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Mepolizumab per l’asma prednisone-dipendente con eosinofilia nell'escreato
Inserito il 03 gennaio 2010 da admin. - pneumologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Il mepolizumab per via endovenosa ha ridotto il numero di eosinofili nel sangue e nell’escreato ed è stato associato ad un effetto prednisone-sparing in pazienti asmatici con eosinofilia nell’escreato nonostante l’uso di prednisone orale ed alte dosi di corticoteroidi per via inalatoria.


L’infiammazione eosinofila è caratteristica di alcune forme di asma e può essere una conseguenza dell’azione dell’interleuchina-5. Lo scopo di questo studio, pubblicato contestualmente all’articolo sopra riportato, è stato quello di valutare il ruolo degli eosinofili nella patologia dell’asma in un sottogruppo di pazienti con eosinofilia persistente nell’escreato nonostante il trattamento orale con prednisone.
A tal fine è stato studiato l’effetto sparing del mepolizumab sul prednisone valutando le esacerbazioni cliniche, il numero di eosinofili nell’escreato e nel sangue, i sintomi e la FEV1, quali outcome variabili durante la riduzione programmata delle dosi di prednisone.

Tra il gennaio 2005 e il luglio 2007 sono stati arruolati 20 pazienti con asma che necessitavano per il controllo dei sintomi di una terapia con prednisone orale e che, nonostante questo trattamento, presentavano ancora una eosinofilia persistente nell’escreato. Il reclutamento è stato effettuato dai medici del Firestone Institute for Respiratory Health (Hamilton, Ontario, Canada). Lo studio, randomizzato, in doppio cieco, a gruppi paralleli, controllato vs placebo, ha avuto una durata >26 settimane. Alla seconda settimana i pazienti, stratificati in 2 gruppi di 10 in base alla dose di prednisone assunta (<10 mg o >=10 mg), sono stati randomizzati a mepolizumab (750 mg; n=9) o a placebo (n=9), per via endovenosa, mediante un’infusione di durata >30 minuti, alle settimane 2, 6, 10, 14 e 18.
Al basale i due gruppi si differenziavano significativamente per il numero di eosinofili nell’escreato: 18,8% nel gruppo mepolizumab rispetto a 4,3% del gruppo placebo (p=0,03). Lo studio è stato organizzato in 3 fasi: 1) valutazione dell’effetto di una singola infusione di mepolizumab alla settimana 4; 2) valutazione della riduzione della dose di prednisone dopo due infusioni del farmaco; 3) valutazione dell’effetto del farmaco nelle 8 settimane successive alla fine del trattamento. In assenza di una documentata esacerbazione la dose di prednisone, è stata ridotta di 5 mg alle settimane 6, 10, 14, 18 e 22. Nei pazienti che al basale erano in trattamento con prednisone >=10 mg/die la dose è stata ridotta a 2,5 mg/die e non azzerata per evitare gli effetti dovuti alla sospensione totale del farmaco.

Gli outcome primari sono stati la percentuale di pazienti con esacerbazione in ogni gruppo di trattamento e la riduzione media della dose di prednisone espressa come percentuale della massima riduzione possibile. Gli outcome secondari erano: nella fase 1, la riduzione del numero di eosinofili nell’escreato e nel sangue; nella fase 2, il tempo entro cui si verificava una esacerbazione, la riduzione nel numero di eosinofili nell’escreato e nel sangue, le variazioni di FEV1 e del punteggio della Likert scale (scala che valuta la gravità della sintomatologia); nella fase 3, la riduzione nel numero di eosinofili nell’escreato e nel sangue, le variazioni di FEV1 e del punteggio della Likert scale.
Gli autori hanno definito le esacerbazioni come un incremento nella dose giornaliera di salbutamolo di almeno 4 spruzzi per controllare i sintomi di tensione toracica o come una delle seguenti alternative: sintomi respiratori notturni o al risveglio in due giorni consecutivi; riduzione dal basale di almeno il 15% del FEV1 in seguito all’uso di salbutamolo; peggioramento di due punti sulla Likert scale. Nel caso di esacerbazioni, i pazienti sono stati trattati con prednisone 30 mg per 7 giorni, periodo durante il quale sono stati sospesi dal protocollo; se le esacerbazioni erano accompagnate da infiammazione neutrofila delle vie aeree i pazienti sono stati trattati con amoxicillina+acido clavulanico 500 mg 2 volte/die per 10 giorni e non sono stati sospesi dal protocollo.

Si sono verificate 12 esacerbazioni dell’ asma in 10 pazienti del gruppo placebo, 9 dei quali presentavano eosinofili nell’escreato. In confronto, solo un paziente del gruppo mepolizumab ha avuto un’esacerbazione e questa non era associata alla presenza di eosinofili nell’escreato (p=0,002). I tempi medi di esacerbazione sono stati di 20 e 12 settimane, rispettivamente per mepolizumab e placebo (p=0,003). La dose di prednisone è stata ridotta di un valore medio pari a 83,8 ± 33,4% della massima dose possibile nel gruppo mepolizumab vs 47,7 ± 40,5% in quello placebo (p=0,04). In termini assoluti la dose media di prednisone è stata ridotta da 11,9 a 3,9 mg nel gruppo mepolizumab e da 10,7 a 6,4 mg in quello placebo (p=0,11).
L’uso del mepolizumab è stato associato ad una riduzione significativa nel numero di eosinofili nell’escreato (p=0,005) e nel sangue (p=0,004). I miglioramenti nel numero di eosinofili, nel controllo dell’asma e nel FEV1 si sono mantenuti per 8 settimane in seguito all’ultima infusione (p=0,01). Non si sono verificati eventi avversi gravi.

I risultati dimostrano che il trattamento con mepolizumab consente una riduzione delle dosi di prednisone senza lo sviluppo di esacerbazioni dell’asma.
Tra i diversi limiti riportati dagli autori: le differenti condizioni al basale impediscono di escludere che i pazienti responsivi a mepolizumab siano quelli che presentavano il più alto numero di eosinofili nell’escreato, nonostante la terapia cortisonica; non è stata rilevata una significativa differenza nell’outcome di significato clinico (dosi finali di prednisone) tra i due gruppi; poiché i pazienti di questo studio rappresentano solo una piccola parte dei pazienti asmatici, questi risultati non possono essere estesi ad una più ampia popolazione; le dimensioni dello studio non consentono di estrapolare raccomandazioni cliniche.


Il mepolizumab per via endovenosa ha ridotto il numero di eosinofili nel sangue e nell’escreato ed è stato associato ad un effetto prednisone-sparing in pazienti asmatici con eosinofilia nell’escreato nonostante l’uso di prednisone orale ed alte dosi di corticoteroidi per via inalatoria.
Questo piccolo studio pilota potrebbe essere potenzialmente rilevante in clinica e sottolinea l’importanza del selezionare pazienti con eosinofilia delle vie aeree per lo studio di farmaci anti-eosinofili nell’asma.


Conflitto di interesse

Lo studio è stato finanziato dalla Glaxo-SmithKline; gli autori riportano di aver ricevuto finanziamenti da diverse ditte farmaceutiche.

Riferimento bibliografico

Nair P et al. Mepolizumab for prednisone-dependent asthma with sputum eosinophilia. N Engl J Med 2009; 360: 985-93.

Commento

L’editoriale di accompagnamento sottolinea come gli eosinofili, nel corso degli anni, siano stati identificati come una delle tipologie cellulari principalmente coinvolte nell’asma, il cui ruolo, come “cellule effettrici” o “cellule spettatrici”, non era ancora stato confermato fino alla pubblicazione di questi due lavori. Questi due studi si basano su tre concetti principali: 1) l’inibizione dell’interleuchina 5 determina una riduzione dell’infiammazione eosinofila, 2) non tutte le tipologie di asma sono associate ad eosinofilia e 3) la riduzione degli eosinofili è associata ad una ridotta frequenza delle esacerbazioni.
I pazienti arruolati in questi studi presentano asma associato ad un’elevata eosinofila, un fenotipo che, essendo presente in una piccola percentuale dei pazienti asmatici, secondo l’editorialista, risulta forse più rappresentativo di una sindrome “ipereosinofila”, responsiva alla terapia anti-interleuchina-5, piuttosto che dell’asma vero e proprio.

Nonostante i molti outcome misurati in questi studi, l’unico migliorato costantemente è stato la frequenza delle esacerbazioni; la riduzione selettiva degli eosinofili non ha infatti avuto effetto sugli outcome dell’asma quali il FEV1, i sintomi e il controllo della patologia. Inoltre, sebbene la terapia con mepolizumab migliori la qualità di vita del paziente, il miglioramento non è risultato clinicamente significativo. Infine l’editorialista propone di analizzare questi studi prendendo in considerazione gli outcome negativi della terapia con anti-interleuchina 5 in pazienti con una forma di asma più moderata e più tipica; in questi pazienti, infatti, i livelli di infiammazione eosinofila non hanno alcun effetto sugli outcome clinici.

In conclusione l’editorialista sostiene che questi due studi confermano chiaramente che, in un sottogruppo di pazienti con asma eosinofila, gli eosinofili giocano un ruolo chiave nelle esacerbazioni e che in questa tipologia di pazienti la terapia con mepolizumab apporta benefici clinici. È da tenere però in considerazione che la maggior parte dei pazienti con asma non presenta eosinofilia e che il mepolizumab non ha effetti su altri fattori clinici e fisiologici al di fuori della riduzione della frequenza delle esacerbazioni. Questi dati aprono le porte all’analisi di altre tipologie cellulari e di altri mediatori coinvolti nell’asma.

Dottoressa Elisa Benetti

Riferimento bibliografico

Wenzel S.E. Eosinophils in asthma-closing the loop or opening the door? N Engl J Med 2009; 360: 1026-27.


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