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Effetti della rosuvastatina sulla PCR e sul colesterolo si riflettono sugli eventi
Inserito il 20 gennaio 2010 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Il conseguimento di concentrazioni di colesterolo LDL <1,8 mmol/L e di hsCRP <2 mg/L si associa ad un miglioramento della sopravvivenza libera da eventi rispetto al mancato raggiungimento dei 2 target o della riduzione del solo colesterolo LDL.

I risultati migliori della terapia con statine vengono conseguiti in presenza di infiammazione e diversi studi hanno evidenziato come le statine riducano un biomarker infiammatorio come la proteina C reattiva ad elevata sensibilità (hsCRP), indipendentemente dal colesterolo LDL.
In due precedenti studi come il Pravastatin or Atorvastatin Evaluation and Infection Therapy (PROVE IT–TIMI 22, N Engl J Med 2005;352: 20-8) e l’Aggrastat-to-Zocor (A to Z, Circulation 2006;114: 281-8) condotti su pazienti con ischemia coronarica acuta in trattamento con statine, l’outcome clinico migliore era stato ottenuto nei pazienti che non solo avevano raggiunto valori di LDL <1,8 mmol/L (<70 mg/dL) ma anche di hsCRP <2 mg/L. Questi risultati si contestualizzano nella definizione fisiopatologica di aterotrombosi che considera sia una componente iperlipidemica che flogistica e nell’attribuzione alle statine di proprietà antinfiammatorie oltre che ipolipemizzanti.
Rimane tuttavia controverso il beneficio clinico derivante dalla riduzione di questi parametri in pazienti che iniziano una terapia con statine.

Per testare questa ipotesi è stata condotta un’analisi prospettica relativa a 15.548 soggetti inizialmente sani, arruolati nello studio JUPITER (87% della coorte) per valutare gli effetti di rosuvastatina 20 mg versus placebo sul tasso di infarto miocardico non fatale, stroke non fatale, ricovero per angina instabile, rivascolarizzazione arteriosa o decesso per cause cardiovascolari (end point predefiniti) durante un periodo di follow-up della durata massima di 5 anni (media 1,9 anni).

I pazienti arruolati, di entrambi i sessi, avevano concentrazioni di colesterolo LDL <3,37 mmol/L (<130 mg/dl) con aumentato rischio per valori di hsCRP =2 mg/L. Le concentrazioni di hsCRP e colesterolo LDL sono state dosate al basale e successivamente ogni anno.
Al basale, i valori di colesterolo LDL e di hsCRP erano più bassi nei soggetti randomizzati a rosuvastatina che hanno raggiunto valori <1,8 mmol/L e <2 mg/L, rispettivamente. I partecipanti che hanno raggiunto i valori più bassi di colesterolo LDL e di hsCRP in trattamento con rosuvastatina erano più spesso donne o fumatori, avevano un BMI più basso e familiarità per le malattie coronariche. L’analisi è stata aggiustata per tutti questi potenziali fattori di confondimento, insieme alla concentrazione basale di colesterolo HDL ed alla pressione arteriosa.

Nel gruppo placebo, 106 (1%) soggetti hanno raggiunto i target di colesterolo LDL <1,8 mmol/L e hsCRP <2 mg/L. La rosuvastatina ha ridotto il colesterolo LDL in media del 50% (p<0,0001) e la hsCRP del 37% rispetto a placebo (p<0,0001), anche se non è stata riscontrata una forte correlazione tra i livelli raggiunti di colesterolo LDL e quelli di hsCRP (r=0,10), quindi meno del 2% della varianza nei valori di hsCRP può essere spiegata dalla varianza nei valori raggiunti di colesterolo LDL.

Il trattamento con rosuvastatina ha determinato una riduzione del 44% nell’end point primario (HR 0,56; CI 95% 0,46-0,69; p<0,0001). Non è stata rilevata nessuna interazione significativa tra l’efficacia totale della rosuvastatina e concentrazioni al basale di hsCRP <5 mg/L (HR 0,49; IC 95% 0,37-0,65) o =5 mg/L (0,66; 0,49-0,89; p per l’interazione=0,15) o di colesterolo LDL <2,6 mmol/L (0,66; 0,47-0,92) o =2,6mmol/L (0,52; 0,40-0,67; p per l’interazione=0,28).
Tuttavia, l’entità della riduzione del colesterolo LDL con rosuvastatina era direttamente correlata all’entità del beneficio clinico. Rispetto al placebo, i soggetti trattati con rosuvastatina che non hanno raggiunto valori di colesterolo LDL <1,8 mmol/L non hanno avuto una significativa riduzione degli eventi vascolari (HR 0,89; 0,63-1,25; p=0,49) mentre è stata osservata una riduzione del 55% in quelli che hanno raggiunto questo target (0,45; 0,34-0,60; p<0,0001).
Questi effetti sono stati modificati minimamente dopo aggiustamento per il colesterolo LDL al basale o per qualsiasi altro fattore di rischio all’ingresso nello studio.
Nonostante la piccola correlazione tra la riduzione di colesterolo LDL e di hsCRP, l’entità della riduzione di hsCRP era direttamente correlata all’entità del beneficio clinico. Rispetto al placebo, i partecipanti trattati con rosuvastatina che non hanno raggiunto valori di hsCRP <2 mg/L hanno avuto una riduzione del 31% negli eventi (HR 0,69; 0,53-0,91; p=0,007), mentre è stata osservata una riduzione del 62% nei soggetti che hanno raggiunto questo target (0,38; 0,26-0,56; p<0,0001).
Anche in questo caso, l’aggiustamento per i valori al basale non ha prodotto modifiche rilevanti.

Simili associazioni tra livelli di hsCRP on-treatment e percentuale di eventi sono state osservate nelle analisi stratificate per riduzione percentuale. Il rischio minore di eventi cardiovascolari è stato riscontrato nei soggetti trattati con rosuvastatina che hanno raggiunto basse concentrazioni sia di colesterolo LDL che di hsCRP. Limitando l’analisi ai partecipanti che hanno raggiunto livelli di colesterolo LDL <1,8 mmol/L, i soggetti con una riduzione dei valori di hsCRP <2 mg/L hanno avuto i migliori outcome clinici.
Nei soggetti che hanno raggiunto concentrazioni di colesterolo LDL <1,8 mmol/L e hsCRP <1 mg/L, è stata osservata una riduzione del 79% nell’hazard ratio per l’incidenza di eventi cardiovascolari (tasso di eventi 0,24 per 100 anni persona; HR 0,21; 0,09-0,52).
Considerando end point lipidici differenti (compreso il rapporto apolipoproteina B/ apolipoproteina AI), le concentrazioni di hsCRP raggiunte sono state ugualmente predittive degli eventi testati.

Secondo questo studio, il conseguimento di concentrazioni di colesterolo LDL <1,8 mmol/L e di hsCRP <2 mg/L si associa ad un miglioramento della sopravvivenza libera da eventi rispetto al mancato raggiungimento dei 2 target o della riduzione del solo colesterolo LDL, suggerendo la potenziale utilità clinica di questa strategia di trattamento che vuole sfruttare anche l’effetto antinfiammatorio delle statine.


Commento

Del resto, questa analisi conferma quanto rilevato dallo studio REVERSAL (N Engl J Med 2005; 352: 29-38) in cui la regressione della placca a seguito di una terapia con statine si osservava solo se erano stati ridotti sia il colesterolo LDL che la hsCRP.
Tuttavia, come sottolinea l’editoriale di accompagnamento, è necessario trasferire questi dati alla pratica clinica ed inquadrarli in una prospettiva di sanità pubblica, dove sussistono diversi elementi che possono aumentare i livelli di proteina C reattiva (sedentarietà, scarsa forma fisica, obesità addominale, fumo, insulino-resistenza, sindrome metabolica).
Lo studio presenta alcune limitazioni, come la non persistente randomizzazione delle analisi in relazione ai valori raggiunti di colesterolo LDL e hsCRP, che potrebbe non aver eliminato del tutto i fattori di confondimento. Inoltre, la sicurezza a lungo termine della rosuvastatina è poco documentata a causa di una durata di esposizione media di 1,9 anni. Infine, la restrizione del range di colesterolo LDL e di hsCRP, se ha ridotto i fattori di confondimento al basale, potrebbe limitare la generalizzazione dei risultati.

Comunque, nella prevenzione primaria di popolazioni con aumento di colesterolo LDL o di hsCRP, l’intervento iniziale rimane raccomandare restrizione dietetica, esercizio fisico e disassuefazione dal fumo.
Mentre gli autori sottolineano la validità di questi parametri (colesterolo LDL e hsCRP) come indicatori di successo terapeutico, l’editoriale evidenzia come un basso livello di benessere cardiorespiratorio sia un potente fattore predittivo di malattia cardiovascolare, indipendentemente dalla maggior parte dei fattori di rischio studiati.

Questo elemento deve essere preso in considerazione quando si pensa all’uso profilattico di una statina potente come la rosuvastatina in prevenzione primaria e prima di raccomandare un trattamento per tutta la vita a milioni di persone presumibilmente asintomatiche, bisogna ricordare che non si hanno dati di sicurezza a lungo termine per questo farmaco e che nonostante le forti evidenze di benefici clinici delle statine in termini di riduzione del rischio relativo, l’outcome clinicamente rilevante è la riduzione del rischio assoluto.


Sotto il profilo fisiopatologico, lo JUPITER fornisce dati sperimentali sull’importanza dell’infiammazione come mediatore dei benefici clinici della rosuvastatina, ma non è prudente trasferire nell’immediato questi risultati nella pratica clinica senza un’accurata valutazione delle loro implicazioni.


Conflitto di interesse

Lo studio JUPITER è stato sponsorizzato dalla ditta farmaceutica produttrice di rosuvastatina.

Dottoressa Maria Antonietta Catania

Riferimenti bibliografici

Ridker PM et al. Reduction in C-reactive protein and LDL cholesterol and cardiovascular event rates after initiation of rosuvastatin: a prospective study of the JUPITER trial. Lancet 2009; 373: 1175-82.
Després JP. Bringing JUPITER down to earth. Lancet 2009; 373: 1147-8.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


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