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Cetuximab e chemioterapia nel carcinoma polmonare non a piccole cellule |
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Inserito il 28 febbraio 2010 da admin. - oncologia - segnala a:
La sopravvivenza complessiva dei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule avanzato è stata significativamente maggiore nel gruppo chemioterapia + cetuximab rispetto la chemioterapia da sola.
Il trattamento con cetuximab (*), un anticorpo monoclonale diretto contro il recettore del fattore di crescita epidermico (EGFR), può potenzialmente aumentare la sopravvivenza di pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) in stadio avanzato. I risultati di uno studio randomizzato di fase II condotto in questi pazienti (n=86), hanno suggerito un aumento delle percentuali di risposta e un miglioramento della sopravvivenza associati alla terapia con cisplatino e vinorelbina + cetuximab rispetto agli stessi chemioterapici da soli (Rosell R et al. Ann Oncol 2008; 19: 362-9). Questo studio di fase III è stato disegnato con lo scopo di verificare un aumento del tempo di sopravvivenza complessivo con la combinazione chemioterapia + cetuximab in confronto alla sola chemioterapia come trattamento di prima linea in pazienti con NSCLC in stadio avanzato che esprime EGFR. Lo studio multicentrico (155 centri di cui 7 in Italia), in aperto, ha arruolato pazienti con espressione di EGFR, naive per la chemioterapia, affetti da NSCLC in stadio avanzato. I soggetti sono stati stratificati in base a vari fattori tra cui l’Eastern Cooperative Oncology Group (ECOG) performance status (0-1 vs 2) e allo stadio del tumore (IIIB con versamento pleurico maligno [wet IIIB] vs IV). Altri criteri di inclusione comprendevano: età >=18 anni, performance status ECOG 0-2, funzionalità adeguata degli organi (midollo osseo, rene, fegato, cuore) e la presenza di almeno una lesione tumorale misurabile bidimensionalmente. Tra i criteri di esclusione vi erano la presenza di metastasi cerebrali, precedenti trattamenti con farmaci anti-EGFR o anticorpi monoclonali, intervento chirurgico maggiore nelle 4 settimane o irradiazione toracica nelle 12 settimane precedenti l’inizio dello studio, infezione attiva, gravidanza e neuropatia periferica sintomatica.
I pazienti sono stati randomizzati (1:1) a ricevere chemioterapia in associazione a cetuximab o la sola chemioterapia. La chemioterapia consisteva in cisplatino 80 mg/m2 per via endovenosa il giorno 1 e vinorelbina 25 mg/m2 per via endovenosa i giorni 1 e 8 di ogni ciclo di 3 settimane fino a 6 cicli. La dose di vinorelbina è stata ridotta da 30 mg/m2 a 25 mg/m2 da un emendamento del protocollo in seguito all’osservazione di neutropenia precoce di grado III e IV in entrambi i gruppi. Cetuximab è stato somministrato per via endovenosa ad una dose iniziale di 400 mg/m2 per 2 ore il giorno 1 e, dal giorno 8 in poi, a una dose di 250 mg/m2 per 1 ora a settimana e anche dopo la fine della chemioterapia fino alla progressione della patologia o all’insorgenza di tossicità inaccettabile. La risposta tumorale è stata valutata tramite metodi di imaging (ad es. TAC) in accordo con i criteri WHO modificati, ad intervalli di 6 settimane dopo la randomizzazione fino alla progressione della patologia in entrambi i gruppi. Le visite di follow-up ogni 8 settimane sono state utilizzate per registrare qualsiasi ulteriore trattamento antitumorale e lo stato di sopravvivenza dopo la progressione della patologia.
L’end point primario era la sopravvivenza totale. Gli end point secondari comprendevano la sopravvivenza libera da progressione della malattia, la migliore risposta totale, la qualità di vita e la sicurezza.
Il tempo di sopravvivenza complessivo è stato calcolato in mesi dalla data di randomizzazione alla data di morte. La sopravvivenza libera da progressione è stata misurata dal tempo di randomizzazione fino alla prima data in cui veniva osservata progressione della patologia confermata radiologicamente o alla data di morte per qualsiasi causa (quando il decesso è avvenuto prima della verifica programmata della progressione della patologia). Il tempo al fallimento della terapia (analisi post-hoc) comprendeva i seguenti eventi: progressione della patologia (confermata radiologicamente o meno), abbandono dello studio a causa di tossicità, inizio di un altro trattamento antitumorale senza progressione documentata della patologia, ritiro del consenso informato e morte. La qualità di vita è stata valutata mediante i questionari EORTC QLQ-C30, EORTC QLQ-LC13 e EQ-5D.
Nel periodo ottobre 2004-gennaio 2006, 1125 pazienti sono stati randomizzati a ricevere la chemioterapia in associazione a cetuximab (n=557; età mediana 59 anni) o solo chemioterapia (n=568; età mediana 60 anni). Il numero mediano di cicli di chemioterapia somministrati ai pazienti è stato di 4 e la durata mediana della chemioterapia è stata di 14 settimane. La dose mediana di cisplatino è stata di 25 mg/m2 per settimana nel gruppo chemioterapia + cetuximab vs 24 mg/m2 per settimana nel gruppo con solo chemioterapia; e la dose mediana di vinorelbina era 17 mg/m2 per settimana in entrambi i gruppi. Cetuximab è stato somministrato per una durata mediana di 18 settimane a una dose mediana di 236 mg/m2 per settimana. Nel periodo di trattamento successivo alla fine dello studio, il numero di pazienti nel gruppo chemioterapia + cetuximab trattati con inibitori della tirosin chinasi diretti contro EGFR, è stato minore rispetto a quello del gruppo con solo chemioterapia (17% vs 27%). Il tempo mediano di follow-up è stato di 23.8 mesi in entrambi i gruppi.
Nella popolazione intention-to-treat, la sopravvivenza complessiva è stata significativamente maggiore nel gruppo chemioterapia + cetuximab rispetto la chemioterapia da sola (HR 0.871, 95% CI 0.762-0.996; p=0.044). La sopravvivenza mediana complessiva è stata di 11.3 mesi nel gruppo chemioterapia + cetuximab rispetto a 10.1 mesi con la sola chemioterapia. Il 47% e il 42% dei pazienti rispettivamente risultava in vita dopo 1 anno.
Nelle analisi per sottogruppi, cetuximab è stato associato ad un aumento significativo della sopravvivenza nei pazienti di razza bianca (HR 0.803; 95% CI 0.694–0.928; p=0.003), nel sesso femminile (HR 0.73; 95%CI 0.57-0.95), in quelli con stadio tumorale IV (HR 0.86; 95%CI 0.75-0.99) e nei soggetti con età <65 anni (HR 0.85; 95%CI 0.72-0.99). In quasi tutti gli altri sottogruppi è stato comunque osservato un aumento non significativo della sopravvivenza. La combinazione della chemioterapia con cetuximab è risultata migliore della sola chemioterapia in termini di percentuale di risposta (complessiva: 36% vs 29%, p=0.01; completa 2% vs 1%; parziale 35% vs 28%). Il tempo di sopravvivenza libero da progressione non è risultato significativamente diverso nei due gruppi (HR 0.943, 95% CI 0.825–1.077; p=0.39). Non sono state osservate differenze significative nella qualità di vita tra i due gruppi (dal 70% al basale a meno del 15% alla fine dello studio) ma questi risultati possono risentire del numero ridotto di questionari completati. I profili di sicurezza delle combinazioni di trattamento in studio sono risultati coerenti con lo spettro noto degli eventi avversi dei singoli farmaci utilizzati. Nei pazienti trattati con chemioterapia + cetuximab sono stati più frequenti rash cutanei simil-acne di grado III (10% vs <1%; p=0.0001), diarrea di grado III e IV (5% vs 2%; p=0.047) e reazioni associate all’infusione di grado III e IV (4% vs <1% p = 0.017). Tra i due gruppi non sono state rilevate differenze in termini di neutropenia e neutropenia febbrile di grado IV. Il tasso di eventi fatali associati al trattamento è stato simile tra i gruppi (3% vs 2%).
Commento
L’editoriale di accompagnamento allo studio, evidenzia che l’aumento della sopravvivenza (11.3 vs 10.1 mesi) osservato è degno di nota perché discorda dai risultati negativi ottenuti in studi che hanno valutato l’uso di inibitori della tirosin-chinasi dell’EGFR (erlotinib e gefinitib). La specificità unica, la farmacologia e il meccanismo d’azione di un anticorpo per tale recettore probabilmente spiegano questa efficacia. Cetuximab potrebbe potenzialmente colmare un vuoto terapeutico per i pazienti con NSCLC avanzato, specialmente perché lo studio FLEX ha arruolato pazienti con tutti i sottotipi di NSCLC, compreso il carcinoma a cellule squamose, esclusi dagli studi con bevacizumab a causa della tossicità.
Comunque, il beneficio osservato sulla sopravvivenza è stato di entità limitata. Inoltre, lo studio ha riportato che cetuximab non aveva effetti sulla sopravvivenza libera da progressione. Una selezione più rigorosa dei pazienti, in base a specifici marcatori in aggiunta all’espressione dell’EGFR, avrebbe forse prodotto un maggiore beneficio. Ad esempio il genotipo KRAS, un gene che codifica per una proteina compresa nelle vie di trasduzione del segnale associate all’EGFR, ha dimostrato di essere importante nell’efficacia di cetuximab in pazienti con carcinoma colorettale avanzato. Quale dovrebbe essere il ruolo di cetuximab nel trattamento del NSCLC? Uno studio positivo nella neoplasia polmonare rappresenta un avanzamento rilevante e il trattamento è degno di considerazione, specialmente nei pazienti con carcinoma a cellule squamose che non sono candidati a bevacizumab. Inoltre questi protocolli di trattamento possono essere potenzialmente spostati verso le fasi precoci del NSCLC, caratterizzate da migliori prospettive di cura, con radiazioni e intervento chirurgico. In ogni caso, lo studio FLEX ha sottolineato la necessità di nuovi marcatori in grado di predire la sensibilità del paziente al trattamento con cetuximab. Ulteriori studi finalizzati alla valutazione di biomarker saranno rilevanti per cercare di comprendere esattamente quali pazienti potranno trarre il maggior beneficio dalle terapie. Inoltre, lo sviluppo di nuovi agenti target-specifici richiederà questo approccio più personalizzato alla terapia antineoplastica.
Conflitto di interesse
Lo studio è stato finanziato dalla Merck KGaA, produttrice di cetuximab. Molti autori dichiarano di aver ricevuto compensi da questa e da altre aziende farmaceutiche per attività di consulenza. Due autori sono impiegati di Merck KGaA. Gli autori dell’editoriale dichiarano di aver avuto finanziamenti per la ricerca e compensi per attività di consulenza da diverse aziende farmaceutiche. Uno dei due autori ha ricevuto compensi anche da Merck e Merck-Serono.
(*) Cetuximab, classe H OSP1, è attualmente autorizzato per il trattamento del carcinoma metastatico del colon-retto con espressione del recettore per il fattore di crescita epidermico (EGFR) e con gene KRAS non mutato (wild-type) in combinazione con chemioterapia; in monoterapia nei pazienti nei quali sia fallita la terapia a base di oxaliplatino e irinotecan e che siano intolleranti a irinotecan. In combinazione con radioterapia è indicato per il trattamento di pazienti con carcinoma a cellule squamose di testa e collo localmente avanzato.
Dottoressa Sabrina Montagnani e Dottor Marco Tuccori
Riferimenti bibliografici
Pirker R et al. Cetuximab plus chemotherapy in patients with advanced non-small-cell lung cancer (FLEX): an open label randomised phase III trial. Lancet 2009; 373: 1525-31.
Herbst RS, Hirsch FR. Patient selection criteria and the FLEX Study. Lancet 2009; 373: 1497-8.
Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/
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