta da una mediana di sei dosi di rituximab (range 1-28 dosi). Il periodo di tempo mediano dalla prima somministrazione di rituximab alla diagnosi di PML era 16 mesi (range 1-90 mesi) mentre dall’ultima somministrazione di rituximab alla diagnosi di PML era di 5,5 mesi (range 0,3-66 mesi).
I sintomi iniziali della PML comprendevano confusione/disorientamento (54% dei pazienti), emiparesi/debolezza motoria (33%), perdita di coordinazione motoria (25%), disturbi del linguaggio (21%) o della visione (18%). La diagnosi è stata confermata tramite risonanza magnetica e rilevamento del JCV nel CSF (54%) e dalla biopsia o autopsia nei rimanenti casi. Studi quantitativi su cellule T, disponibili per 14 pazienti, hanno identificato linfopenia CD4 (conta linfocitica CD4+ minore di 500 cellule/µL) (9 pazienti) o rapporti ridotti di CD4/CD8 (9 pazienti). Il periodo mediano fra l’ultima dose di rituximab e la diagnosi di PML era minore nei pazienti che avevano una conta linfocitica CD4+ <500 cellule/µL rispetto a quelli con valori superiori (3 vs 17 mesi). Un paziente trattato con rituximab che non aveva ricevuto in precedenza un trapianto ematopoietico di cellule staminali, analoghi purinici o farmaci alchilanti aveva una conta cellulare CD4+ e un rapporto CD4/CD8 normale. Campioni di midollo osseo fissati in paraffina ottenuti da tre pazienti precedentemente trattati con rituximab presentavano JCV rilevabile tramite PCR.
L’incidenza dei casi fatali è stata del 90%; 100% fra i casi di PML diagnosticati entro tre mesi dall’ultima dose di rituximab contro l’84% dei casi di PML diagnosticati più di tre mesi dopo l’ultima dose di rituximab. I trattamenti per la PML comprendevano citarabina, terapie antivirali o immunologiche. Dei cinque pazienti non deceduti, due non ricevevano nessuna terapia, uno assumeva citarabina, un altro mirtazapina e l’ultimo era trattato con cidofovir, infusioni di linfociti, citarabina e risperidone. Questi pazienti presentavano postumi quali deficit neuronale con afasia motoria, emiparesi e disturbi visivi.
Questo studio rappresenta il primo ‘case series’ di PML sviluppata in pazienti HIV-negativi trattati con rituximab.
Non è possibile stimare con precisione l’incidenza di questa reazione avversa in soggetti affetti da linfoma per la sottosegnalazione dei casi di PML in pazienti trattati con rituximab e la mancanza di informazioni sul numero effettivo dei pazienti con linfoma trattati con questo farmaco.
La somministrazione di rituximab potrebbe aumentare il rischio di insorgenza di PML, sebbene il rischio assoluto sia probabilmente basso. Dato che l’uso di rituximab si estende a diversi contesti clinici, i medici e i pazienti dovrebbero essere consapevoli della possibilità di insorgenza di PML nella terapia con rituximab. Tale consapevolezza e la segnalazione di casi di PML associati al trattamento con rituximab sono essenziali per migliorare le conoscenze dei fattori di rischio, il decorso naturale e strategie terapeutiche alternative.
La diagnosi precoce di PML permetterà lo studio di terapie di ripristino del sistema immunitario che potrebbero essere utili nel miglioramento della sopravvivenza. Infine, la diagnosi precoce, effettuata prima che insorga un danno neurologico irreversibile, sarebbe fondamentale per la valutazione dell’efficacia di nuovi trattamenti antivirali.
*Farmaco non in commercio in Italia
Conflitto di interesse
Lo studio è stato in parte finanziato da un fondo del National Cancer Institute. Due degli autori dichiarano di lavorare per l’ufficio pubbliche relazioni di Genentech (azienda produttrice di rituximab).
Dottoressa Sabrina Montagnani e Dottor Marco Tuccori
Riferimento bibliografico
Carson KR et al. Progressive multifocal leukoencephalopathy following rituximab therapy in HIV negative patients: a report of 57 cases from the research on adverse drug event and reports (RADAR) project. Blood 2009; doi:10.1182/blood-2008-10-186999.
Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/
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